lunedì 8 aprile 2019

Per necessità di informazione, riportiamo stralci di questo articolo dal Corriere di Taranto che fa il punto sulle ultimi interventi Istituzionali sulla questione inquinamento Ilva/ArcelorMittal

Ma diciamo alcune cose:
1) Al di là delle posizioni, Regione/Ministero, per cui di fatto la situazione resta bloccata e grave, il "rientro delle emissioni nei limiti della norma" di cui parla il Ministero, non può essere assolutamente tranquillizzante, perchè rimanda al problema che le "norme" sono fatte dai governi che hanno come principale problema di difendere gli interessi dei padroni; quindi le norme vanno "violate" per difendere invece gli interessi degli operai e delle masse popolari;
2) anche da questa ricostruzione emerge che comunque il sindaco ha il potere di fare delle ordinanze. E qui Melucci, al di là di "forti dichiarazioni" che sembrano fatte soprattutto ad usum ambientalisti, non fa nulla ancora, quando ordinanze sulle collinette (invece che sulle scuole), sulle emissioni fuggitive di cokeria, ecc. può eccome emetterle - come da tempo noi diciamo - senza attendere ulteriori dati (per le collinette poi c'è l'ordinanza di sequestro della magitratura).
    
DAL CORRIERE DI TARANTO
"...la Asl entro domani (oggi) a mezzogiorno fornirà al primo cittadino la propria relazione... poi, spetterà a Melucci decidere...
...domani (oggi) il sindaco Melucci potrebbe emanare la famosa ordinanza di chiusura delle fonti inquinanti del ‘mostro d’acciaio’ (alias area a caldo)... (cosa che non è per niente certa, vista le dichiarazioni ultime di Melucci che ha messo le mani avanti e, ammesso e non concesso, sicuramente un'ordinanza la farebbe non certo subito, ma dopo aver letto, valutato... - ndr). 
L’ultimo intervento istituzionale è quello del Ministero dell’Ambiente che (sostiene che) il livello di emissioni complessivo in Italia è assolutamente nella norma e pertanto, secondo questa interpretazione, la Regione non può chiedere la revisione della famigerata AIA all’ex Ilva perchè il livello di emissioni di quest’ultima rientra in quel livello. Semmai, aggiunge il Ministero, è nelle possibilità delle Regioni (nel nostro caso la Puglia, ma così come ha già fatto la Sicilia) di intervenire adeguando il Piano Regionale di qualità dell’aria e quindi fissare gli obiettivi di qualità ambientale...

Giusto per riannodare i fili di quel che è accaduto negli ultimi giorni, proviamo a spiegare nuovamente i fatti. Nei giorni scorsi, come già scritto, il direttore generale della Direzione Rifiuti e
Inquinamento del ministero dell’Ambiente, il dott. Mariano Grillo, ha risposto ai rilievi della Regione Puglia, in particolar modo all’ing. Barbara Valenzano direttore del dipartimento Mobilità, Qualità Urbana, Opere Pubbliche ed Ecologia della Regione Puglia, che in una nota ‘accusava’ il ministero dell’Ambiente di non aver aggiornato il ‘Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico previsto dal Dlgs 81/2018‘. Secondo la dirigente regionale infatti, il ministero attraverso questo strumento può intervenire in merito ai limiti emissivi degli inquinanti, procedendo al riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) prevista per l’ex Ilva...
Il dott. Grillo nella nota da lui firmata, specificava alla Regione che “tale norma è finalizzata al rispetto di limiti di emissione totale riferiti al complesso di tutte le emissioni del territorio nazionale. Il Programma nazionale deve pertanto prevedere misure di ampio respiro, in grado di rispettare un limite inteso come somma complessiva di tutte le emissioni del Paese. Non può invece prevedere misure o linee di azioni riferite a situazioni locali di criticità della qualità dell’aria che, per quanto gravi, possono influire in modo limitatissimo sulle emissioni totali nazionali e che devono essere affrontate, in primo luogo, con gli strumenti di pianificazione e risanamento previsti dal Dlgs 155/2010“. Cosa che ribadiamo da anni: se si vuol fare una battaglia politica sui dati, è sul decreto 155 del 2010 che bisogna agire. 
In una seconda nota, il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Giuseppe Lo Presti metteva nero su bianco che “Tutte le circostanze citate dalla Regione Puglia nella sua nota “non sono tali da condurre al riesame diretto di una singola AIA, ma dovrebbero passare al vaglio del procedimento necessario ad eventualmente portare ad adeguare il Piano Regionale di qualità dell’aria, che solo può fissare “gli obiettivi di qualità ambientale” in capo agli ”strumenti di pianificazione e programmazione di settore”.
Secondo Lo Presti infatti “occorre un adeguamento del Piano regionale che fissi nuovi obiettivi. Per quanto risulta allo scrivente l’AIA di ArcelorMittal non è in contrasto con gli obiettivi fissati da codesta Regione con il Piano vigente. Detto procedimento, peraltro, risulta essere ben noto a codesta Regione in quanto si rammenta che il “Piano contenente le prime misure di intervento per il risanamento della Qualità dell’Aria nel quartiere Tamburi (TA)” per gli inquinanti Benzo(a)Pirene e PM10, redatto ai sensi del decreto legislativo n. 155/2010 e adottato nel 2012 da codesta amministrazione regionale, è stato uno dei presupposti fondamentali del riesame dell’autorizzazione integrata ambientale disposto nel 2012“. 
In conclusione il ministero dell’Ambiente rinnovava l’invito,valutati i necessari presupposti di legge, a procedere, con l’urgenza che il caso richiede, all’eventuale aggiornamento del proprio strumento di pianificazione della qualità dell’aria, in linea con l’esperienza della Regione siciliana la quale, senza necessità di attendere l’emanazione del Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, del tutto irrilevante per la fattispecie, ha proceduto a imporre stringenti limiti per le AIA relative agli impianti di raffinazione dell’isola“.
E’ nella corretta sede della modifica del Piano Regionale di qualità dell’aria, infatti, prima che nelle singole autorizzazioni, “che potrà trovare collocazione, qualora codesta Regione ne ritenga sussistere i presupposti, l’applicazione dell’art. 271, comma 4, del decreto legislativo n.152/06, richiamata a sproposito da codesta Regione e che testualmente recita: “4. I piani e i programmi di qualità dell’aria previsti (dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n.155) possono stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti negli Allegati I, II e III e V alla parte quinta del presente decreto, anche inerenti le condizioni di costruzione o di esercizio, purché sia necessario al perseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell’aria“...
Gli strumenti propriamente volti a garantire adeguati livelli di tutela dell’ambiente e della salute a scala locale, sono quindi innanzitutto i Piani di qualità dell’aria previsti dalla legge 155/2010, di derivazione comunitaria. Tali Piani, di stretta competenza regionale, sono “strumenti che permettono un vero e proprio governo del problema partendo da una analisi delle criticità, passando per un censimento delle sorgenti e definendo appropriate misure volte a risolvere le medesime criticità intervenendo coerentemente su tutte le fonti, effettuato un doveroso contraddittorio con tutti i soggetti interessati“. L’art. 217 del decreto legislativo 152/2006 prevede infatti che “i piani e i programmi di qualità dell’aria regionali possano stabilire appositi valori limite di emissione e prescrizioni più restrittivi di quelli contenuti nel medesimo decreto legislativo”. 
Inoltre, la Regione Puglia non può chiedere il riesame dell’Aia nemmeno sulla base della Valutazione del Danno Sanitario, perché per l’Ilva non si applica la legge regionale 21 del 24 luglio 2012 (che ha istituito la VDS), ma il Decreto Interministeriale Bladuzzi-Clini del 24 aprile 2013 che non prevede il riesame dell’Aia per criticità sanitarie anche se acclarate, essendo possibile il riesame soltanto in caso di superamento dei valori soglia degli indicatori di qualità dell’aria urbana...
Per quanto attiene poi il caso specifico dell’Ilva di Taranto, è già stato chiarito anni fa che il documento Viias non sarebbe applicabile, vista la vigenza del decreto interministeriale Ambiente-Salute del 24 aprile 2013, contenente disposizioni volte a stabilire i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (Vds) negli impianti strategici come l’Ilva.
Cosa può fare il Sindaco?
Chi può effettivamente chiedere un riesame dell’AIA è il primo cittadino. La normativa attualmente in vigore infatti consente al sindaco, come massima autorità sanitaria del comune, di intervenire nelle conferenze dei servizi decisorie dell’Aia e di chiedere, dopo che sia stata accertata la criticità sanitaria causata dalle emissioni, prescrizioni più rigorose rispetto a quelle previste dalla commissione istruttoria ministeriale...
Infatti, nell’ambito di specifica Conferenza di servizi, vengono acquisite per legge, tra le altre, “le determinazioni delle amministrazioni competenti in materia sanitaria“, che in quella sede hanno il più ampio mandato nel rappresentare esigenze puntuali e di dettare specifiche condizioni aggiuntive per la tutela della salute. In particolar modo la norma “richiama e fa salvi i poteri del sindaco in materia di industrie insalubri, che vengono esercitati con apposite prescrizioni in sede di conferenza di servizi, ovvero con la possibilità di chiedere un riesame volto a stabilire condizioni di esercizio più severe per acclarati motivi sanitari“.
Giusto per la precisione, è quindi utile ricordare che “l’Articolo 50 Testo unico degli enti locali (TUEL) (D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) Competenze del sindaco e del presidente della provincia” al comma 5 prevede In particolare, “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti“...

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