Oggi concludiamo questa Formazione Operaia on line su questo importante testo di Marx.
Invitiamo in particolare i lavoratori a leggerlo direttamente. Esso è essenziale per capire scientificamente la necessità di porre al centro oggi la lotta per gli aumenti del salario, così impoverito, ma non solo. Come scriveva Marx in "Passato, presente e futuro dei sindacati", la lotta di rivendicazione è una guerra di guerriglia... in cui non si lotta soltanto per una concreta questione economica... ma anche li si prepara per i momenti decisivi, futuri...".
Sintetizzando.
I due punti capitali che Marx contesta in questo testo “Salario prezzo e profitto” sono:
“1. che il salario determina il valore delle merci
2. che, se i capitalisti pagano oggi 5 scellini invece di 4, essi domani (portato a ciò dell’aumento della domanda) venderanno le loro merci a 5 scellini invece che a 4”
La prima parte di questa confutazione è – come scrive Marx - “la risposta alle sciocchezze di Weston”, la seconda parte è “una spiegazione teorica, per quel tanto che vi si prestava l’occasione”.
La prima parte l’abbiamo affrontata nelle puntate della Formazione Operaia uscite prima della sospensione di agosto. In questa ripresa, non ci dilungheremo sulla seconda parte, e sottolineiamo oggi solo dei passaggi, per due motivi sostanzialmente:
- primo, perché è bene che gli operai, tutti i lettori della FO vadano su questo direttamente alla fonte, a Marx (i cui testi, al di là di una sorta di “pregiudizio” che c’è tra i lavoratori, sono più chiari, e in un certo senso “semplici”, di ogni loro interpretazione; perché Marx parla agli operai che vogliono pensare);
- secondo, perché vengono espressi – come scrive lo stesso Marx nella lettera a Engels del 24 giugno 1865 - “in forma straordinariamente succinta, ma relativamente popolare, con parecchio di nuovo, in anticipazione tolto dal mio libro” (Il Capitale).
Consigliamo, quindi, di andare a riprendere la FO che abbiamo fatto in passato su Il Capitale – poi raccolta nel Quaderno del 5 maggio 2018. Disponibile e che si può richiedere a pcro.red@gmail.com
Marx tratta e spiega in questa parte che:
1. L’operaio non vende al capitalista il “lavoro” ma la sua forza-lavoro; quindi il capitalista non paga all’operaio il lavoro che fa, ma solo la quantità di lavoro necessaria a produrre, e riprodurre, quella forza-lavoro. Questo spiega il “mistero”, per cui tu operaio puoi produrre anche merci preziose in grandissima quantità in un giorno, una settimana, un mese di lavoro, merci che poi vendute fanno
arricchire il capitalista, ma per te operaio non cambia, tu riceve sempre e solo il prezzo della tua forza-lavoro, non del tuo lavoro.
2. Il valore della forza-lavoro è cosa differente dall’uso della FL. Il capitalista paga all’operaio il prezzo della merce FL, ma ha il diritto di usarla per tutto il tempo possibile (unico limite è “nelle energie vitali e nella forza fisica dell’operaio"). Questo tempo di lavoro è in più rispetto a quello necessario per la conservazione e riproduzione della FL; e tutte le merci che l’operaio produce non sono dell’operaio ma del capitalista.
3. Pertanto, è falsa l’idea presente (anche oggi) tra gli operai, che pensano di ricevere il pagamento di tutta la giornata, o mese lavorativo, quindi del loro lavoro, quando in realtà gli viene pagata solo una parte della sua giornata lavorativa il resto è lavoro gratis per il capitalista da cui “sorge il pluvalore o il profitto” del capitalista.
4. Il valore della merce prodotta dall’operaio comprende il valore di tutta la “giornata lavorativa” (più prezzo materia prima, macchine utilizzate), ma il padrone di tutta la giornata lavorativa ne ha pagato all’operaio solo una metà, un terzo, il resto quindi se lo intasca; senza “trucco né inganno”, perché all’operaio ha pagato regolarmente la sua forza-lavoro e la merce l’ha venduta al suo valore, cioè per la quantità complessiva di lavoro che essa contiene. Quindi, il capitalista fa profitti non perché alzi, arbitrariamente, il prezzo del valore di una merce, ma perché già in quella merce, venduta al suo valore, è contenuto lavoro non pagato.
5. Quindi, l’unica fonte da cui il capitalista trae profitto è dal tempo/valore di lavoro non pagato, aggiunto gratis dall’operaio; per cui il rapporto non è tra salari e prezzi delle merci, per cui se alzano gli uni si alzano automaticamente gli altri, ma tra salari e profitti, e qui sì: “se i salari diminuiscono, aumenteranno i profitti; se i salari aumentano, i profitti diminuiranno”. Ma – come scrive Marx – queste variazioni tra salario e profitto non hanno alcuna conseguenza sul valore della merce. Ciò che fa variare il prezzo delle merci è la quantità complessiva di lavoro in esse incorporato. Se il capitalista aumenta la produttività, e quindi in un’ora si producono per es. il doppio delle merci, nella singola merce vi sarà meno lavoro e quindi il prezzo scende.
6. La richiesta di aumento del salario da parte degli operai è volta solo a ripristinare il pagamento del valore della Forza-lavoro, a fronte di cambiamenti precedenti, già fatti da parte del capitale:
variazione della produttività, variazione del valore del denaro, allungamento della giornata lavorativa, aumento dell’intensità del lavoro, ma anche quando vengono occupati al lavoro moglie e figli dell’operaio; per cui “l’aumento dei salari globali non corrisponde al sopralavoro estorto alla famiglia”; così come a fronte delle crisi - dove i salari diminuiscono, mentre in generale per i prezzi delle merci una diminuzione in un settore è compensato da un aumento in un altro, quindi nella media restano regolati dai loro valori.
Perchè invece per il lavoro, che è una merce come tutte le altre, non viene considerato legittimo l’oscillazione che avviene nei prezzi delle altre merci, per cui a diminuzione possa corrispondere la richiesta di aumento del salario “non fosse altro, almeno – come scrive Marx – che per compensare la diminuzione dei salari”?
Nel chiedere questo aumento, come scrive Marx “gli operai adempiono solamente un dovere verso sé stessi e verso la loro razza”.
7. Un aumento generale dei salari, quindi, “provocherebbe una caduta del saggio generale del profitto, senza esercitare alcuna influenza sui prezzi medi delle merci o sui loro valori”.
8. La lotta è tra il capitale che “cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo” e l’operaio che “esercita una pressione in senso opposto. La cosa si riduce alla questione dei rapporti di forza delle parti in lotta”.
E conclude Marx: “Se la classe operaia cedesse per viltà al suo conflitto quotidiano con il capitale, si priverebbe essa stessa della capacità di intraprendere un qualsiasi movimento più grande”.
Nello stesso tempo, essa deve curare la malattia che causa questa lotta quotidiana: il sistema attuale capitalista. Quindi, “invece della parola d’ordine conservatrice: “Un equo salario per un’equa giornata di lavoro”, gli operai devono scrivere nella loro bandiera il motto rivoluzionario: “Soppressione del sistema del lavoro salariato”.
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