Pubblichiamo un lungo intervento di un compagno di proletari comunisti di Ravenna preparato per il seminario politico-ideologico-teorico tenutosi a fine agosto.
E' un intervento molto utile perchè fornisce un riassunto/sintesi del lavoro di Formazione operaia sul testo di Marx "Le lotte di classe in Francia" che nei mesi scorsi si è fatto in varie città attraverso i gruppi di studio, e sintetizza i punti principali di questo studio che sono stati sottolineati nel dibattito nei vari GdS.
Le lezioni di Formazione operaia uscite on line sul testo di Marx e lo studio e il dibattito nei gruppi di studio sono stati raccolti in un Quaderno.
Si può richiedere a pcro.red@gmail.com
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"Il testo di Marx “Le lotte di classe in Francia” è di una straordinaria ricchezza, ideologica innanzi tutto, per la formazione dei militanti comunisti. E’ l’assunzione di un metodo di analisi dal punto di vista di classe del proletariato della scienza politica per dirigere la politica rivoluzionaria. E’ Partito, è strategia e tattica, è Fronte Unito, è Rivoluzione. Di questo ci parla questo testo che è in perfetta sintonia con i temi di questo seminario estivo.
I Gruppi di Studio su questo testo, con gli appuntamenti settimanali, i “Giovedì rossi” della FO pubblicati nel Blog, gli incontri nelle sedi con il prof. marxista Di
Marco, confermano proprio questo. La definizione più efficace ce l’ha offerta il GdS de L’Aquila: “dobbiamo dire grazie al Partito per averci costretti ad iniziare. E’ dura mettersi a studiare quando si è in pochi, stanchi e sempre di corsa, ma queste pagine ci hanno aperto una finestra di luce e di entusiasmo nella mente”.
Importante, ricco e stimolante è stato il dibattito dei Gruppi di Studio che ne è seguito, un dibattito che ha coinvolto compagni sia di più giovane che di lunga data, un lavoro che è parte del piano di formazione teorica del nostro Partito che mette la politica tra le mani delle avanguardie proletarie per avanzare.
E’ così che il marxismo diventa forza materiale, la scintilla che diventa incendio.
Compagni intellettuali, operai, lavoratori, insegnanti, donne, studenti si sono confrontati su questo testo con uno sforzo individuale e con la lettura collettiva che ci ha fatto crescere nel dibattito, nell’andare a fondo ai problemi della politica, qualche compagno ha portato il suo intervento scritto, così come di grande interesse si è dimostrata la lettura, durante le riunioni, degli interventi dei compagni dei GdS delle altre sedi a livello nazionale. In alcuni casi è stata necessaria una lotta ideologica per battere resistenze, le difficoltà nella comprensione del testo, per dare una continuità sistematica con una partecipazione costante, così come è stata condotta una lotta ideologica anche nei confronti di compagni di matrice intellettuale per spronarli a rendere innovativo il loro studio.
Lo sforzo di tutti i militanti impegnati nella lotta di classe per elevare la coscienza del funzionamento della società serve alla lotta politica per combattere confusioni, idee in voga, linee portate avanti dal movimento, da organizzazioni che, con Marx, sappiamo che hanno tutte un'impronta di classe.
Il prodotto di questo lavoro è il Quaderno della Formazione Operaia che riconsegniamo alla classe e alle sue avanguardie.
Il testo di “Le lotte di classe in Francia” dimostra il carattere essenziale del marxismo che è soprattutto “una filosofia di lotta”.
Quando Marx scrive sugli avvenimenti a lui contemporanei non solo prova il gusto della conoscenza, ma soprattutto della conoscenza “di parte”, perchè non è affatto distaccato, come nessuna scienza lo può essere in un mondo diviso in classi, ma prende parte attiva nello scontro di classe per restituire alla classe operaia non solo la scienza politica della fase storica, ma la soluzione dei problemi. Delimita ed edifica l'ideologia del proletariato. E' l'arma della critica che prepara la critica delle armi.
Questo testo si presta ad uso esterno ma anche interno. L'uso esterno riguarda la politica, il lavoro di massa. E serve il nostro studio se diventa patrimonio delle masse che raggiungiamo. E' spiegarsi l’affermazione, ad esempio, del fascio-populismo attraverso il legame con la “situazione economica corrispondente”.
L'uso interno riguarda il nostro lavoro di comunisti, di un Partito determinato, che cerca la strada per la Rivoluzione in un paese imperialista come l'Italia.
Questo testo ci fornisce un metodo di lettura che guarda alle classi sociali, al loro movimento nelle fasi storiche. La profonda crisi che sta attraversando il sistema imperialista a livello mondiale spinge i governi, gli Stati ad una spinta in senso autoritario, il fascio-populismo si candida all’assalto delle istituzioni in nome di interessi interclassisti, con la demagogia del cosiddetto “popolo” su cui i governi borghesi hanno rovesciato la crisi, in un contesto di perdita di rappresentanza del proletariato.
Marx ha scelto di vivisezionare un periodo storico, in un paese determinato, perché gli operai in quel periodo storico, in Francia, stavano facendo la Rivoluzione che era la più all’avanguardia e ha voluto dare le armi teoriche al proletariato di analisi, valide ancora oggi. Tutte le classi, la borghesia, la piccola borghesia, i contadini, rispetto al proletariato si posizionavano. E il proletariato per sua diretta esperienza, attraverso le sue sconfitte, cerca la sua strada per farsi Partito.
La “maschera” e l’errore.
Lo scontro di classe non appare subito in superficie per quello che è.
L'intervento del prof. Di Marco ci chiarisce il senso di questo lavoro: noi vediamo il teatro della politica, gli uomini e le idee che si combattono, vediamo la “maschera”, che non a caso gli antichi latini chiamavano "persona". Il marxismo precisamente strappa dai volti queste “maschere” e ci fa vedere la realtà per quello che è realmente, cioè le classi sociali e la lotta che hanno ingaggiato tra di loro, sono i rapporti sociali che si travestono. "La storia è un teatro in cui gli uomini recitano un copione che essi stessi hanno scritto", dice Marx.
Un altro concetto importante è la comprensione dell'errore che commette il proletariato facendo avanzare la sua storia. Guardare solo alle vittorie è soggettivismo, è idealismo. Si è arrivati alle vittorie solo perchè si sono attraversate sconfitte, alcune molto pesanti, costate alla nostra classe molto sangue, molti morti, galera, repressione. Marx dimostra che il proletariato non sempre realizza la sua Rivoluzione, non lo ha fatto in Francia nel periodo preso in esame, come, ad esempio non lo ha fatto in Italia, quando è stato trascinato passivamente dalla borghesia nazionale nella sua lotta d'indipendenza risorgimentale - e di questo ne ha parlato Gramsci nei Quaderni dal carcere.
Ma la sua lotta, quello che Marx chiama “autocritica” è senza sosta, il proletariato si batte, cade colpito e si rialza per ricombattere di nuovo, finchè non trova la sua strada per vincere.
Tornando alla lezione francese, il proletariato impara a sue spese che se la direzione del movimento è in mano alla piccola-borghesia, se la politica proletaria è unicamente quella parlamentare, conciliatrice, quella della “fratellanza” interclassista che vive di richieste ai rappresentanti politici della borghesia, se un Ministero è ottenuto all'interno di un governo che appoggia ma che comunque rimane all'interno dello Stato borghese, dove dietro le forme politiche si nasconde il dominio della borghesia, allora tutte queste illusioni gli saranno fatali.
E' qui che entra prepotentemente il concetto di sconfitta, pare che il proletariato, e con esso tutta l'umanità, si crea l'errore per imparare da esso e diventare più forte. L'atteggiamento verso l'errore è la chiave della vittoria. Solo così le illusioni devono per forza cadere e si definisce più chiaramente quello che è necessario.
“La Rivoluzione Proletaria rinforza il Nemico. Quando facciamo una cosa, quand'è che cresciamo veramente? Quando facciamo da sè/da noi”, è il concetto messo in luce dall'intervento del prof. Di Marco. Marx nelle LCF: “Il progresso rivoluzionario non si fece strada con le sue tragicomiche conquiste immediate, ma al contrario facendo sorgere una controrivoluzione serrata, potente, facendo sorgere un avversario, combattendo il quale soltanto il partito dell’insurrezione raggiunse la maturità di un vero partito rivoluzionario”.
Da Di Marco: “E' la dialettica: facciamo la Rivoluzione/esce la Controrivoluzione, che non è conservazione, è altra cosa, crei la Controrivoluzione per imparare dall'errore per rinforzarti ed andare avanti, questo è il processo che fa l'umanità”.
“Gli uomini fanno la storia e quando devono fare una trasformazione, siccome non hanno il modello già pronto, la devono fare/creare. Quando se la rappresentano nella testa questa cosa nuova, è come se i loro cervelli fossero ancora legati ai fantasmi del passato, per fare una trasformazione nuova si travestono con maschere del passato, perchè all'ombra di questo travestimento del passato, l'umanità fa il suo lavoro e poi si può separare più dolcemente dal passato. Quando poi si è compiuto tutto quanto il processo, ti togli la maschera”.
L'atteggiamento verso l'errore, l'esperienza diretta fatta sulla propria pelle, sono stati anche le armi vincenti che hanno fatto riflettere Marx e Lenin sulla Comune di Parigi di vent'anni dopo gli avvenimenti dal '48 al '50. La disfatta del giugno '48 è stata la premessa degli avanzamenti successivi.
Noi da un lato dobbiamo capire, impossessarci, e a questo ci serve assimilare il metodo marxista, della concezione materialistica della storia, analizzare il movimento delle classi, cercare di divenire “interni” alle dinamiche della lotta di classe, per prendere parte attiva nello scontro di classe e, quindi, dall'altra dobbiamo capire cosa fare noi.
Quello che è certo che dobbiamo costruire il Partito Comunista, senza il quale non c’è l’autonomia proletaria. Non più alla coda di altre classi, basta farsi trascinare nelle contese borghese, basta illusioni interclassiste che fanno leva sul populismo, ma formazione del Partito comunista, Rivoluzione che spezza la macchina dello Stato dei padroni, e affermi la dittatura del proletariato, bandiera rossa, internazionalismo.
Solo con il proletariato si può parlare effettivamente di Rivoluzione. La piccola borghesia rivoluzionaria è tale se ha dietro di sé ha il proletariato, altrimenti oscilla, è pronta a tradire, in fondo non vuole il rovesciamento radicale di tutto un sistema politico ed economico che gli garantisce la propria esistenza. La Rivoluzione o è proletaria o non lo è.
Nel GdS di Taranto si è analizzata la composizione di classe dei quartieri delle periferie, il II° capitolo li ha portati a considerare il rapporto tra il proletariato e i movimenti della piccola borghesia, analizzarla con gli esempi delle lotte concrete. L'azione della piccola borghesia va smascherata e combattuta, essa è presente nel movimento, tra i comunisti, nelle lotte antifasciste/antirazziste, nelle lotte per la casa, contro le devastazioni ambientali, ma non riesce/non può andare oltre il movimentismo.
Nel GdS di BG sono stati protagonisti i compagni operai che hanno affermato chiaramente che: “se sbagli compagno di battaglia finisci male, se vai a fare una battaglia senza gli strumenti adeguati finisci male”.
Il problema delle alleanze è di primaria importanza. Marx mette in guardia gli operai da illusioni di facili vittorie. Questo riguarda la questione del Fronte Unito, la sua costruzione “nel corso della rivoluzione”: occorre sollevare la “massa che sta tra il proletariato e la borghesia”. Il proletariato non solo appoggia la resistenza degli altri, organizza le proprie forze e sviluppa la propria azione indipendente e di avanguardia. E' decisiva, quindi, la crescita dell'autonomia proletaria, dell'organizzazione/rappresentazione delle istanze di classe per non portare acqua al mulino della piccola-borghesia e del suo “partito dell'anarchia”.
“In Francia il piccolo borghese fa ciò che dovrebbe normalmente fare il borghese industriale; l'operaio fa ciò che normalmente sarebbe il compito del piccolo borghese; e il compito dell'operaio, chi lo assolve? Nessuno. In Francia, non viene assolto, viene proclamato. Questo compito non viene assolto in nessun luogo entro i limiti della nazione; la guerra di classe in seno alla società francese si allarga in una guerra mondiale, in cui le nazioni muovono l'una contro l'altra... La rivoluzione che quivi troverà non già la sua fine, bensì il suo inizio di organizzazione, non sarà una rivoluzione di breve respiro”.
Spetta ai comunisti avere “lo sguardo che si deve aprire sul mondo”, come è stato detto al GdS di Taranto perché non si può fare la Rivoluzione se non teniamo conto della situazione internazionale dove incidono le lotte dei popoli, le guerre imperialiste, di come avanza la crisi del sistema perché la Rivoluzione è all’interno di un paese, ma la borghesia di quel paese è all’interno di una rete di relazioni internazionali, questa è una lezione dal testo di Marx.
I compagni operai di BG si sono soffermati sui vari aspetti dell’attualità politica servendosi del testo di Marx per smantellare il carattere ideologico e di propaganda populista dei vari provvedimenti del governo fascio-populista, in particolare con il decreto sicurezza che da un lato sul piano della controrivoluzione preventiva punta a reprimere le rivolte operaie e popolari dentro la crisi di sistema, al servizio, quindi, del potere della borghesia imperialista, e dall’altro, sempre con le stesse finalità, modifica le parole d’ordine del popolo per renderle compatibili con il potere.
Con i comunisti, gli operai alzano lo sguardo dalle dinamiche sindacali e comprendono il funzionamento di questo sistema e si mettono alla testa della Rivoluzione che libera tutti gli oppressi e sfruttati, e per questo imparano a liberarsi di tutte le illusioni sul Parlamento, sulle riforme, e formano il loro Partito indipendente. “Se il proletariato non ha una propria teoria, fa la Rivoluzione per qualcun altro”.
In questo sistema borghese, per gli operai c’è solo il bastone e la carota. La carota a cui al massimo possono aspirare è il “Ministero del Lussemburgo” dove non contano niente o “il lavoro delle opere pubbliche”, pagate in realtà dai lavoratori, nei laboratori nazionali concepiti da qualche borghese progressista, “un secondo esercito proletario contro gli operai stessi”; il bastone, quello del fascismo a cui all’occorrenza i padroni ricorrono, comprando il sottoproletariato a cui mette una divisa: “una uniforme speciale, cioè li distinse esteriormente dalla blusa dell’operaio” - dice Marx - per scatenarlo contro le avanguardie di classe, contro i comunisti innanzi tutto, e poi contro tutti coloro che si oppongono al partito dell’Ordine, donne, studenti. E ancora, Stato di polizia e violenza poliziesca, repressione selvaggia, stragi di Stato, violazione da parte della borghesia delle sue stesse leggi, sovvertendole dall’alto a partire dalla Costituzione, come hanno spiegato i compagni di Palermo.
Anche i compagni del GdS di Palermo si sono sforzati di applicare il metodo marxista alla fase attuale del governo fascio-populista, non accontentandosi di una lettura meccanicista, ma analizzando il blocco sociale dell’asse politico reazionario, le sue promesse elettorali a favore del “popolo” e, invece, la sua traduzione in provvedimenti a sostegno di banche, il decreto dignità a favore dei padroni, l’assistenzialismo di tipo fascista di controllo sociale del “reddito di cittadinanza”, le grandi opere di devastazione ambientale, ma anche il comportamento dei padroni di Confindustria, le classi di riferimento del PD, i partiti politici che, spiega Marx “rappresentano in maniera più o meno adeguata le classi o frazioni di esse” e, quindi, anche la definizione di “popolo” tirata a destra e a sinistra. Interessi diversi ma che “tendono a riallinearsi se il mantenimento del potere è messo in serio pericolo dal nemico di classe principale: il proletariato”.
I compagni hanno ripreso l’Introduzione di Engels quando rivendica per il proletariato il “diritto alla Rivoluzione”, che significa anche qui costruzione di Partito ed Esercito proletario e hanno messo in rilievo gli insegnamenti di Engels sull’importanza dei metodi di lotta, in particolare nelle città imperialiste.
Nel GdS di Ravenna ci si è soffermati soprattutto sulla bancarotta della piccola borghesia di sinistra che si pone sempre tra gli operai e la Rivoluzione, gli “ingannapopolo” di sempre dietro i proclami di fuoco che le avanguardie operaie devono smascherare combattere. Sono i conciliatori di ogni epoca, socialtraditori e socialfascisti. Li abbiamo imparati a conoscere non solo negli avvenimenti in Francia presi in esame da Marx, ma anche in Russia contro la rivoluzione bolscevica, in Germania contro gli Spartachisti, in Italia col PCI contro la lotta armata nascente, in Perù quando sono stati pure al governo nazionale contro la guerra popolare del PCP, e oggi in Nepal contro la Rivoluzione o in India dove governano gli Stati reprimendo i maoisti.
Al revisionismo è stato dato un duro colpo con l'inizio della lotta armata negli anni '70. I compagni hanno dimostrato che la rivoluzione è possibile anche nei paesi imperialisti. Ma l'ideologia e la pratica conseguente, solo sul piano militare, non ha vinto e nessuna analisi sulla sconfitta è venuta dai compagni. In definitiva conta quale classe comanda il fucile.
Il GdS dei compagni in Tunisia ha usato il testo di Marx sia per una riflessione sulle “sconfitte” del proletariato in Italia, dal ’68-’77, agli anni 80, la nascita dell’autorganizzazione operaia dei cobas fino all’antagonismo dell’opposizione sociale ai giorni nostri, e sia per leggere quello che la borghesia ha chiamato “le primavere arabe”, in particolare in Tunisia, dal punto di vista marxista rivoluzionario: la borghesia compradora legata a Ben Alì e quella legata ai Fratelli Musulmani, la funzione dello Stato contro le istanze rivoluzionarie.
E qui un altro concetto vogliamo affermare, seguendo Marx: nessun popolo sarà mai libero finchè sarà schiavo l'operaio, le lotte d'indipendenza nazionale dipenderanno dal ruolo del Partito Comunista e dalle sue caratteristiche.
Il lavoro di studio è, abbiamo detto, anche verso l'interno, è contro noi stessi. Attraverso questo studio dovremo “liquidare noi stessi, le nostre concezioni, il nostro stile di lavoro, fino al nostro linguaggio. Questo si diceva nel gruppo di studio a Taranto, in cui si è detto: “lo studio va contro quello fatto finora, contro il non aver dotato i nostri compagni dell'arma del marxismo. Abbiamo fondato il Pcm 19 anni fa ma siamo ancora qui. Fondare realmente il Partito è la nostra attuale rivoluzione. Non siamo riusciti a realizzare la prima tappa, abbiamo fallito. Nel 2006-7 abbiamo preso coscienza, oggi stiamo ancora lottando. La lotta è contro le nostre illusioni e i nostri fronzoli prerivoluzionari”.
In conclusione. La Formazione operaia su “Le lotte di classe in Francia” ci fa riflettere anche sulla strategia e tattica della Rivoluzione, della guerra popolare nei paesi imperialisti, le alleanze, il FU.
In un GdS si è detto ancora: le “illusioni e fronzoli” sono un riflesso dello sviluppo dei rapporti sociali, non riguardano solo la coscienza soggettiva ma riguardano lo stadio dello scontro di classe, se non c'è uno scontro di classe le illusioni non si possono battere solo con le idee.
“La attuale generazione rassomiglia agli ebrei, che Mosè condusse attraverso il deserto. Non solamente deve conquistare un nuovo mondo: deve perire, per far posto agli uomini nati per un nuovo mondo" - K. Marx
Dobbiamo portare Marx tra le masse in funzione della lotta militante dei comunisti oggi.
“Il lavoro teorico a che serve?” - dice il prof. Di Marco in un GdS: “Dare la parola d'ordine giusta di quello che stai già facendo. E questo è possibile attraverso la conoscenza scientifica della trama che si svolge attraverso le maschere”.
Quindi, studiare Marx per impadronirsi del metodo della scienza politica ma anche per essere all'altezza dell'intervento militante. Marx è il più grande combattente proletario, autentico rivoluzionario, lo dimostrano la sua vita, i suoi scritti"
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