venerdì 24 maggio 2013

Ma i sindacati confederali all'Ilva ci fanno o ci sono?

Dopo il maxisequestro dei fondi occultati dei Riva, le prime dichiarazioni dei segretari dei sindacati confederali non sappiamo se definirle vergognose, ipocrite, di un livello inaudito di stupidità, o meglio, ancora una volta, di servi/complici: fanno finta di non sapere e vogliono lasciare le cose come stanno.

Stefanelli Fiom: “i fatti che stanno accadendo ci danno ragione… in ogni caso le due vicende, milanese e tarantina, non devono intrecciarsi, i prodotti ormai sono stati dissequestrati e i proventi, come ha sostenuto sempre il presidente Ferrante, devono essere reinvestiti nello stabilimento tarantino, non stavamo aspettando i soldi sequestrati. Ora attendiamo l’incontro con l’amministratore delegato… una cosa è la famiglia Riva e un’altra l’azienda Ilva…”.
Panarelli Fim: “la notizia ci ha lasciati di stucco ma non ci riguarda. Oggi l’Ilva ha un amministratore delegato ed è lui che deve preoccuparsi che la vicenda milanese non abbia ricadute su Taranto, è lui che deve procurare le risorse per attuare l’Aia”.

“I fatti che stanno accadendo ci danno ragione”? “La notizia ci ha lasciati di stucco”?
E’ da anni e anni che lo Slai cobas denuncia che Riva aveva all’Ilva di Taranto il suo grasso vitello d’oro, che i suoi profitti miliardari c’erano eccome, ma erano tenuti ben stretti, nascosti, salvaguardati, sia negli anni passati, (al riparo anche dalla crisi iniziata nel 2008 e scaricata sui lavoratori in cassintegrazione), sia più recentemente per non pagare la messa a norma degli impianti. I sindacati confederali non potevano non sapere! Cosa facevano, e fanno, invece i sindacati confederali? Avallavano sia negli anni passati in nome appunto della crisi, sia dalle vicende giudiziarie, le difficoltà economiche di Riva e hanno fatto accordi su accordi, dalle tante cassintegrazioni fino all’ultimo sui contratti di solidarietà contro i lavoratori, a difesa della borsa di Riva, e di fatto per far pagare ai lavoratori anche le truffe di Riva.
I dirigenti sindacali in tutti questi anni hanno fatto come le tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo – ma intanto firmo! Questa è più che complicità, è collusione, e speriamo fortemente che la magistratura estenda la sua inchiesta.

“La notizia… non ci riguarda”?, “le due vicende milanese e tarantina non devono intrecciarsi… non stavamo aspettando i soldi sequestrati”?
Ma o sono fessi (e per Stefanelli, lo sospettiamo…) o, meglio, continuano nella loro opera infame di servi dell’azienda. “Non ci interessa”? Ci interessa eccome, invece! Quei soldi sequestrati sono frutto del sudore e sangue (e, purtroppo, nel vero senso della parola!) degli operai dell’Ilva e devono tornare per forza agli operai, per difendere salute e lavoro!
Un ritorno, sia chiaro, che – con buona pace degli ambientalisti e dei paladini della magistratura – può essere possibile solo in una situazione di accesa lotta a ll’Ilva e a Taranto, visto che da tutte le parti si dice chiaro che “il sequestro dei beni non ha un’immediata relazione con l’Ilva… e si sbaglia chi pensa che la somma possa essere utilizzata per la bonifica dell’acciaieria” (vedi CdS del 23/5).
Secondo Stefanelli, gli operai dovrebbero accontentarsi dei proventi dei prodotti dissequestrati a Taranto. Ma è stupido?! Questo è proprio quello che diceva e dice la proprietà aziendale e Ferrante, sia quando hanno legato ai soldi del dissequestro il pagamento degli stipendi, sia più recentemente per non rispettare neanche i tempi dell’Aia e far dipendere da questi proventi gli investimenti per la messa a norma .

“Una cosa è la famiglia Riva e un’altra l’azienda Ilva”? “Oggi è l’amministratore delegato (Bondi) che deve preoccuparsi per Taranto”? Ma i servi non finiscono mai di fare e parlare da servi?
E’ proprio la famiglia Riva che recentemente, con un’altra operazione industriale e finanziaria truffaldina, (su cui pure sarebbe bene che la guardia di finanza e la magistratura indagassero), ha scorporato l’Ilva dal resto del Gruppo Riva, e non certo per salvaguardarla, ma piuttosto per separarsi finanziariamente e industrialmente dai destini dell’Ilva, per non inficiare il Gruppo con le vicende giudiziarie, e perché i fondi per la messa a norma al massimo si trovino nel perimetro dell’Ilva spa, o rivolgendosi alle banche per un credito (credito che le banche continuano a negare), senza intaccare le vere casse. Chi oggi vuole tenere separate la famiglia Riva dall’azienda Ilva sono, quindi, proprio i Riva.
“Bondi deve preoccuparsi per Taranto”? Come se Enrico Bondi non abbia scelto Riva! Che lo ha messo lì per avviare un processo di ristrutturazione – su cui è esperto – il cui esito è comunque nero per gli operai.
Ferrante prima e ora Bondi non sono altro dalle politiche di padron Riva. E l’osceno tentativo dei sindacati confederali di “tranquillizzare” ancora una volta i lavoratori, dicendo che anche oggi dovrebbero affidarsi a Ferrante e Bondi, è ancora una volta la dimostrazione chiara che questi sindacati vogliono solo accompagnare una fine inaccettabile per gli operai.

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