La holding turca non ha indicato nell’istanza di concessione una sede legale in Italia
Il prossimo 24 ottobre al Tar di Lecce non ci sarà l’udienza in merito al ricorso con richiesta di sospensiva, presentato dal consorzio Southgate Europe Terminal, avverso la sospensione della procedura di confronto avviata con lo strumento del dialogo competitivo, sulle istanze per la concessione della banchina del Molo Polisettoriale di Taranto.
Come riportammo nel nostro articolo di sabato scorso (leggi qui https://www.corriereditaranto.it/2018/10/12/1porto-concessione-yilport-il-24-udienza-al-tar-di-lecce/) la holding turca non ha indicato nell’istanza di concessione una sede legale in Italia, nè ha indicato una società collegata
alla holding presente in Italia, motivo per il quale ricorso al Tar contro la loro richiesta deve essere loro notificato tramite Ambasciata.
Dunque, la partita che si sta giocando sul futuro del traffico merci e non solo del porto di Taranto, si ‘colora‘ dell’ennesimo episodio che getta ombre sulla concessione per l’utilizzo della banchina del Molo Polisettoriale. Partita nella quale gli interessi in gioco sono tantissimi e dove la trasparenza, al momento, non la fa da padrona.
(leggi anche l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2018/09/27/porto-primo-stop-al-tar-per-la-yilport/)
La sospensione della procedura di confronto a luglio con le società interessate
Come si ricorderà, lo scorso 13 settembre l’Autorità Portuale di Taranto ha avviato l’istruttoria di merito sulla domanda di Yilport Holding A.S.: l’istanza di concessione riguarda, in particolare, la movimentazione dei contenitori, unitamente alla movimentazione di merce varia e ro-ro e nell’ottica della più ampia e proficua utilizzazione delle aree. Nell’avviso dell’avvio dell’istruttoria, l’Authority informava anche di come non fossero pervenute domande concorrenti, ma fossero state prodotte «osservazioni» da parte della ItalcaveSpa ed «osservazioni/opposizione» da parte del Consorzio Southgate Europe Terminal, guidata da Guglielmo Guacci (che in tempi non sospetti aveva annunciato che avrebbe dato battaglia).
Del resto, la decisione di sospendere la procedura di confronto avviata con lo strumento del dialogo competitivo sulle istanze per la concessione della banchina del Molo Polisettoriale di Taranto, a due giorni dalla riunione prevista con le quattro società che avevano avanzato la propria richiesta, non poteva essere accettata da tutti i soggetti in campo come se niente fosse. A due giorni dalla convocazione della riunione prevista per venerdì 6 luglio, giorno in cui le quattro società avrebbero comunicato di aver superato tra loro tutte le contrapposizioni come chiesto del presidente dell’AdSP in un documento ufficiale, giunse alle stesse società una PEC, datata 4 luglio, con la quale si annunciava la sospensione della procedura attivata con la seguente motivazione: “il Comitato di Gestione dell’AdSP del Mar Ionio, il 4 luglio 2018, ha deliberato – su proposta del presidente dell’AdSP medesima, ai sensi del comb. disp. tra gli artt. 8, co. 3, lett. n) e 9, co. 5, lett. g) della L. 84/94 – la sospensione della procedura di confronto avviata con lo strumento del dialogo competitivo sulle precedenti istanze sino all’esito dell’attività di verifica – da compiersi da parte della AdSP medesima – con riferimento alla domanda di rilascio della concessione presentata dalla cennata YilPort Holding A.S., per la successiva adozione di provvedimenti finalizzati al perseguimento del pubblico interesse”.
Certo, appare quanto meno ‘strano’ che soltanto il Consorzio Southgate Europe Terminal, guidata da Guglielmo Guacci, abbia presentato ricorso, con le altre tre società in campo (la South Marine Gate guidata dal gruppo di Antonio Maneschi, la Taras Terminal, che è partecipata da Peyrani Trasporti Spa e Servizi Portuali Taranto Srl e la Interminal, in qualità di capogruppo/mandataria della costituenda ATI “Taranto Multipurpose Terminal” tra Interminal Srl ed Ecologica Spa) che accettano in silenzio e di buon grado quanto deciso dall’Autorità Portuale.
(leggi qui l’articolo sul progetto presentato dalla Southgate Europe Terminal https://www.corriereditaranto.it/2017/11/17/porto-progetto-della-southgate-europe-terminal-export-spedizioni-feeder-traffico-ferro-sperando-nella-zes/)
Si attende il piano industriale di Yilport: una società satellite in Italia e la presenza a Malta
Inoltre, non è ancora stato pubblicato sull’Albo Pretorio dell’Autorità Portuale, il piano industriale prodotto dalla holding turca Yilport. Attualmente sappiamo soltanto che la società turca ha chiesto la concessione demaniale marittima (ai sensi dei comb. disp degli artt. 15 e 18 L. 84/94), per la durata di 49 anni, deli’intero compendio denominato “Molo Polisettoriale” del Porto di Taranto (con eccezione della Calata 5 ed aree retrostanti) nello stato di fatto in cui si trova nonché delle attrezzature, dei mezzi, degli impianti attualmente ivi insistenti (in allegato all’istanza si trova infatti la planimetria “stata di fatto con sovrapposizione stralcio catastale”). La richiesta attiene a ml. 1800 di banchina a partire dalla testata del Molo ed area retrostante per una supericie complessiva di circa mq. 1.000.000 e prevede l’utilizzo degli insistenti manufatti, impianti ed opere (stazione di banchina, manufatto officina/magazzino, n. 2 magazzini merci, n. 3 palazzine, torre di controllo, impianti, cabine elettriche, etc.) oltre che dei mezzi meccanici insistenti sul Molo medesimo.
Ma al di là di questi dati tecnici, i pochi che hanno preso visione del piano industriale della Yilport (non i sindacati che attendono di conoscerne ancora i dettagli, meno che mai le centinaia di lavoratori della ex TCT e delle altre società che da anni attendono una soluzione per il loro futuro), hanno evidenziato non poche perplessità. Ad esempio pare che nel piano la holding turca abbia previsto di ottenere i primi risultati positivi non prima del 2030, prevedendo la possibilità di portare il traffico container del porto di Taranto sino a movimentare ben 4 milioni di TEU all’anno. Oltre ai numeri, non convince il fatto che Yilport non abbia nominato alcuna società satellite in Italia: anche se una, in effetti, ne possiede.
Nel 2016 infatti ha acquisito la Transitex, fondata nel 2002 nella città di Badajoz (Spagna), con lo scopo di creare soluzioni logistiche per consentire al porto di Lisbona di competere con i principali porti iberici tramite l’estensione del suo hinterland. Nel 2007 la società amplia il suo network in diverse nazioni in Sud Africa, con particolare attenzione ai paesi di lingua portoghese, ed in America Latina, dove Transitex è presente da nord a sud, dal Messico all’Argentina. Nel 2014 ritorna in Europa con nuovi uffici a Genova e Salerno, come Transitex Italia. Nel 2015 l’apertura di Transitex Cina, con l’ufficio di Shanghai, segna l’arrivo di Transitex in Asia. Nel 2016 Transitex viene acquisita dal gruppo turco Yildirim, che porta una nuova ondata di espansione in Europa.
Di fatto la Transitex nasce come società spagnola con capitali portoghesi, specializzata in carichi refrigerati e project cargo, con sede a Genova. La società si definisce una casa di spedizioni che ha due aree d’attività consolidate: la frutta e il project cargo. Il primo filone nasce operando sulle rotte reefer che collegano Spagna e Portogallo con il Brasile e, in generale, con il Sud America. Avendo avuto come azionista principale il Gruppo Tertir Mota-Engil, una delle trenta maggiori società di costruzioni a livello europeo ha favorito la specializzazione nei trasporti di materiali da costruzione e nel project cargo. Importante la presenza di Transitex in Mozambico, dove il Gruppo Eni ha effettuato molti investimenti nell’industria petrolifera.
Inoltre, preoccupa e insospettisce il fatto che la Yilport operi anche a Malta, da sempre una delle principali sedi di transhipment concorrenti dello scalo tarantino. La holding turca è infatti presente nella compagine societaria della società terminalista Malta Freeport, partecipata al 50% dalla Yilport del gruppo turco Yildirim e al 50% dalla Terminal Link (di cui il 51% appartiene alla francese CMA CGM e il 40% alla cinese CMHI, China Merchants Holdings International). Resta quindi da capire come mai la holding turca abbia deciso di puntare su Taranto.
A che punto sono i lavori al porto?
L’ultimo dubbio, primo per importanza, riguarda i lavori in corso al porto. I dragaggi e la vasca di colmata, propedeutici alla ripresa del traffico merci, sono ancora indietro nella tabella di marcia (in particolar modo i primi, a causa delle varie prescrizioni e dei cambi di procedura stabiliti dalla Conferenza dei Servizi), e si teme uno stop qualora la società Astaldi non riesca a superare la crisi economica che la riguarda. Da qui la domanda: cosa farà a Taranto la Yilport sino a quando non saranno ultimati tutti i lavori che difficilmente saranno completati entro il 2019?
I dubbi sono tanti. Le certezze ancora troppo poche.
Come riportammo nel nostro articolo di sabato scorso (leggi qui https://www.corriereditaranto.it/2018/10/12/1porto-concessione-yilport-il-24-udienza-al-tar-di-lecce/) la holding turca non ha indicato nell’istanza di concessione una sede legale in Italia, nè ha indicato una società collegata
alla holding presente in Italia, motivo per il quale ricorso al Tar contro la loro richiesta deve essere loro notificato tramite Ambasciata.
Dunque, la partita che si sta giocando sul futuro del traffico merci e non solo del porto di Taranto, si ‘colora‘ dell’ennesimo episodio che getta ombre sulla concessione per l’utilizzo della banchina del Molo Polisettoriale. Partita nella quale gli interessi in gioco sono tantissimi e dove la trasparenza, al momento, non la fa da padrona.
(leggi anche l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2018/09/27/porto-primo-stop-al-tar-per-la-yilport/)
La sospensione della procedura di confronto a luglio con le società interessate
Come si ricorderà, lo scorso 13 settembre l’Autorità Portuale di Taranto ha avviato l’istruttoria di merito sulla domanda di Yilport Holding A.S.: l’istanza di concessione riguarda, in particolare, la movimentazione dei contenitori, unitamente alla movimentazione di merce varia e ro-ro e nell’ottica della più ampia e proficua utilizzazione delle aree. Nell’avviso dell’avvio dell’istruttoria, l’Authority informava anche di come non fossero pervenute domande concorrenti, ma fossero state prodotte «osservazioni» da parte della ItalcaveSpa ed «osservazioni/opposizione» da parte del Consorzio Southgate Europe Terminal, guidata da Guglielmo Guacci (che in tempi non sospetti aveva annunciato che avrebbe dato battaglia).
Del resto, la decisione di sospendere la procedura di confronto avviata con lo strumento del dialogo competitivo sulle istanze per la concessione della banchina del Molo Polisettoriale di Taranto, a due giorni dalla riunione prevista con le quattro società che avevano avanzato la propria richiesta, non poteva essere accettata da tutti i soggetti in campo come se niente fosse. A due giorni dalla convocazione della riunione prevista per venerdì 6 luglio, giorno in cui le quattro società avrebbero comunicato di aver superato tra loro tutte le contrapposizioni come chiesto del presidente dell’AdSP in un documento ufficiale, giunse alle stesse società una PEC, datata 4 luglio, con la quale si annunciava la sospensione della procedura attivata con la seguente motivazione: “il Comitato di Gestione dell’AdSP del Mar Ionio, il 4 luglio 2018, ha deliberato – su proposta del presidente dell’AdSP medesima, ai sensi del comb. disp. tra gli artt. 8, co. 3, lett. n) e 9, co. 5, lett. g) della L. 84/94 – la sospensione della procedura di confronto avviata con lo strumento del dialogo competitivo sulle precedenti istanze sino all’esito dell’attività di verifica – da compiersi da parte della AdSP medesima – con riferimento alla domanda di rilascio della concessione presentata dalla cennata YilPort Holding A.S., per la successiva adozione di provvedimenti finalizzati al perseguimento del pubblico interesse”.
Certo, appare quanto meno ‘strano’ che soltanto il Consorzio Southgate Europe Terminal, guidata da Guglielmo Guacci, abbia presentato ricorso, con le altre tre società in campo (la South Marine Gate guidata dal gruppo di Antonio Maneschi, la Taras Terminal, che è partecipata da Peyrani Trasporti Spa e Servizi Portuali Taranto Srl e la Interminal, in qualità di capogruppo/mandataria della costituenda ATI “Taranto Multipurpose Terminal” tra Interminal Srl ed Ecologica Spa) che accettano in silenzio e di buon grado quanto deciso dall’Autorità Portuale.
(leggi qui l’articolo sul progetto presentato dalla Southgate Europe Terminal https://www.corriereditaranto.it/2017/11/17/porto-progetto-della-southgate-europe-terminal-export-spedizioni-feeder-traffico-ferro-sperando-nella-zes/)
Si attende il piano industriale di Yilport: una società satellite in Italia e la presenza a Malta
Inoltre, non è ancora stato pubblicato sull’Albo Pretorio dell’Autorità Portuale, il piano industriale prodotto dalla holding turca Yilport. Attualmente sappiamo soltanto che la società turca ha chiesto la concessione demaniale marittima (ai sensi dei comb. disp degli artt. 15 e 18 L. 84/94), per la durata di 49 anni, deli’intero compendio denominato “Molo Polisettoriale” del Porto di Taranto (con eccezione della Calata 5 ed aree retrostanti) nello stato di fatto in cui si trova nonché delle attrezzature, dei mezzi, degli impianti attualmente ivi insistenti (in allegato all’istanza si trova infatti la planimetria “stata di fatto con sovrapposizione stralcio catastale”). La richiesta attiene a ml. 1800 di banchina a partire dalla testata del Molo ed area retrostante per una supericie complessiva di circa mq. 1.000.000 e prevede l’utilizzo degli insistenti manufatti, impianti ed opere (stazione di banchina, manufatto officina/magazzino, n. 2 magazzini merci, n. 3 palazzine, torre di controllo, impianti, cabine elettriche, etc.) oltre che dei mezzi meccanici insistenti sul Molo medesimo.
Ma al di là di questi dati tecnici, i pochi che hanno preso visione del piano industriale della Yilport (non i sindacati che attendono di conoscerne ancora i dettagli, meno che mai le centinaia di lavoratori della ex TCT e delle altre società che da anni attendono una soluzione per il loro futuro), hanno evidenziato non poche perplessità. Ad esempio pare che nel piano la holding turca abbia previsto di ottenere i primi risultati positivi non prima del 2030, prevedendo la possibilità di portare il traffico container del porto di Taranto sino a movimentare ben 4 milioni di TEU all’anno. Oltre ai numeri, non convince il fatto che Yilport non abbia nominato alcuna società satellite in Italia: anche se una, in effetti, ne possiede.
Nel 2016 infatti ha acquisito la Transitex, fondata nel 2002 nella città di Badajoz (Spagna), con lo scopo di creare soluzioni logistiche per consentire al porto di Lisbona di competere con i principali porti iberici tramite l’estensione del suo hinterland. Nel 2007 la società amplia il suo network in diverse nazioni in Sud Africa, con particolare attenzione ai paesi di lingua portoghese, ed in America Latina, dove Transitex è presente da nord a sud, dal Messico all’Argentina. Nel 2014 ritorna in Europa con nuovi uffici a Genova e Salerno, come Transitex Italia. Nel 2015 l’apertura di Transitex Cina, con l’ufficio di Shanghai, segna l’arrivo di Transitex in Asia. Nel 2016 Transitex viene acquisita dal gruppo turco Yildirim, che porta una nuova ondata di espansione in Europa.
Di fatto la Transitex nasce come società spagnola con capitali portoghesi, specializzata in carichi refrigerati e project cargo, con sede a Genova. La società si definisce una casa di spedizioni che ha due aree d’attività consolidate: la frutta e il project cargo. Il primo filone nasce operando sulle rotte reefer che collegano Spagna e Portogallo con il Brasile e, in generale, con il Sud America. Avendo avuto come azionista principale il Gruppo Tertir Mota-Engil, una delle trenta maggiori società di costruzioni a livello europeo ha favorito la specializzazione nei trasporti di materiali da costruzione e nel project cargo. Importante la presenza di Transitex in Mozambico, dove il Gruppo Eni ha effettuato molti investimenti nell’industria petrolifera.
Inoltre, preoccupa e insospettisce il fatto che la Yilport operi anche a Malta, da sempre una delle principali sedi di transhipment concorrenti dello scalo tarantino. La holding turca è infatti presente nella compagine societaria della società terminalista Malta Freeport, partecipata al 50% dalla Yilport del gruppo turco Yildirim e al 50% dalla Terminal Link (di cui il 51% appartiene alla francese CMA CGM e il 40% alla cinese CMHI, China Merchants Holdings International). Resta quindi da capire come mai la holding turca abbia deciso di puntare su Taranto.
A che punto sono i lavori al porto?
L’ultimo dubbio, primo per importanza, riguarda i lavori in corso al porto. I dragaggi e la vasca di colmata, propedeutici alla ripresa del traffico merci, sono ancora indietro nella tabella di marcia (in particolar modo i primi, a causa delle varie prescrizioni e dei cambi di procedura stabiliti dalla Conferenza dei Servizi), e si teme uno stop qualora la società Astaldi non riesca a superare la crisi economica che la riguarda. Da qui la domanda: cosa farà a Taranto la Yilport sino a quando non saranno ultimati tutti i lavori che difficilmente saranno completati entro il 2019?
I dubbi sono tanti. Le certezze ancora troppo poche.
Nessun commento:
Posta un commento