lunedì 29 ottobre 2018

SULLA VENDITA DELLA MAGNETI MARELLI - Uno degli stabilimenti principali è a Bari

In questi giorni si è completata la vendita della Magneti Marelli. Si tratta di un'operazione di concentrazione di capitali tipica dell'imperialismo, per ridurre da parte del capitale (in questo caso Fca) costi, debiti, estendersi in altre parti del mondo e aumentare i profitti. Tutti giurano che questa operazione non intaccherà l'occupazione in Italia, ma è bene da parte dei lavoratori non illudersi, le concentrazioni di capitali, che sono anche inevitabilmente concentrazioni di forza-lavoro, mezzi di produzione e settori commerciali, sempre portano ad una riduzione dei lavoratori.
I giornali in genere si sono soffermati nell'analizzare positivamente questa operazione, come, alcuni,  nel vedere cosa c'è dietro di essa sia in termini soprattutto di ulteriore tassello dell'operazione "spezzatino" che ha già portato a ridimensionare fortemente la presenza Fiat in Italia (con tutte le conseguenze per i lavoratori, queste sì già viste e che hanno lasciato sul tappeto morti e feriti), sia in termini di necessità di fare "cassa", coprire l'indebitamento della Fca. 
Pochissimi, invece, hanno accennato al significato di come è avvenuta questa operazione; al fatto che la Magneti Marelli è stata venduta a un fondo privato Kkr. Questa è invece la cosa più significativa e pericolosa. In realtà è un fondo di investimenti di capitale finanziario che si è acquisito la Magneti Marelli. Il capitale finanziario si "mangia" il capitale industriale. 
Qui, al di là degli enormi rischi, già visti in tutti questi anni, dato che i Fondi privati come aumentano a dismisura la loro potenza, così possono crollare - Lenin dice "...si incaricano di affari rischiosi, a cuor leggero, assai più dei privati imprenditori -; avviene una scissione tra produzione e denaro; l'interesse del capitale finanziario è quello di fare denaro, con denaro, di trarre dalle sue operazioni redditi giganteschi. Ciò che diventa importante, quindi, non è la produzione (da cui trarre denaro), ma le operazioni finanziarie, anche speculative. Appunto il capitale finanziario si mangia il capitale produttivo.

In questo articolo, riportiamo le notizie prese dalla stampa.
E un breve stralcio dal libro sulla Formazione operaia dell'imperialismo di Lenin   

INFO STAMPA
La Magneti Marelli è una multinazionale da 7,9 miliardi di fatturato e 43mila dipendenti (di cui 10mila in Italia). Opera come fornitore di prodotti soluzioni e sistemi ad alta tecnologia per l’industria automobilistica. Ha sede centrale a Corbetta, nel Milanese, e impianti di produzione, in
Italia ad Amaro, dalle parti di Udine, ad Atessa (Chieti), a Bologna, e a Venaria Reale (Torino). Ma Magneti Marelli di stabilimenti produttivi ne ha in tutto il mondo: l’azienda è presente in Argentina, Brasile, Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, India, Malaysia, Messico, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Serbia, Slovacchia, Spagna, Stati Uniti, Turchia. Complessivamente le unità produttive sono 85; e poi la società dispone anche di 15centri di ricerca e sviluppo.
Ora la Magneti Marelli passa di mano. Il Gruppo Fca e il fondo di private equity Kkr hanno trovato un accordo: la multinazionale è stata acquistata dalla giapponese Calsonic Kansei (società nel passato controllata da Nissan Motor, ma ceduta l’anno scorso al fondo Kkr) per una cifra che, secondo Bloomberg, potrebbe arrivare a 6,2 miliardi di euro. La fusione tra Magneti Marelli e Calsonic Kansei darà vita ad un produttore di ricambi auto con oltre 17 miliardi di dollari di fatturato e circa 65mila lavoratori da Tokyo a Milano. Diventerà il 7° gruppo indipendente più grande al mondo nella componentistica per autoveicoli. È anche la prima operazione di MA (fusioni e acquisizioni).
L’interesse del fondo Kkr era già noto. 

Ma la domanda è: perché vendere Magneti Marelli? E perché vendere ora?
È emerso che il bilancio di Fca non è solido. Il debito finanziario è consistente, e ad esso non fa fronte un patrimonio gravato da troppe attività intangibili. Di qui la necessità di fare cassa. Ridurre l’indebitamento è sempre stato un problema per Marchionne, che è riuscito a limare il debito industriale, e non quello finanziario. «Fca ha un debito a lungo termine di 10,7 miliardi di euro, e a breve termine di 7,2 miliardi. Complessivamente, stiamo parlando di 17,9 miliardi. A fronte di ciò, un patrimonio netto di 21 miliardi.
La vendita di Magneti Marelli produrrà il trasferimento di una certa quota di indebitamento a carico dell’acquirente.
A parte le questioni di cassa, ce ne sono altre due meritevoli di attenzione, secondo l'economista Patrizio Bianchi, ordinario di Economia applicata alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Ferrara: anzitutto l’asse portante della Fca si sposta sempre di più verso gli Usa; in secondo luogo, non è detto che le attività e lo sviluppo restino in Italia. In tutti i casi questa vendita non è un buon segnale per il Paese.  
Ma perché vendere adesso? Secondo l'economista Fulvio Coltorti «la questione è quella dei tassi di interesse in crescita. In America c’è un grosso allarme in proposito: sono state fatte tante operazioni a lungo termine contando su tassi bassi; e tante fusioni che ora destano preoccupazione. Raramente queste ultime sono servite per dar vita a realtà più efficienti. Aziende più grandi non significa più funzionali, soprattutto quando non si è in grado di gestire la complessità dell’organizzazione che con queste operazioni si genera. 

E poi c’è la questione della strategia di lungo periodo. Va sottolineato che il fatto che la vendita sia stata realizzata in questo periodo, sembra un messaggio chiaro di Fca al Paese Italia. Stiamo vivendo un momento di confusione istituzionale, e di scontro con i mercati, che non sono fatti solo da speculatori ma anche da investitori istituzionali, come i fondi pensione. 

DAL LIBRO SULLA FO SULL'IMPERIALISMO DI LENIN
Nel Terzo capitolo de L’Imperialismo, Lenin approfondisce il dominio del capitale finanziario - effetto della crescente concentrazione della produzione e del capitale, della fusione dei monopoli con le banche - e, come a questo corrisponde “nell’ambito generale della produzione di merci e della proprietà privata... al dominio dell’oligarchia finanziaria”...
L’oligarchia finanziaria, peraltro, controlla con un sistema di “scatole cinesi” enormi capitali ed enormi gruppi industriali, veri e propri imperi che il sistema delle società per azioni, e tutte le sue sofisticazioni, permettono di formarsi e consolidarsi, comporsi e ricomporsi.
Lenin nel libro usa un esempio tratto da un fascicolo della Die Bank che spiega in maniera chiara e comprensibile ai nostri lettori operai e proletari, come questo processo avveniva, ed avviene tuttora:
“La Società anonima per l’industria dell’acciaio per molle di Kassel, fino a poco tempo fa era ritenuta una delle imprese più redditizie della Germania. La sua cattiva amministrazione condusse le cose a tal punto che i dividendi caddero dal 15% a zero. L’amministrazione, senza che gli azionisti ne sapessero nulla, aveva fatto un prestito di sei milioni ad una sua “ società figlia”, la Hassia... 

"...le amministrazioni delle società per azioni, in generale, si incaricano di affari rischiosi, a cuor leggero, assai più dei privati imprenditori. La moderna tecnica della estensione dei bilanci non solo rende loro agevole di occultare ai comuni azionisti gli affari rischiosi intrapresi, ma permette inoltre ai principali interessati di sottrarsi alle conseguenze di un esperimento fallito col vendere a tempo le loro azioni, mentre il privato imprenditore sopporta sulla propria pelle le conseguenze di quel che fa...
“... I bilanci di molte società per azioni rassomigliano a quei noti palinsesti medioevali, nei quali si deve prima cancellare la scrittura visibile per poter decifrare i segni che stanno sotto di essa e che formano il vero contenuto del manoscritto ...

La natura del capitale finanziario e l’agire dell’oligarchia finanziaria, può essere anche in alcuni aspetti diversa in diversi paesi imperialisti, ma i risultati sono identici.
Lenin irride a coloro che, nel descrivere il sistema, dividono “i capitali bancari secondo che vengono impiegati “produttivamente” (commercio e industria) o “speculativamente” (nelle operazioni di Borsa e finanziarie)”, evidenziando come si tratti di una concezione riformista, piccolo borghese, che crede veramente che permanente il capitalismo, si potrebbero separare l’uno dall’altro questo tipo di investimento di capitale ed eliminare il secondo...
La realtà è sempre quella, invece. Un piccolo gruppo di grandi monopolisti attraverso il sistema finanziario riesce a controllare l’intero sistema come una ‘società madre’ controlla le ‘società figlie’.
Lenin scrive: “...il capitale finanziario, concentrato in poche mani e godendo un monopolio di fatto, ritrae redditi giganteschi e sempre maggiori da ogni fondazione di società (cioè da ogni investimento nell’appropriazione di altre aziende – ndr), dall’emissione delle azioni, dai prestiti statali, ecc.”. E attraverso questa azione che si “consolida l’egemonia delle oligarchie finanziarie, imponendo a tutta la società una tributo a favore dei detentori del monopolio”...
Là dove il dominio finanziario è essenzialmente nelle mani dei trust delle grandi Banche, tutto il sistema funziona come quello che Lenin definisce “un capitale usuraio gigantesco”.

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