mercoledì 24 ottobre 2018

Ilva - UE: No all'immunità per ArcelorMIttal - La denuncia presentata a giugno dallo Slai cobas

Ilva, immunità ai gestori: arriva l’altolà dell’Ue
Gazzetta del Mezzogiorno - «L'operatore rimane l'unico responsabile di eventuali danni causati a terzi o all'ambiente a seguito dell'utilizzo dell'impianto» e, comunque, «Am InvestCo Italy Srl rimarrà responsabile per il rispetto dei requisiti dichiarati nell'Autorizzazione integrata ambientale». Porta la firma di Veronica Manfredi, direttore del settore Qualità della vita (Aria, acqua ed emissioni industriali) della Commissione europea la lettera proveniente da Bruxelles che risponde ad alcune domande poste dalla Regione Puglia sulla cessione dell’Ilva ad Arcelor Mittal e getta un’ombra sulla controversa immunità penale introdotta dal governo Renzi nel 2015 e confermata da tutti gli esecutivi che si sono succeduti. L’esimente, pensata per i commissari straordinari chiamati a gestire l’azienda ma poi trasferita anche ai nuovi acquirenti, prevede che «le condotte poste in essere in attuazione del piano ambientale non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa». In soldoni, fino a quando non viene completato il piano ambientale - ovvero fino al 2023 - non si possono fare contestazioni...
Dopo aver inutilmente chiesto l’accesso a tutti gli atti della cessione dell’Ilva ad ArcelorMittal, attraverso la controllata Am InvestCo, l’ingegner Barbara Valenzano, dirigente della Regione, lo scorso 10 settembre ha scritto alla Commissione europea lamentando tutta una serie di violazioni nella procedura e paventando rischi per la salute degli operai e dei tarantini. Secondo la Valenzano, «il piano ambientale manca completamente di proposte operative e di prestazioni che siano in grado di affrontare le criticità dello stabilimento in termini di impatto ambientale, sicurezza e salubrità» e, soprattutto, «l'acciaieria Ilva di Taranto è ufficialmente autorizzata dallo Stato Italiano, grazie a 12 decreti legge, per continuare la sua produzione, ma gli attuali commissari-direttori che governano l’acciaieria e i futuri affittuari o proprietari sono esonerati da ogni responsabilità civile e penale derivante dall'inquinamento ambientale e minacce alla salute umana prodotte dall'acciaieria»...
La Commissione euoropea, inoltre, continua a lavorare ad una ulteriore procedura di infrazione «per far fronte alle numerose violazioni della direttiva UE sulle emissioni industriali in relazione all'impianto siderurgico Ilva. La Commissione ritiene che le due procedure di infrazione siano della massima importanza e sta lavorando per trovare le migliori soluzioni possibili per garantire la protezione della salute e dell'ambiente nella città colpita».

SLAI Cobas per il sindacato di classe
Sede legale: Taranto v. Rintone, 22 telefax 099/4792086 – 347/5301704 – C.F. 90177580736 - e mail: cobasta@gmail,com

TA. 21.6.18

Alla PROCURA DELLA REPUBBLICA
DI TARANTO

Al GIP competente

Alla CORTE COSTITUZIONALE
ROMA

La scrivente Calderazzi Margherita, coordinatrice dello Slai cobas per il sindacato di classe chiede a codesta Procura, al GIP competente di non procedere all'archiviazione – richiesta dal PM Mariano Buccoliero – dell'inchiesta penale sullo sversamento di diossina sul quartiere Tamburi negli anni tra il 2013 ed il 2015 – accertato definitivamente dall'Arpa e dovuto alle polveri degli elettrofiltri
dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva.
Chiediamo che il 3 luglio c.a. non dobbiamo assistere ad una inaccettabile anomalia, per cui: viene sì accertato che la diossina proveniva dal ciclo produttivo dell'Ilva, raggiungendo, come descrive l'Arpa, livelli mai registrati e unici al mondo sulla base della letteratura scientifica disponibile; viene sì accertato che tale diossina ha investito persone, bambini; ma grazie all'immunità penale stabilita del Decreto legge del 5 gennaio del 2015 i responsabili dell'Ilva dello sversamento di quella diossina, che probabilmente ha causato altri malati, altri morti, deformazioni e i cui effetti distruttivi continuano nel tempo, NON SONO PUNIBILI.
Un decreto che non persegue i responsabili dell'attacco alla salute dei cittadini, che autorizza l'attività produttiva anche in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive, è una mostruosità, oltre che dal punto di vista umano, di civiltà, dal punto di vista della Giustizia.
L'articolo del decreto 1/2015 contraddice “i principi di riserva di giurisdizione e di obbligatorietà dell’azione penale” disciplinati dall’articolo 112 della Carta costituzionale.
Quanto sopra, tra l'altro, è apertamente in contrasto con la la recente sentenza della Corte Costituzionale, n.58 del marzo 2018, che in un passaggio recita: “Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona”.
Chiediamo, pertanto, che il Gip di Taranto, in sede di valutazione della richiesta di archiviazione, valuti la possibilità di sollevare incidente di costituzionalità.
Alla Procura di Taranto diciamo che non vi può essere contraddizione tra il processo in corso su “Ambiente svenduto” che vede 47 imputati e decisioni sulle responsabilità di coloro che hanno proseguito e stanno proseguendo simili reati.


Alla Corte Costituzionale chiediamo di dichiarare l'illegittimità dell'art. 2 comma 6 del Decreto legge 5 gennaio 2015, che così recita: “L'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano di cui al D.P.C.M. 14 marzo 2014, nei termini previsti dai commi 4 e 5 del presente articolo, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'A.I.A. e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumita' pubblica. Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilita' penale o amministrativa del commissario straordinario, dell'affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumita' pubblica e di sicurezza sul lavoro Nonchè degli articoli dei decreti legge seguenti che confermano ed estendono tale impunità.
Questo norma è un oggettivo via libera ai responsabili legali dell'Ilva, a tutte le figure dirigenziali che gestiscono l'attività della fabbrica, a non preoccuparsi di portare avanti l'attività produttiva nella massima sicurezza per gli operai e per gli abitanti dei quartieri, in quanto risultano tutelati da una presunzione di liceità.
Questa norma va contro la difesa della salute delle persone stabilità dalla Costituzione.
Noi abbiamo accolto con speranza la sentenza di codesta Corte Costituzionale n.58 del marzo 2018, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 - e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies della legge 6 agosto 2015, n. 132 - che consentiva la prosecuzione dell'attività produttiva anche nell'impianto ILVA (Altoforno 2) sottoposto a sequestro penale.
In particolare riteniamo i seguenti passaggi di quella sentenza punti fermi, inderogabili sempre:
il legislatore non ha rispettato l’esigenza di bilanciare in modo ragionevole e proporzionato tutti gli interessi costituzionali rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale per non aver tenuto in adeguata considerazione le esigenze di tutela della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di situazioni che espongono questi ultimi a rischio della stessa vita”.
il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).
Noi riteniamo che la violazione di questi principi sia presente anche nel Decreto legge 1/2015 nel momento in cui si liberano i responsabili da ogni conseguenza penale e amministrativa delle loro azioni che mettono a rischio la salute e la stessa vita, e si permette la continuazione dell'attività produttiva pure in presenza di deficienze impiantistiche che possono determinare pericolose emissioni di sostanze nocive.
Attendiamo, pertanto, fiduciosi le decisioni di questa Corte Costituzionale.
Così come attendiamo fiduciosi le decisioni del Gip e della Procura di Taranto.


SLAI COBAS per il sindacato di classe
Calderazzi Margherita

Nessun commento:

Posta un commento