martedì 16 ottobre 2018

Cemitaly (ex Cementir) avvia licenziamento collettivo. A rischio lavoro e bonifiche



Si conferma l'analisi e la denuncia fatta da tempo dallo Slai cobas sc, sia verso l'azienda sia verso i sindacati confederali che si sono limitati a gestire una cassa integrazione e corsi di formazione e mai a mettere in campo una lotta seria degli operai. 
Prossimamente iniziative degli operai Slai cobas della ex Cementir
Ma questa vicenda della Cemitaly mette in evidenza anche che succede alle bonifiche quando una fabbrica chiude: niente di niente... e peggio di prima!
Che riflettano coloro che pensano di risolvere l'inquinamento a Taranto con la mera cancellazione delle fabbriche...

pubblicato il 15 ottobre 2018
Che il totale silenzio istituzionale (ad eccezione del Comune e della Provincia di Taranto) delle ultime settimane (e nel totale interessa della città) sulla vertenza ex Cementir non fosse presagio di buone notizie all’orizzonte, era fin troppo evidente. Così come il rischio di rivedere un film già visto nello scorso autunno. E la scorsa settimana se n’è avuta conferma, esattamente il 10 ottobre, con tanto di lettere di licenziamento collettivo per tutti e 67 i lavoratori dell’ex Cementir, per cessazione totale dell’attività del sito industriale (di cui 57 lavoratori appartenenti alla categoria
intermedi e operai e 10 alla categoria impiegati e quadri, corrispondenti all’intero organico aziendale).
Per questo stamane presso la sede della Confindustria Taranto – Associazione degli Industriali di Taranto, si sono incontrati la CEMITALY SPA, rappresentata dal dott. Massimo Quintavalle, assistito dall’ing. Vincenzo Lisi, dalla dott.ssa Rosa Marino, nonché dal dott. Giorgio Meschiari, Funzionario dell’Ufficio Relazioni Industriali e Sindacali della Confindustria Taranto e le OO.SS. FENEAL U!L, FILCA CISL e FlLLEA CGIL provinciali di Taranto, rappresentate, rispettivamente, dai segretari Michele Marcosano (FENEAL-UIL), Silvio Gullì (FlLCA-CISL) e Francesco Bardinella (FlLLEA-CGIL).
Nel corso dell’incontro odierno la società Italcementi ha illustrato le motivazioni che l’hanno indotta ad avviare la procedura di licenziamento collettivo per cessazione totale di attività presso lo stabilimento di Taranto, come ampiamente esposta e dettagliata nella sopracitata nota di avvio del 10 ottobre 2018, e già ripercorsa nella riunione dello scorso 3 ottobre (che si richiama e costituisce parte integrante del verbale di incontro in sede sindacale).
Al di là delle vicissitudini che hanno riguardato l’impianto di Taranto del gruppo Caltagirone dal 2013 in poi, con la congiuntura negativa del mercato del cemento italiano negli ultimi anni, la società ha sottolineato come alla base della scelta vi sia l’impossibilità di rifornirsi di loppa d’altoforno dal limitrofo stabilimento dell’ILVA verificatasi nel corso del 2018, nonché l’impossibilità di reperire sul mercato tale materia prima a costi sostenibili.  Ciò ha determinato, per cause di forza maggiore, la sospensione a tempo indeterminato di tutte le attività di produzione sviluppate presso lo stabilimento tarantino.
La società ha poi sottlineato aspetti alquanto inquietanti per quanto concerne l‘eventuale bonifica del sito e relativi lavori alla Calata IV del porto di Taranto, utilizzata per decenni dalla ex Cementir e su cui non sono mai stati fatti gli interventi previsti. Durante la riunione infatti, i rappresentanti di Cemitaly hanno sottolineato l’evidente insostenibilità economica di eventuali interventi tecnico-produttivi e commerciali atti ad operare utilmente in un mercato altamente concorrenziale ed, altresì, l’impossibilità di operare anche solo come centro di macinazione: tutti aspetti che hanno indotto la Italcementi ad assumere la decisione di cessare definitivamente tutte le attività presso lo stabilimento di Taranto.
Le organizzazioni sindacali, dopo aver preso atto delle informative rese dalla società, hanno ovviamente richiesto un ripensamento in ordine ai prospettati provvedimenîi ed hanno quindi proposto la sospensione della procedura di licenziamento, nonché il ricorso a strumenti alternativi, con un preciso riferimento alla proroga della Cassa Straordinaria per le aziende operanti nelle aree di crisi industriale complessa. Eventualità che dipende dall’attuale esecutivo che non ha ancora chiarito se rinnoverà i fondi per queste operazioni o meno. L’ultimo accordo, sottoscritto lo scorso 20 dicemre 2017, prevede la scadenza degli ammortizzatori sociali il prossimo 21 dicembre. 
Le OO.SS. hanno, inoltre, precisato di essere in attesa dell’incontro già convocato dal Ministero del Lavoro per il 23 ottobre, a seguito della richiesta congiunta inviata dalla società e da!le OO.SS. lo scorso 24 settembre, al fine appunto “di individuare tutte le opportunità offerte dalle vigenti normative di legge per la salvaguardia dei livelli occupazionali mediante il ricorso ad ulteriori ammortizzatori sociali conservativi“.
La società ha preso atto delle richieste formulate dalle organizzazioni sindacali e sì è resa disponibile a verificare, nel corso della presente procedura, la sussistenza di detti ammortizzatori.
Dopo attenta ed app;ofondita discussione, le Parti hanno deciso aggiornare l’incontro odierno alla data di lunedì 19 novembre 2018, alle ore 11,30, presso questa Sede. al fine di proseguire e concludere i’esame congiunto in sede sindacale.
La politica nazionale locale, ovvero i parlamentari e senatori eletti in provincia di Taranto tutti di marca Movimento 5 Stelle, al momento non hanno risposto agli svariati appelli dei sindacati e dei lavoratori. Segnali concreti si attendono anche dalla Regione Puglia. Totale il disinteresse della così detta società civile tarantina (che sinceramente non sappiamo nemmeno se esista più e di cosa attualmente s’interessi).
Del resto, Italcementi non ha responsabilità per quanto avvenuto sino ad oggi nel sito che dal 1964 allo scorso anno è stato di proprietà del gruppo Caltagirone. Non è responsabile dell’inquinamento dei terreni e della falda (seppur quest’ultimo è limitato ad una zona del sito e sul quale negli anni sono stati approvati progetti d’intervento presentati dalla stessa Cementir ed approvati in apposite Conferenza dei Servizi con la supervisione di ARPA Puglia, peraltro molti dei quali iniziati, ma non si sa quanti finiti e quanti no). Non è responsabile dei mancati lavori alla Calata IV del porto di Taranto che il gruppo Caltagirone avrebbe dovuto effettuare e non ha mai realizzato. Come non è responsabile del sequestro della loppa d’altoforno dell’Ilva e delle ceneri della centrale Enel di Brindisi, evento sul quale c’è un’inchiesta ancora in corso (nonostante i tre siti siano stati dissequestrati tempo addietro). Il gruppo tedesco ha sin qui semplicemente acquisito gli stabilimenti italiani del gruppo Caltagirone, acquisendo importanti quote di mercato nel mercato del cemento (italiano ed europeo). Nella consapevolezza che, mal che vada, a poche decine di km da Taranto, possiede uno stabilimento che funziona e produce: quello di Matera.
Con Taranto che ancora una volta rischia di restare ferma a guardare il lento dissolversi di un sistema economico novecentesco, con tutte le conseguenze drammatiche del caso in campo sociale e ambientale, oramai in decadenza. Auguri.

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