giovedì 25 ottobre 2018

GIOVEDI' ROSSI - "LE LOTTE DI CLASSE IN FRANCIA" - 6° parte

Marx nelle pagine del 2° capitolo "Il 13 giugno 1849" successive a quelle da noi commentate nella Formazione Operaia di giovedì scorso e che contengono l'analisi quasi quotidiana delle dinamiche delle forze politiche e delle classi sociali che esse rappresentano, coglie l'occasione per mostrare quella che è la sostanza della lotta parlamentare e la sostanza degli organi del potere statale.

La fase di transizione che porta all'ascesa di Luigi Filippo Bonaparte è caratterizzata dalla volontà della borghesia di liberarsi dell'opposizione piccolo borghese, di liberarsene come contraddizione, ma assorbirla come gestione.
Lo spettro degli insorti di giugno è quello che continua ad essere agitato per spingere la borghesia a superare le forme politiche esistenti per consolidare il suo potere in termini dittatoriali.
Dentro le forme di questo scontro vive lo stato della crisi economica e in particolare, il termometro di essa, il debito pubblico. Ma dietro questa formula si cela chi è realmente debitore e chi non lo è, e anzi diventa creditore.
Il debito pubblico per la piccola borghesia, in particolare quella dei commerci, diventa debito privato e quindi fallimento; mentre per la borghesia diventa credito pubblico.

Quindi dentro la crisi non c'è mai un uguale condizione. C'è chi la utilizza per uscirne vincente e più
ricco di prima, c'è chi invece ne viene rovinato.
Ma, naturalmente questo acutizza le contraddizioni sociali e di classe e per questo la borghesia ha bisogno di rafforzare il suo potere e lo fa inglobando proprio quei piccolo borghesi che erano all'opposizione.
Nel caso concreto della Francia di quei giorni, la questione si concentra nel dare forza a Cavaignac (generale francese organizzatore della sanguinosa repressione della rivolta operaia del giugno 1848). 
Scrive Marx: “Tutta la Francia borghese saluta in Cavaignac il suo salvatore e questi diventa il suo generale, lo accoglie nei suoi salotti e gli dà tutto il potere”. Ma attenzione, dice Marx: “non era la dittatura della spada sulla società borghese; era la dittatura della borghesia mediante la spada. E del soldato essa aveva bisogno ancora, ma solo come gendarme”.

E' importante quindi comprendere per i proletari, ma anche per l'intera società “civile” che non si ritrova al potere, che la forma della dittatura militare è sempre la forma della dittatura della borghesia e che autonomia proletaria significa cogliere questo dato per indirizzare i suoi strali e le sue lotte nei confronti della classe che domina mentre combatte per le strade e con i suoi alleati la forma del potere borghese.
Ma la borghesia anche quando fuoriesce dalla sua forma democratica ha bisogno di dare alla sua dittatura una forma democratica. Nella Francia di quei giorni Marx scrive: “Elaborare questa forma, portare a compimento una Costituzione repubblicana, in questo consisteva la grande opera organica dell'Assemblea nazionale costituente”.
Ma cos'è questa Costituzione se non semplicemente un cambio di vestito che ratifica il fatto compiuto? Il fascismo e la dittatura militare tali sono.
Nella Francia di allora “vengono elevati a legge costituzionale il fatto dei poteri straordinari”. La Costituzione diventa un cambio di etichetta.

Per le masse proletarie è fondamentale leggere il vero significato di slogan e progetti che chi sale al potere, e che spesso proviene dalla piccola borghesia - è il caso in questo periodo delle forze fascio-populiste -, presenta come nuovi e dove il nuovo è la sfumatura successiva della dittatura della borghesia.
Abbiamo visto parlare di seconda repubblica, di terza repubblica, e ora i fascio-populisti parlano di quarta repubblica. Marx nelle sua mirabile descrizione dei fatti della Francia ci dà la possibilità di leggere la vera natura di questi passaggi. Scrive, riferito a quegli eventi “Mentre in teoria (l'Assemblea costituente) definiva esattamente le forme entro le quali il dominio della borghesia si sarebbe speso in modo repubblicano, in realtà esso si affermava unicamente con la soppressione di tutte le forme, con la violenza sans phrase, con lo stato d'assedio”.
Marx continua: “Nel primo progetto di Costituzione, elaborato prima delle giornate di giugno, si trovava ancora il "droit au travail", il diritto al lavoro, prima formula goffa in cui si riassumono le rivendicazioni rivoluzionarie del proletariato. Lo si trasformò nel droit à l'assistance, nel diritto alla pubblica assistenza; e qual è lo Stato moderno che non nutre, in un modo o nell'altro, i suoi poveri? Il diritto al lavoro è nel senso borghese un controsenso, un meschino, pio desiderio; ma dietro il diritto al lavoro sta il potere sul capitale, dietro il potere sul capitale sta l'appropriazione dei mezzi di produzione, il loro assoggettamento alla classe operaia associata, e quindi l'abolizione del lavoro salariato, del capitale e dei loro rapporti reciproci. Dietro il "diritto al lavoro" stava l'insurrezione di giugno. L'Assemblea costituente, che aveva posto di fatto il proletariato rivoluzionario hors la loi, fuori legge, doveva per ragioni di principio espellere dalla Costituzione, dalla legge delle leggi, la sua formula: doveva lanciare il suo anatema contro il "diritto al lavoro". Ma qui non si fermò. Come Platone aveva bandito dalla sua repubblica i poeti, essa bandí dalla sua, in perpetuo, l'imposta progressiva. E l'imposta progressiva non è solamente una misura borghese, attuabile, su scala maggiore o minore, entro i rapporti di produzione esistenti; essa era l'unico mezzo per legare i ceti medi della società borghese alla repubblica "dabbene", per ridurre il debito dello Stato, per dare scacco alla maggioranza antirepubblicana della borghesia”.

Il potere borghese, mentre stabilisce la sua dittatura controrivoluzionaria per soffocare e mettere fine alle lotte del proletariato e del popolo, o realizza una controrivoluzione preventiva laddove per effetto della crisi teme l'esplosione delle rivolte del popolo, ha bisogno di mostrare la sua natura popolare – o come diremmo oggi, “populista” - e questo, dice Marx, lo fa modificando le parole d'ordini del popolo, che esprimono peraltro il contenuto ancora illusorio delle sue aspirazioni, in parole d'ordine e provvedimenti che ne trasformano la sostanza e le rendono compatibili, quasi necessarie, alla borghesia e al suo nuovo potere.

In questo senso, queste pagine de Le lotte di classe in Francia parlano da sole, e tutti gli operai e i lettori dotati di coscienza di classe e di spirito critico e di osservazione possono fare anche da soli il paragone e l'equivalenza con quello che è sotto i nostri occhi nella fase politica che stiamo attraversando.
(CONTINUA)

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