mercoledì 31 ottobre 2018

Processo Ilva - Margherita Calderazzi non può seguirlo - “Chiedeva giustizia e ha trovato la legge”

Anche in questi giorni vanno avanti le udienze del processo Ilva.
Questo processo ha rappresentato nel 2012 l'esito dello smascheramento in questa città degli effetti drammatici sulla condizione ambientale e sanitario. Quindi avrebbe dovuto essere una sorta di culmine sia dei movimenti che volevano la chiusura dell'Ilva sia di quelle fasce operaie e cittadine che ne volevano una bonifica integrale, una ambientalizzazione che potesse coniugare in forme più avanzate lavoro e salute. Invece proprio il cuore di questa vicenda innescata dalla Giud. Todisco è andato nel dimenticatoio.
Il suo andare nel dimenticatoio ha dimostrato che le richieste di alcune aree di ambientalisti, associazioni erano in realtà "populiste", cioè avevano lo scopo di alimentare i sentimenti piuttosto che indicare la strada dentro un sistema complesso, perchè potessero avere da un lato un esito sociale, economico nella città, dall'altro un esito di giustizia.
La "Giustizia", il ruolo della Magistratura, è stata sollevata come problema, ma appena questa giustizia ha assunto le forme che in questo sistema capitalista può assumere, limitate e ridotte, questo terreno, il processo "Ambiente svenduto", viene abbandonato, per dare sfogo ad un'agitazione che non può impedire i processi ma ne accompagna le loro forme degradate, contaminano e confondono le masse, tale che alla fine chi comanda continuerà a comandare e neanche uno straccio di giustizia si potrà avere.

Ma non è che a fare anche la battaglia sul terreno del processo Ilva non c'è proprio nessuno. C'era, insieme a pochissimi che si contano sulle dita di una sola mano, Margherita Calderazzi, che ha seguito interamente le udienze, ha coordinato più di 100 parti civili, tra lavoratori e cittadini, ha messo insieme avvocati di Torino e di Taranto (quelli di Torino già abituati ai grandi processi, come
Eternit, Thyssen e quindi conoscenti della dinamica di questi mega processi), e ha seguito le quotidiane vicende del processo, cercando anche di studiare, di portare fuori dalla grigia aula del Tribunale, gli elementi di verità scientifica che anche nel processo stanno venendo fuori - c'è una raccolta di stralci dei verbali delle udienze più importanti, raccolti in due dossier.

Ma Margherita ora è agli arresti domiciliari. L'avvocato di Margherita ha chiesto al giudice di sorveglianza  di avere una dispensa durante gli arresti nei giorni delle udienze per continuare a seguirle, per continuare a svolgere quella funzione che i giudici dovrebbero avere interesse che ci sia. Margherita è una dei pochissimi che è sempre presente alle udienze, e non certo per ragioni personali, ma perchè lo Slai cobas sc è parte civile, ed è “mandata” dalle parti civili di lavoratori, abitanti dei Tamburi, che evidentemente non possono andare 3 giorni alla settimana al Tribunale. Ma il giudice di sorveglianza come risponde a questa richiesta? “Ci mandi un altro”.
Si può dire: in fondo è solo un mese. No, nel processo Ilva un mese vuol dire 15 udienze, significa far saltare udienze. Quindi una funzione sociale che dovrebbe essere premiata, invece viene penalizzata da una misura che considera la pena “rieducativa”. La “rieducazione, quindi, sarebbe nel tenere la coordinatrice dello Slai cobas sc lontano dal processo Ilva? E' una sciocchezza! Ma alla fine è la dimostrazione della verità che c'è nella frase che si sta usando anche per Mimmo Lucano, il sindaco di Riace: “Chiedeva giustizia e ha trovato la legge”.

Ma dal 21 novembre riprendiamo! E anche con alcune iniziative. Sarà presente l'Avvocato di Torino Gianluca Vitale che segue le parti civili.

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