pubblicato il 23 ottobre 2018, 20:47


L’incontro odierno convocato dal Ministero del Lavoro sulla vertenza Italcementi-Cemitaly che riguarda tutti i cementifici ex Cementir del gruppo Caltagirone, segna un passo importante sul cammino intrapreso per evitare che centinaia di lavoratori rischino di restare senza lavoro e senza la copertura degli ammortizzatori sociali a partire dal gennaio del 2019.
Come si ricorderà, lo scorso 10 ottobre, Cemitaly ha informato i sindacati di aver avviatato la procedura di licenziamento collettivo per tutti e 67 i lavoratori dell’ex Cementir del sito di Taranto, per cessazione totale dell’attività del sito industriale (di cui 57 lavoratori appartenenti alla categoria intermedi e operai e 10 alla categoria impiegati e quadri, corrispondenti all’intero organico aziendale).
Per la Italcementi Spa invece, i lavoratori complessivi che usufruiscono della CIGS per riorganizzazione aziendale sono 430 di cui 65 dichiarati dalla società in ‘eccedenza’, distribuiti su 11 siti in tutta Italia, il cui trattamento scadrà il prossimo 31 dicembre.
La riunione odierna, convocata su espressa richiesta della società e dei sindacati di categoria, si è svolta a Roma presso gli uffici del ministero del Lavoro rappresentato dal dott. Andrea Annesi della Divisione VI della Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro e delle. Relazioni
Industriali, e del ministero dello Sviluppo Economico rappresentato per l’occasione dalla dott.ssa Paola Capone della “Struttura per Crisi di Impresa”, a cui hanno preso parte le OO.SS. nazionali FENEAL UIL, FILCA CISL e FlLLEA CGIL, ed i rappresentanti della Italcementi-Cemitaly.
Tema centrale dell’incontro, la situazione aziendale e occupazionale di tutti i lavoratori impiegati nei vari cementifici acquisiti lo scorso anno dal gruppo tedesco, vista l‘iimminente scadenza dei trattamenti straordinari delle integrazioni salariali attivati dalla Italcementi e dalla Cemitaly. Pertanto le organizzazioni salariali hanno preliminarmente chiesto la riattivazione del tavolo di confronto presso il ministero dello Sviluppo economico, per capire quali sono le prospettive industriali del gruppo in Italia, a fronte di una produzione nazionale di ‘appena’ 18 milioni di tonnellate di cemento rispetto ad una potenzialità produttiva di 56 milioni di tonnellate. Ottenendo dal rappresentante del MiSE l’ok e l’impegno a convocare le parti il prima possibile.
Si è poi passati ad affrontare la situazione del sito di Taranto, per il quale la Cemitaly ha avviato la procedura di licenziamento collettivo. I rappresentanti della società, così come avvenuto nelle precedenti riunioni a Taranto, ha nuovamente sottolineato come alla base della scelta vi sia l’impossibilità di rifornirsi di loppa d’altoforno dal limitrofo stabilimento dell’ILVA verificatasi nel corso del 2018, nonché l’impossibilità di reperire sul mercato tale materia prima a costi sostenibili.  Ciò ha determinato, per cause di forza maggiore, la sospensione a tempo indeterminato di tutte le attività di produzione sviluppate presso lo stabilimento tarantino.
Ricordiamo inoltre che lo scorso 15 ottobre, durante un incontro tra la società e i sindacati di categoria di Taranto nella sede di Confindustria Taranto, la società ha sottlineato aspetti alquanto inquietanti per quanto concerne l‘eventuale bonifica del sito e relativi lavori alla Calata IV del porto di Taranto, utilizzata per decenni dalla ex Cementir e su cui non sono mai stati fatti gli interventi previsti. Durante la riunione infatti, i rappresentanti di Cemitaly sottolinearono l’evidente insostenibilità economica di eventuali interventi tecnico-produttivi e commerciali atti ad operare utilmente in un mercato altamente concorrenziale ed, altresì, l’impossibilità di operare anche solo come centro di macinazione: tutti aspetti che hanno indotto la società ad assumere la decisione di cessare definitivamente tutte le attività presso lo stabilimento di Taranto.
Le organizzazioni sindacali, hanno richiesto nuovamente un ripensamento in ordine ai prospettati provvedimenîi ed hanno quindi proposto la sospensione della procedura di licenziamento, evitando azioni traumatiche nei confronti dei lavoratori, nonché il ricorso a strumenti alternativi, con un preciso riferimento alla proroga della Cassa Straordinaria per le aziende operanti nelle aree di crisi industriale complessa. Eventualità che dipende anche dall’attuale esecutivo che non ha ancora chiarito se rinnoverà i fondi per queste operazioni o meno. L’ultimo accordo, sottoscritto lo scorso 20 dicembre 2017, prevede la scadenza degli ammortizzatori sociali il prossimo 21 dicembre. Motivo per il quale l’azienda ha avviato la procedura collettiva. 
Da parte sua, la società ha manifestato l’intenzione di ripristinare il prima possibile le potenzialità del sito di Taranto come centro di macinazione, dichiarandosi disponibile a valutare ogni possibile soluzione di tipo conservativo che possa essere alternativa alla procedura di licenziamento.
Da parte sua la Regione Puglia, presente anch’essa alla riunione odierna a Roma nella persona di Leo Caroli, presidente del Comitato regionale di monitoraggio del Sistema Economico Produttivo e delle Aree di Crisi (SEPAC), ha dichiarato come realizzabile la possibilità di estendere per altri 12 mesi la CIGS per aree di crisi industriale complessa a partire dal 22 dicembre 2018, a fronte di una verifica, ancora da compiersi, sulla disponibiltà delle risorse economiche stanziate e previa stipula del verbale di accordo propedeutivo all’attivazione delle politiche attive del lavoro. Per questo le parti hanno concordato di ritrovarsi il prossimo 8 novembre a Bari negli uffici della Regione Puglia, per approfondire la questione, con la società che si è dichiarata pronta a ritirare la procedura collettiva di licenziamento a fronte del rinnovo dalla CIGS per i prossimi 12 mesi. Resta al momento confermato anche l’incontro calenderizzato per il prossimo 19 novembre presso la sede di Confindustria Taranto, deciso nell’ultimo incontro dello scorso 15 ottobre tra la società e i sindacati: la speranza è che in quella sede possa essere sottoscritto il verbale di accordo per il rinnovo della CIGS, garantendo così altri 12 mesi di ‘tranquillità’ ai lavoratori del sito tarantino.
Nella speranza che quanto prima venga fatta chiarezza sul futuro industriale del sito e dei 57 lavoratori, oltre che sulla bonifica del sito e della calata IV del porto di Taranto. Magari con l’ausilio dei parlamentari e sentatori ionici del Movimento 5 Stelle, ad oggi silenti sulla vertenza, a differenza del Comune e della Provincia di Taranto, che hanno mostrato interesse e disponibilità nel fare la loro parte.