LEGGI
E SENTENZE:
La
“computabilità
nell’orario di lavoro della
presenza
e delle attività, a monte e a valle della effettiva prestazione
lavorativa”;
nonché l’obbligo dell’uso della tuta per i lavoratori “svolgenti
mansioni per la cui esecuzione è prescritto dalla legge l’uso di
DPI”
(dall’accordo del 15.12.11) è disciplinato da precise norme.
Il
D.Lgs 181/2008 disciplina l’uso della tuta come indumento di
protezione del corpo in particolari lavorazioni – tutte presenti
nello stabilimento siderurgico, dove appunto l’uso della tuta è
obbligatorio.
Per
quanto riguarda cosa debba intendersi per orario di lavoro e cosa
rientra nell’orario di lavoro, il Dlgs
n.66/2003 e n.214/2004 stabiliscono
che per orario di lavoro si intende “qualsiasi
periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore
di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
L'
art. 3 del R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone che è considerato
lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un'applicazione assidua e
continuativa. Il successivo R.D. 10 settembre 1923, n. 1955,
regolamento per l'applicazione del D.L. 15 marzo 1923, n. 692 dispone
all'art. 5, che non si considerano lavoro effettivo i riposi
intermedi che siano presi all'interno o all'esterno dell'azienda ed
il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro. Da ciò consegue
che rientra nella nozione di lavoro effettivo tutto il tempo comunque
impiegato a disposizione del datore di lavoro e nel suo interesse,
quale, ad esempio, anche il tempo per indossare e togliere la divisa.
Tale
interpretazione è anche conforme alla direttiva comunitaria 93/104.
Vari
giuristi hanno spiegato che “L’orario di lavoro rappresenta il
confine tra il momento in cui il dipendente è soggetto al potere
organizzativo e direttivo del datore di lavoro e il momento in cui è
sottratto a tale potere. In generale rientra nella nozione di orario
di lavoro il tempo in cui il lavoratore esegue la propria prestazione
lavorativa strettamente intesa, ovvero
ogni attività che sia comunque funzionale all’esecuzione della
prestazione lavorativa principale.
Alla
luce della nuova definizione di orario di lavoro… il tempo
necessario per indossare gli indumenti da lavoro (c.d.
tempo tuta)...(essendo
il lavoratore) soggetto all’ordine impartito dal datore di lavoro,
il tempo fisiologico
necessario per tale attività deve computarsi nell’orario di
lavoro”.
Ancora:
“ogni attività che sia comunque funzionale alla esecuzione della
prestazione lavorativa principale deve essere ricompresa nella
nozione di lavoro e, dunque, nell'ambito dell'orario lavorativo…
(per fare) l'esempio del tornitore, è evidente che il suo lavoro non
consisterà solamente nell'operare alla macchina ma, per esempio,
anche nel prelevare dal magazzino i pezzi che andranno lavorati.
Nessuno dubita che il tempo necessario a tale prelevamento rientri
nell'orario di lavoro del tornitore; analogamente deve essere per la
vestizione / svestizione, in quanto attività ausiliaria alla
prestazione lavorativa principale, imposta dal
datore
di lavoro
per il migliore funzionamento dell'azienda”.
E’
evidente come questo esempio calzi a pennello per la situazione dei
dipendenti Ilva.
Ed
è altrettanto evidente la contraddizione dello stesso accordo del
15.12.2011 che da un lato si
richiama all’uso di DPI prescritto dalla legge – quindi
obbligatori, da un lato fa riferimento alle attività a monte e a
valle della effettiva prestazione lavorativa – quindi attività
funzionali
all’esecuzione
della prestazione lavorativa principale,
e dall’altro nega che il ‘cambio tuta’ e le attività a “monte
e a valle” siano funzionali all’attività lavorativa principale e
pertanto parte dell’orario di lavoro e come tale debba essere
retribuito.
Questo diritto retributivo certo dei lavoratori è stato ampiamente confermato e sancito da varie sentenze (in allegato si riportano alcune) che hanno stabilito che “siano da ricomprendere nelle ore di lavoro effettivo, come tali da retribuire, anche le attività preparatorie o successive allo svolgimento dell’attività lavorativa, purchè eterodirette dal datore di lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il tempo ed il luogo di esecuzione”.
Ma
è soprattutto la Cassazione,
che da vari anni ha riconosciuto quanto sopra; ricordiamo in
particolare le sentenze n. 3763/1998,
n. 15734/2003, n. 19273/2006, n. 15492/2009, n. 19358/2010.
Vogliamo
riportare alcune parti di quest’ultima sentenza (dipendenti
Unilever), perché descrive una situazione abbastanza simile a quella
presente nello stabilimento Ilva di Taranto .
Scrive
la sentenza: "se tale operazione è diretta dal datore di
lavoro, che ne disciplina il tempo e il luogo di esecuzione, rientra
nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario
deve essere retribuito". Nel caso della Unilever, le modalità
di 'vestizione' erano stabilite dalla stessa azienda e prevedevano
quattro timbrature di cartellino, il passaggio in più tornelli e il
percorso di un lungo corridoio… per entrare nel perimetro aziendale
dovevano transitare per un tornello apribile mediante tesserino
magnetico di riconoscimento, indi percorrere cento metri ed accedere
allo spogliatoio, ivi indossare gli indumenti di lavoro forniti
dall’azienda, effettuare una seconda timbratura del tesserino prima
dell’inizio del lavoro; al termine, dovevano effettuare una terza
timbratura, accedere allo spogliatoio per lasciare gli abiti di
servizio, passare una quarta volta il tesserino al tornello ed
uscire…
La
Cassazione ha riconosciuto come retribuibile “…la metà del tempo
mediamente impiegato per passare dal primo al secondo tornello e dal
terzo al quarto. La relativa liquidazione è stata operata in via
equitativa e con prudente apprezzamento, stante la difficoltà di
accertare con precisione il “quantum” della domanda - poichè non
è possibile individuare per ciascun attore i tempi effettivamente
impiegati per indossare e dismettere gli abiti da lavoro, soccorre
una valutazione equitativa ex art. 432 c.p.c…”.
Anche
nello stabilimento Ilva Spa di Taranto è l’azienda che disciplina
il tempo e il luogo di vestizione della tuta (nello spogliatoio
vicino al reparto di lavoro); anche all’Ilva gli operai per entrare
nel perimetro aziendale dovevano transitare per un tornello apribile
mediante tesserino magnetico di riconoscimento, quindi la maggior
parte di loro devono attendere un bus interno aziendale (mentre pochi
operai possono raggiungere a piedi il posto di lavoro) – tale
attesa può anche essere non breve sia perché il mezzo è
insufficiente per portare tutti gli operai in attesa che quindi
devono aspettare un secondo bus, sia perché, non poche volte, i
mezzi (vecchi) si rompono, ecc. – e poi devono effettuare una
seconda timbratura del tesserino prima dell’inizio del lavoro, dopo
essere passati dallo spogliatoio ed essersi messi la tuta (per
l’uscita, i passaggi e il tempo impiegato, sono uguali,
all’inverso).
Nelle
sentenze della Cassazione viene ulteriormente ribadito che “… il
tempo necessario al lavoratore per raggiungere, una volta cambiato,
il reparto dove, timbrato l'orologio marcatempo, inizia a svolgere di
fatto la prestazione lavorativa, deve essere retribuito poichè parte
del lavoro effettivo, allorquando il dipendente sia tenuto a un tempo
di percorrenza funzionale soltanto alle esigenze organizzative
dell'azienda e sia assoggettato al potere direttivo, organizzativo e
disciplinare della medesima, mentre il
tempo impiegato dal lavoratore dipendente dal varco di accesso dello
stabilimento di grandi dimensioni allo spogliatoio assegnato è
lavoro effettivo e come tale retribuito
solo se una volta varcato il cancello d'ingresso dell'area aziendale
il dipendente è assoggettato al potere direttivo e organizzativo del
datore di lavoro senza la libertà di autodeterminazione…”.
Tale
è la condizione dei lavoratori nello stabilimento Ilva di Taranto, i
quali una volta entrati dalla portineria di ingresso sono
assoggettati al “potere direttivo e organizzativo del datore di
lavoro”.
In
una sentenza del Tribunale di Lodi n. 259 R.G. 2001, riportando una
sentenza della Cassazione, veniva riportato il seguente schema
esplicativo:
Se
l'imprenditore ha prescritto l'uso del camice, il tempo per
indossarlo rientra nell'orario di lavoro poiché l'obbligo di
indossare una divisa imposta dall'imprenditore rappresenta
manifestazione di soggezione al potere imprenditoriale (Cass.14/4/98
n. 3763, pres. Mileo, est. D'Angelo, in D&L 1998, 701). Il che
vuol dire:
In
Entrata:
1.
Arrivare in negozio all’orario in cui inizia il turno
2.
Timbrare in borghese
3.
Entrare nello spogliatoio
4.
Indossare la divisa
5.
Dirigersi in reparto
6.
Essere operativi circa 10 minuti dopo la timbratura all’orario di
inizio turno
In
Uscita:
1.
Dirigersi verso lo spogliatoio circa 10 minuti prima dell’orario
della fine del vostro turno
2.
Entrare nello spogliatoio
3.
Spogliarsi della divisa
4.
Timbrare in borghese all’ora di fine turno
CONCLUSIONI:
Per
tutto quanto sopra esposto, premesso che lo scrivente, e lavoratori
dell’Ilva Spa sono a disposizione per fornire chiarimenti e ogni
elemento utile,
SI
CHIEDE:
- di considerare tale accordo illegittimo, in quanto in violazione delle norme di legge e contrattuali;
- di verificare il carattere truffaldino dell'accordo relativamente all'omissione dei contributi all'INPS, conseguente al mancato riconoscimento del tempo 'cambio tuta' come tempo di lavoro;
- di considerare illegittima e ricattatoria/estorsiva la sottoscrizione del Verbale di Transazione;
- di accertare se la firma di tale accordo illegittimo da parte delle OO.SS. nella persona dei loro segretari sia da considerarsi collusiva alle violazioni di leggi e contrattuali aziendali – cosa confermata, peraltro, dalle irregolarità da parte delle stesse OO.SS avvenute nel corso del referendum;
Si
chiede, infine, di conoscere l’esito del presente esposto.
Per
SLAI COBAS
per il sindacato di classe
(coord.
prov.le Calderazzi Margherita)
Nessun commento:
Posta un commento