ll gruppo siderurgico proprietario dell'Ilva,
annuncia gli esuberi nelle società riconducibili alla famiglia di
imprenditori dopo il sequestro da 916 milioni di euro effettuato nei
giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Taranto. Da oggi cessano le
produzioni degli stabilimenti. E i lavoratori scendono in piazza
Di fronte lo stabilimento che la società ha a Lesegno, in provincia di Cuneo, i 250 lavoratori hanno organizzato una manifestazione. I sindacati hanno indetto due assemblee, alle 17 e alle 22, per discutere le prossime mosse con le tute blu dell'acciaieria di Lesegno. Il clima è già piuttosto infuocato: "La famiglia Riva, messa alle strette, scarica sui lavoratori tutte le responsabilità. È un atteggiamento incivile", ha commenta Barbara Tibaldi, una lavoratrice.
"L'errore è stato arrivare a questo punto: in quanto bisognava prevenire il crearsi di questa situazione e trovare un'altra via d'uscita che garantisse il proseguimento dell'attività e salvaguardasse l'occupazione", ha detto il presidente di Confindustria Cuneo, Franco Biraghi. Per la presidente della Provincia di Cuneo, Gianna Gancia, "in questo Paese è ormai impossibile fare impresa".
I precedenti dello scontro. La chiusura degli impianti si inquadra nel lungo braccio di ferro che da più di un anno contrappone la famiglia Riva alla magistratura di Taranto. Lo scontro era iniziato con l'ordine di spegnere l'altoforno perché giudicato inquinante. Nel frattempo erano scattate le manette per gli amministratori compreso il vecchio Emilio Riva finito ai domincialiari. La proprietà si era opposta ed era intervenuto anche il governo per trovare una soluzione. Aveva emanato un decreto nel quale dettava i criteri per la ripresa produttiva e il risanamento ambientale. La Procura di Taranto, sentendosi scavalcata, aveva sollevato conflitto di competenza presso la Corte Costituzionale. Aveva perso ma non si era ritirata. A maggio il gip Patrizia Todisco aveva ordinato il sequestro di otto miliardi sul patrimonio del gruppo Riva.
I motivi della decisione. "La decisione - afferma la società -, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività".
"Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell'azienda - conclude l'azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali".
Nel dettaglio. Sono in totale 1.402 i dipendenti che lavorano nei sette stabilimenti in Italia della Riva Acciaio di cui è stato annunciato oggi il fermo. Nel dettaglio vi lavorano 964 operai, 291 impiegati, 91 intermedi, 33 quadri e 23 dirigenti. L'impianto più grande coinvolto è a Verona, con 429 dipendenti. Oltre agli stabilimenti produttivi si ferma anche l'attività della sede di Milano (80 dipendenti) e dell'unità di logistica Muzzana Trasporti (14 dipendenti). Le produzioni sono realizzate con svariati macchinari, ma non sono a caldo e per tutte è possibile il fermo immediato. Domani in tutti gli impianti coinvolti sono previste assemblee sindacali. Nel 2012 Riva Acciaio ha registrato 868 milioni di fatturato (1.046 milioni nel 2011).
Gli stabilimenti fermati. Verona: 429 dipendenti (317 operai). Produce vergella, tondo per cemento armato e rete elettrosaldata. Lesegno (Cuneo): 257 dipendenti (172 operai). Produce billette laminate, barre a caldo, tondo per cemento armato. Sellero (Brescia): 232 dipendenti (189 operai). Produce barre piatte a caldo, tonde a caldo, travi e ferri a 'U'. Caronno Pertusella (Varese): 162 dipendenti (107 operai). Produce blumi e billette da colata continua. Cerveno (Brescia): 137 dipendenti (98 operai). Produce billette laminate, barre tonde a caldo. Malegno (Brescia): 65 dipendenti (49 operai). Produce barre trafilate piatte, quadre e tonde, tonde pelate, tonde rettificate da pelato, tonde rettificate da trafilato. Annone Brianza (Lecco): 41 dipendenti (27 operai). Produce tondo per cemento armato. Sono esclusi dal fermo le attività estere della Riva Forni Elettrici, la capogruppo di Riva Acciaio, con siti produttivi in Francia, Germania, Belgio, Spagna e Canada.
la Fim Cisl e la UILM a difesa di Riva
La diffida di Fim Cisl. "La Fim Cisl ritiene che questo è l'ennesimo epilogo, di cui a farne le spese sono i lavoratori. Diffidiamo l'azienda - ha detto il segretario nazionale Fim Cisl, Marco Bentivogli- ad avviare la messa in libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all'utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la Procura in tempi rapidi a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell'attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa - ha concluso - ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità".
Uilm nazionale. "E' la diretta conseguenza del sequestro preventivo per l'ammontare di 916 milioni di euro attuato ieri dalla guardia di finanza di beni immobili, disponibilità finanziarie e quote societarie del gruppo siderurgico in questione. Ancora una volta le iniziative disposte dagli uffici del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Taranto determinano una ripercussione negativa sulla produzione siderurgica nazionale e sugli approvvigionamenti d'acciaio utili alle imprese manifatturiere italiane ed estere".
Fiom Cgil. "La scelta di Riva è un atto di drammatizzazione inaccettabile perché scarica sui dipendenti responsabilità non loro", ha affermato in una nota Maurizio Landini leader di Fiom Cgil. "Così la situazione non è più gestibile, quindi - ha detto il sindacalista - chiediamo al Governo di convocare con urgenza un tavolo e di dare il via al commissariamento, come previsto dal decreto Ilva, di tutte le società controllate dal Gruppo, comprese Riva Acciai e Riva Fire, al fine di garantire l'occupazione e la continuità produttiva".
Nessun esubero a Taranto. Per "Taranto Energia", società controllata da Ilva ma finita comunque nel sequestro dei giorni scorsi, si vedrà nelle prossime ore come superare il nodo stipendi. Ci sono solo un centinaio di unità fra le società dell'energia e dei servizi marittimi che non hanno percepito lo stipendio a causa del blocco dei conti correnti, una delle misure adottate dall'autorità giudiziaria.
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