Il capro espiatorio nazionale
Non credo che ci sia un solo
cittadino di Taranto che non solidarizzi con i cittadini e lavoratori dei “siti
industriali Ilva fuori dal perimetro di Ilva Taranto” colpiti dai cinici
provvedimenti del Gruppo Riva. Il detto “mal comune mezzo gaudio” non è delle
comunità italiane di nord, centro e sud, in particolare di quelle che hanno
conosciuto e conoscono l’angoscia della perdita del lavoro e il dramma della
disoccupazione. Da tarantino condivido le preoccupazioni e sostengo le richieste
di intervento del Governo per superare quest’altra crisi Ilva, che occupa di
nuovo le prime pagine dei giornali e le aperture dei telegiornali.
Respingo invece le critiche
ingenerose rivolte da più parti al gip Patrizia Todisco autrice del
provvedimento di sequestro preventivo di beni in qualche modo nella
disponibilità della famiglia Riva, i cui membri più importanti sono indagati a
Taranto per gravissimi reati e danni.
Si ripetono prese di posizione
espresse all’apparire del primo provvedimento giudiziario, a parole rispettose
dell’autonomia della Magistratura ma di fatto tutte "contro il Gip" che, di
fatto, prova a supplire alla “ignavia e alla latitanza dei sistemi cui le
società democratiche affidano di solito il governo delle complessità”. E Taranto
era ed è un’enorme complessità in grado di trascinare con sé tutta la galassia
Riva. Ora se ne accorgono e protestano tutti, anche Roberto Maroni, attuale
presidente della Regione Lombardia, che a suo tempo è
stato interessato in qualità di Ministro dell’Interno. Nei confronti del
dramma Taranto-Ilva anch’egli ha la sua parte di “ignavia e latitanza”, chiamato
in causa dalla lettera prot. AIL/PEC 032/2011 del 7 agosto 2011 (allegata in
copia) di Altamarea, che chiudeva così 4 pagine di denuncie: “In conclusione,
diffidiamo il Ministro dell’interno ad intervenire e verificare le
responsabilità che noi intravvediamo soprattutto nelle strutture decentrate e
nelle persone, inclusi i Prefetti ed i Comandanti regionali e provinciali dei
VVF che si sono succeduti nel tempo a Taranto, persone o timorose di affrontare poteri forti o
comunque acquiescenti verso cavilli e dilazioni messi in campo dalle aziende.
Preghiamo il Ministro di voler esercitare il suo potere per rimettere tutto sui
binari della legalità e del rispetto delle norme. Guai a Dio se si dovesse
verificare un incidente, anche meno grave di quello occorso alla ThyssenKrupp di
Torino, ed accertare in tale dannata occasione che tante iniquità sono state
commesse nel campo della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini, con la
consapevolezza delle Autorità competenti.”
Il Ministro Maroni ignorò la
diffida, eppure la narrazione di Altamarea riguardava: le cosiddette “Direttive
Seveso”; le pesanti denunce sui temi della sicurezza; le assenze del Ministero
dell’interno nelle conferenze dei Servizi presso il Ministero dell’ambiente dove
i propri funzionari avrebbero colto la gravità dei fatti segnalati in merito
alle vicende del CPI (Certificato Prevenzione Incendi) e del nulla osta analisi
RIR (Rischi incidenti Rilevanti); l’inadeguatezza generale del sistema normativo
– giuridico - amministrativo dell’Italia, accompagnata dal lassismo o
dall’insufficiente senso civico di tante donne e uomini coinvolti in qualità di
servitori dello Stato su temi di grande impatto. In questi pascoli ha galoppato
l’inquinamento di origine industriale che solo il gip Todisco e la Procura di Taranto hanno
avuto il coraggio di affrontare mentre anche il Ministro Maroni ha guardato
altrove, lasciando campo libero.
Ing. Biagio De Marzo (già
dirigente Italsider/Ilva, Terni e Falk/Fochi)
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