TEMPO CONSIDERATO E RETRIBUZIONE: La sentenza della Cassazione considera "tempo di lavoro il tempo necessario alla vestizione (e alla svestizione) nello spogliatoio, della tuta e dei dispositivi di protezione individuale, nonchè il tempo di percorrenza dallo spogliatoio al reparto (e viceversa)".
Questo è importante perchè chiarisce definitivamente quale tempo va preso in considerazione; non solo, pertanto, i minuti della vestizione come alcuni giudici in passato hanno fatto (ndr)
Per quanto riguarda la quantificazione del tempo e la retribuzione la sentenza ha stabilito per tutti gli operai, 20 minuti ("non sforbiciabili") e il loro pagamento come da retribuzione prevista dal CCNL secondo il livello degli operai, con la maggiorazione dello straordinario, nonchè l'incidenza di tale retribuzione sulla 13° (mentre no sulle ferie).
OBBLIGATORIETA': "se un lavoratore pretendesse di svolgere le sue mansioni in reparto senza aver indossato tuta e dpi sarebbe esposto al potere disciplinare della società. Di conseguenza, indossare tali indumenti e dispositivi di protezione è un obbligo per il lavoratore e svolgere le relative operazioni fa parte della prestazione cui egli è tenuto nei confronti del datore di lavoro".
Quindi, nel momento in cui il lavoratore entrato in azienda è soggetto al potere dispositivo del padrone, da quel momento va considerato l'inizio dell'orario di lavoro (ndr)
IL CAMBIO TUTA PUO' AVVENIRE SOLO IN AZIENDA NON A CASA: "Nè è ragionevole ipotizzare che i lavoratori possano effettuare dette operazioni prima di recarsi sul posto di lavoro... possono sì essere indossate prima dell'ingresso nello stabilimento, ma in condizioni di disagio tale da escluderne ragionevolmente l'esigibilità: si pensi alla tuta ignifuga, antitaglio, repellente e, soprattutto, agli scarponcini antinfortunistici, al casco, ai guanti, il tutto da portare in strada magari nella stagione estiva"
Apprezziamo anche l'ironia di quest'ultime parole. Questa precisazione della Cassazione è importante perchè l'Ilva nella sua difesa dice invece che gli operai possono benissimo portarsi fuori dalla fabbrica la tuta e i Dpi e di conseguenza metterseli da casa (cosa tra l'altro falsa perchè ogni operaio è obbligato a lasciare tuta e Dpi nel suo armadietto e dove volesse portarsi a casa solo la tuta deve avere prima tanto di autorizzazione).
IL CCNL METALMECCANICO NON PUO' METTERE IN DISCUSSIONE CHE IL TEMPO TUTA E' PARTE DELL'ORARIO DI LAVORO: "in tema di orario di lavoro è valida la clausola dell'art. 5 del CCNL per l'industria metalmeccanica, che dispone che "sono considerate ore di lavoro quelle di effettiva prestazione" potendo interpretarsi la norma nel senso che siano da ricomprendere nella nozione di lavoro "effettivo", come tale da retribuire, anche le attività preparatorie allo svolgimento dell'attività lavorativa e quelle successive alla prestazione... E' stato altresì precisato che non può ritenersi incompatibile con tale interpretazione la disposizione contenuta nell'art. 5, secondo la quale le ore di lavoro sono contate con l'orologio dello stabilimento o reparto", posto che tale clausola non ha una funzione prescrittiva, ma ha natura meramente ordinatoria e regolativa, ed è destinata a cedere a fronte dell'eventuale ricomprensione nell'orario di lavoro di operazioni preparatorie e/o integrative...".
Questo è un punto importantissimo. Si consideri che è stata l'azienda che aveva portato a sua difesa e ragione la dicitura presente nel CCNL dei metalmeccanici. Si consideri che anche in altri contratti, come quello multiservizi, Coop. sociali, Cgil, Cisl e Uil stanno ponendo questa dicitura "ore di lavoro sono quelle di effettiva prestazione" proprio per escludere il cambio tuta e il tempo di percorrenza per raggiungere il reparto come ore di lavoro. Per fortuna la Cassazione ha respinto questa interpretazione e ha giustamente detto che comunque una interpretazione diversa sindacale deve essere "destinata a cedere".
Ma questo mostra ancora una volta tutta la bastardità dei sindacati confederali che sono peggio dei giudici, e i loro contratti sono peggiorativi delle stesse leggi (che non sono certo normalmente a favore dei lavoratori). E su questo l'Ilva di Taranto insegna abbondantemente. A dimostrazione che i sindacati confederali, per servire i padroni, non servono neanche a difendere ciò che è scontato, ciò che è previsto dalla legge, ma servono solo a peggiorare la situazione (ndr).
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