Una situazione delicata sucui nessuno, com’è evidente,
si sente di esprimersi, sperando che i giorni trascorrano e che la paura del
sequestro si allontani. Non è questa, però, l’unica preoccupazione. La
Sanac, infatti, lavora quasi all’80 per cento per un indotto interno,
producendo cioè mattoni refrattari per i forni Ilva. Se la produzione si
bloccasse in modo completo e si giungesse a una paralisi, gli effetti
sarebbero rovinosi anche per Vado. Sono sempre gli operai a parlare di due
commesse estere
importanti, una turca e una algerina, che tuttavia trainerebbero l’azienda sino a fine anno. Gli esuberi successivi sarebbero inevitabili e soprattutto pesantissimi.
Lo sanno bene i lavoratori che hanno poca voglia di parlare, ma tanta amarezza. C’è chi, come Giuseppe Albanese, è ancora dipendente dell’Ilva di Genova, ma è stato mandato a lavorare alla Sanac di Vado e trema per il futuro. «Sono stanco – dice – di vivere nell’incertezza. Dal 1989 lavoro all’Ilva di Genova, poi mi hanno inviato in modo forzato qui dal 2000. Come andrà a finire non si sa. Siamo tutti molto arrabbiati e stufi». «Nel Vadese ha chiuso quasi tutto – commenta Fabio Desiglioli, Rsu Cgil. – Non lo nego: ieri, quando ho sentito la notizia, ero terrorizzato, sono qui da ventisette anni. Oggi aspetto: misembra di capire che siano nell’occhio del ciclone i reparti elettrici, non noi. La dirigenza non dice nulla. Attendiamo l’evolversi dei fatti cercando di mantenere la calma».
Stessi concetti ribaditi da Marco Giavina, Femca Cisl. «Le uniche informazioni le apprendiamo dai giornali– dice. – Non gioverebbe a nessuno porre sotto sequestro questa azienda: il lavoro qui non manca. E la preoccupazione non c’è da oggi, ma da parecchi mesi. Ci abbiamo fatto il callo».
C’è anche chi non nasconde un forte disagio per la scarsa informazione dalla dirigenza.
«La sensazione – dice Giuseppe Fasino – è che cerchino di convincerci che le comunicazioni dall’Ilva arrivano giorno per giorno e che quindi non ci è dato né di sapere né di chiedere di più. Non è possibile. La dirigenza tace e i sindacati latitano. Sappiamo, ad esempio, che l’Rsu ha chiesto un incontro ai capi già la scorsa settimana, ma non c’è stataalcuna risposta». Tante le voci di corridoio. «Sembra anche che proprio ieri ci sia stato un incontro tra i dirigenti nazionali del gruppo Sanac – continua Fasino – ma nemmeno di questo siamo stati informati. Lacrisi si inizia a sentire. Ad agosto abbiamo dovuto prendere ferie forzate, ma chi andrà sotto, pare che non se le vedrà pagare».
importanti, una turca e una algerina, che tuttavia trainerebbero l’azienda sino a fine anno. Gli esuberi successivi sarebbero inevitabili e soprattutto pesantissimi.
Lo sanno bene i lavoratori che hanno poca voglia di parlare, ma tanta amarezza. C’è chi, come Giuseppe Albanese, è ancora dipendente dell’Ilva di Genova, ma è stato mandato a lavorare alla Sanac di Vado e trema per il futuro. «Sono stanco – dice – di vivere nell’incertezza. Dal 1989 lavoro all’Ilva di Genova, poi mi hanno inviato in modo forzato qui dal 2000. Come andrà a finire non si sa. Siamo tutti molto arrabbiati e stufi». «Nel Vadese ha chiuso quasi tutto – commenta Fabio Desiglioli, Rsu Cgil. – Non lo nego: ieri, quando ho sentito la notizia, ero terrorizzato, sono qui da ventisette anni. Oggi aspetto: misembra di capire che siano nell’occhio del ciclone i reparti elettrici, non noi. La dirigenza non dice nulla. Attendiamo l’evolversi dei fatti cercando di mantenere la calma».
Stessi concetti ribaditi da Marco Giavina, Femca Cisl. «Le uniche informazioni le apprendiamo dai giornali– dice. – Non gioverebbe a nessuno porre sotto sequestro questa azienda: il lavoro qui non manca. E la preoccupazione non c’è da oggi, ma da parecchi mesi. Ci abbiamo fatto il callo».
C’è anche chi non nasconde un forte disagio per la scarsa informazione dalla dirigenza.
«La sensazione – dice Giuseppe Fasino – è che cerchino di convincerci che le comunicazioni dall’Ilva arrivano giorno per giorno e che quindi non ci è dato né di sapere né di chiedere di più. Non è possibile. La dirigenza tace e i sindacati latitano. Sappiamo, ad esempio, che l’Rsu ha chiesto un incontro ai capi già la scorsa settimana, ma non c’è stataalcuna risposta». Tante le voci di corridoio. «Sembra anche che proprio ieri ci sia stato un incontro tra i dirigenti nazionali del gruppo Sanac – continua Fasino – ma nemmeno di questo siamo stati informati. Lacrisi si inizia a sentire. Ad agosto abbiamo dovuto prendere ferie forzate, ma chi andrà sotto, pare che non se le vedrà pagare».
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