L'incontro con Bondi delle organizzazioni sindacali si è concluso, come abbiamo già scritto,
in maniera interlocutoria e senza risultati. Tra i sindacati appaiono
però sfumature di differenza.
La Uilm è costretta a dichiarare che
Bondi non ha rassicurato assolutamente sulla conservazione
dell'attuale assetto occupazionale, ma la conseguenza che ne trae è
quella che l'Ilva debba essere aiutata a recuperare segmenti di
mercato, come quello automobilistico. Quindi, in realtà, questo
sindacato chiama i lavoratori a sostenere Bondi nelle richieste verso
il governo e a condizionare alla ripresa del mercato il mantenimento
effettivo degli assetti occupazionali.
Anche la Fiom esprime le sue riserve ma
le traduce in una serie di richieste, anch'esse di taglio
collaborativo-aziendalista, come quella di istituire al più presto e
in trasparenza l'Albo delle imprese d'appalto e dei fornitori, così
come la solita solfa,presente in altre vertenze lavorative, che
domanda all'Ilva di innovare sui prodotti per conquistare nuove quote
di mercato.
Non saremo quindi di fronte ad uno
stabilimento in crisi che va risanato innanzitutto con una serie di
misure straordinarie che ne permettano la salvaguardia del lavoro, ma
ad un impresa che addirittura non solo deve continuare la produzione
ma la deve anche innovare.
Richieste illusorie, favolistiche per
eludere i problemi reali di strenua difesa dei lavoratori e delle
condizioni di lavoro, a fronte di un periodo che vedrà
inevitabilmente ristrutturazione e tagli.
Ma la Fiom all'Ilva è sempre stata una
ruota di scorta di Fim e Uilm e anche in questa occasione si uniforma
tutti gli altri agli orientamenti e ai tempi stabiliti da padroni e
governo: piano industriale a novembre, nomina dei tre esperti del
Ministero dell'ambiente, reperimento delle risorse finanziarie, ecc.
ecc.
Gli operai Ilva in nessuna maniera
possono fare affidamento su questi sindacati se vogliono realmente
incidere e difendere lavoro, condizioni di lavoro, salute e diritti.
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