sabato 6 giugno 2015

TCT - una fine annunciata e causata da padroni, governo, Enti locali, Autorità portuale e la mafia sindacale cgil-cisl-uil- ugl. Lo avevamo detto oltre 2 ANNI FA, ABBIAMO CERCATO DI SCONGIURARLO ORGANIZZANDO PER LA LOTTA I LAVORATORI - MA I LAVORATORI NON HANNO AVUTO DIGNITA' E CORAGGIO... E ORA LE CONSEGUENZE SI VEDONO

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Taranto, prende quota la liquidazione di Tct
di Alessandra Flavetta

ROMA - Cercare nuove compagnie di navigazione che abbiano «un reale interesse a investire sul porto di Taranto» perché i ritardi nei lavori di infrastrutturazione dello scalo posti dalla società Taranto container terminal come motivo per azzerare la movimentazione dei container «sono solo un pretesto, visto che l’azienda non ha mai avviato gli investimenti posti a suo carico e non ha mai presentato un piano industriale».Con queste parole le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil puntano il dito contro le inadempienze di Tct - che gestisce come concessionaria unica per 60 anni il terminal container - nel corso del summit interministeriale che Palazzo Chigi ha convocato ieri sera per rispondere al dubbio amletico sul possibile disimpegno del terminalista del porto di Taranto.

Per i rappresentanti dei lavoratori, quindi, a pagare le spese delle divergenze tra gli azionisti sugli assetti societari della spa - costituta da Hutchison al 50% (Hong Kong), Evergreen Marine Corporation al 40% (Taiwan) e Gsi Logistics al 10% (Maneschi-Italia) - sono non solo i 540 dipendenti diretti di Tct, la cui cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione complessa, giunta al terzo anno, è scaduta il 28 maggio scorso, lasciando in ferie forzate gli addetti, ma tutto l’indotto del transhipment.

Dopo il gioco a rimpallo di Tct tra il cda e l’assemblea dei soci - con il consiglio di amministrazione che si dovrebbe riunire il 12 giugno prossimo per dare una risposta definitiva sul preaccordo per lo sviluppo dello scalo jonico proposto dal Governo l’11 maggio scorso - la presidenza del Consiglio non si voleva far trovare impreparata. Ecco perché, oltre al ministro dei Trasporti Graziano Delrio, al sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, al presidente dell’Autorità portuale di Taranto Sergio Prete e al sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, il sottosegretario Claudio De Vincenti questa volta ha chiamato a raccolta anche il ministero dello Sviluppo Economico e i sindacati nazionali e locali nell’elaborazione delle possibili soluzioni all’abbandono del terminalista. Per il 17 giugno De Vincenti ha già indetto un nuovo vertice.

A quel punto si avrà certezza sul temuto disimpegno della Taranto Terminal Container, che sembra voglia mettere in liquidità la società di gestione, e in quel caso la concessione verrebbe ritirata e tornerebbe al Governo, ma pagando pegno. Il terminalista, infatti, ha goduto degli ultimi 12 mesi di cassa solo a fronte degli investimenti di parte privata programmati per le gru del molo polisettoriale (circa 8 milioni di euro dei 500 milioni complessivi di investimenti previsti per il porto). Senza contare che il contratto di concessione prevede che Tct attragga altre compagnie nel porto, mentre invece perfino Evergreen, socia del terminalista, ha trasferito quattro linee di navigazione oceaniche e feeder da Taranto al Pireo.

Ecco perchè il Governo non esclude azioni di rivalsa verso Tct: «Non si possono regalare soldi pubblici» avrebbe detto il sottosegretario Bellanova, che comunque ha garantito l’impegno sugli ammortizzatori sociali. L’ipotesi è quella di mettere in una breve mobilità di poco più di due mesi il personale di Tct. Un tempo da utilizzare per trovare azionisti che subentrino nella gestione del terminal container di Taranto. Se l’esecutivo è pessimista, il sindaco Stefàno si consola con la determinazione del Governo a proseguire nella tutela dei lavoratori e nell’azione di sviluppo dello scalo e non esclude sorprese nella trattativa: «Attendiamo pazientemente le decisioni di Tct, ma se la società continua a pagare i lavoratori - dice il sindaco - vuole dire che anche gli azionisti nutrono ancora la speranza di pervenire ad un piano aziendale».

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