Dopo l’incontro dello scorso 19 settembre, oggi a Bari, presso gli uffici della Regione Puglia, si è svolto un nuovo vertice tra i sindacati di categoria e i rappresentanti delll’azienda Cemitaly del gruppo Italcementi che ha rilevato l’ex Cementir del gruppo Caltagirone.
Secondo le notizie in nostro possesso, ed in attesa di conoscere i dettagli del verbale dell’incontro odeirno, le parti avrebbero sottoscritto un preaccordo per la proroga della cassa integrazione strarordinaria a zero ore per i 63 dipendendi dello stabilimento tarantino. Il nuovo accordo, così come i precedenti, prevede l’avvio dell’ammortizzatore sociale a partire dal mese di dicembre (mese in cui scade l’accordo dello scorso anno) sino al dicembre 2020. Ovviamente il preaccordo, così
come previsto dalla legge, dovrà essere ratificato al ministeo del Lavoro, in quanto come si ricorderà, la proroga rientra all’interno delle risorse economiche che ogni anno il governo destina alle aree di crisi industriale complessa, come quella di Taranto
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La cig a zero ore significa dipendenti del tutto inattivi: come si ricorderà infatti, il sequestro della loppa avvenuto due anni addietro ha di fatto bloccato ogni operazione. Indubbiamente, la novità odierna riguarda il fatto che i rappresentanti di Cemitaly hanno informato i rappresentanti sindacali e la Regione, dell’interlocuzione avviata con i vertici di ArcelorMittal Italia, sulla possibilità di riprendere la fornitura di loppa e quindi riavviare la produzione di cemento nel sito di Taranto. Ma di concreto per il momento non c’è nulla, anche perché poi bisognerebbe fare i conti con le esigenze produttive della Italcementi in termini di tonnellate di cemento da produrre: e non è detto che si riuscirebbe a riportare sul lavoro tutti e 63 i dipendenti.
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Altra novità odierna, che si collega alle vicende del cementificio tarantino, è che la Dda di Lecce ha chiesto il rinvio a giudizio di 18 persone, di cui 11 manager Enel e 7 della Cementir (ora Cemintaly) di Taranto e delle due stesse società per illecito amministrativo, nell’ambito dell’inchiesta sull’impiego di ceneri della centrale Enel di Cerano (Brindisi) per realizzare cemento.
Stralciate invece le posizioni dei vertici dell’ex Ilva inizialmente coinvolti nella vicenda: nel registro degli indagati comparivano infatti i tre ex commissari straordinari dell’Ilva Pietro Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carruba, l‘ex commissario Enrico Bondi, l’ex patron Nicola Riva e l’ex prefetto di Milano Bruno Ferrante. 
L’inchiesta scattata due anni fa portò al sequestro con facoltà d’uso, nel settembre 2017, dell’intera centrale, poi dissequestrata. Le contestazioni degli inquerenti sono di traffico di rifiuti e attività di gestione non autorizzata.
(leggi l’articolo https://www.corriereditaranto.it/2017/12/08/cementir-verso-un-anno-cigs-attesa-italcementi-la-loppa-dellilva-norma/)
Secondo l’accusa sostenuta dal pm Milto De Nozza, le ceneri andavano selezionate e solo in parte potevano essere utilizzate per produrre cemento. Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza hanno consentito alla Procura di ipotizzare attività non consentite di miscelazioni di rifiuti, compiute al fine di conseguire un ingiusto profitto, in termini di risparmio nelle scorie di produzione. Sarebbero quindi stati gestiti abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti derivanti dall’abbattimento dei fumi di combustione del processo produttivo della centrale Federico II, poi affidati a Cementir per la trasformazione. I fatti contestati sono avvenuti tra il 2011 e il 2017.
Nel corso dell’inchiesta è stato anche ritenuto necessario un incidente probatorio per effettuare una perizia che però certificò che le ceneri potevano essere utilizzate per la produzione di cemento.