Nella Formazione Operaia di oggi, abbiamo riportato ampi stralci dell'ultima parte de "la disfatta del giugno 1848", 1° cap. de "le lotte di classe in Francia", perchè Marx qui spiega e dimostra mirabilmente, chiaramente, semplicemente, facendo parlare i fatti della storia, come il proletariato, e il suo cuore, gli operai, dalle sanguinose, tragiche lezioni che vengono dalle sue illusioni di appoggiare una parte della borghesia per il proprio potere, traggano la parola d'ordine necessaria "Abbattimento della borghesia! Dittatura della classe operaia!", trasformando l'appoggio alla bandiera tricolore in impugnazione della loro bandiera rossa!
Marx continua in questo primo capitolo ad analizzare il perchè della sconfitta del proletariato, ma nello stesso tempo riafferma che dalle lezioni che venivano da questa sconfitta il proletariato poteva trarre le leve per la sua rivoluzione.
Marx mostra come anche nella dinamica militare era stato evidente il contrasto tra la borghesia e il proletariato: mentre la borghesia via via, tramite i buoni uffici della piccola borghesia, organizza le sue armate, il proletariato si trova ad avere nelle mani solo armate da esso composte ma da esso non dirette, in quella che diviene una guerra civile.
E qui la chiave della propria sconfitta politica, militare e sociale; ma qui, ci insegna Marx, è la chiave della vittoria, perché gli eventi avevano dimostrato quanto grande era la sua forza dispiegata e quanto necessario fosse liberarsi delle illusioni - che noi chiameremmo interclassiste – e quanto possibile fosse per la classe lottare per sé, per il proprio potere e quindi fare la propria rivoluzione.
Nelle precedenti Formazioni operaie abbiamo lasciato il proletariato a chiedere un proprio "Ministero del lavoro" e, per tutta risposta, il governo provvisorio a nominare "una commissione speciale permanente incaricata di trovare i mezzi per il miglioramento delle classi lavoratrici!... ma che non aveva a disposizione nessun bilancio, nessun potere esecutivo. Quindi, "un ministero proletario del
lavoro non poteva non essere che un ministero dell'impotenza, un ministero dei pii desideri".
"Nell'idea dei proletari, dunque, i quali scambiavano l'aristocrazia finanziaria con la borghesia in generale; nell'immaginazione dei valentuomini repubblicani, i quali negavano l'esistenza stessa delle classi o tutt'al più l'ammettevano come conseguenza della monarchia costituzionale; nelle frasi ipocrite delle frazioni borghesi fino allora escluse dal potere, il dominio della borghesia era stato soppresso con la proclamazione della repubblica. Tutti i monarchici si trasformarono in repubblicani e tutti i milionari di Parigi in operai"
Questo fu il modo per affermare che non vi erano più differenze di classe, che borghesi e operai erano uguali, fraterni. "La frase che corrisponde a questa pretesa eliminazione dei rapporti di classe - scrive Marx - fu la fraternité l'affratellamento e la fratellanza universali. Questa idillica astrazione dai contrasti di classe, questo livellamento sentimentale degli interessi di classe contraddittori, questo immaginario elevarsi al di sopra della lotta di classe - la fraternité - ecco quale fu la vera parola d'ordine della rivoluzione di febbraio. Ciò che divideva le classi era un semplice malinteso...".
"Il governo provvisorio, dal canto suo, una volta costretto a proclamare la repubblica, fece di tutto per renderla accetta alla borghesia e alle province. I sanguinosi orrori della prima repubblica francese vennero rinnegati abolendo la pena di morte per i delitti politici (ricordate nel 1946 l'amnistia per i fascisti di Togliatti, allora Ministro di Grazia e Giustizia?); si dette libertà di stampa a tutte le opinioni; l'esercito, i tribunali, l'amministrazione rimasero, salvo poche eccezioni, nelle mani dei loro vecchi funzionari; nessuno dei grandi colpevoli della monarchia di luglio fu chiamato a render conto... Alle classi privilegiate all'interno, alle potenze dispotiche all'estero, venne annunciato solamente che la repubblica era di natura pacifica. Vivere e lasciar vivere era la sua insegna...
Il proletariato parigino, che riconosceva nella repubblica la propria creatura, applaudiva naturalmente ogni atto del governo provvisorio che permettesse a questo di migliorare la sua posizione nella società borghese. Esso si lasciò volontariamente adoperare da Caussidière in servizi di polizia per difendere la proprietà a Parigi, così come lasciò arbitrare da Louis Blanc i conflitti salariali tra operai e padroni. Il suo punto d'onore consisteva nel mantenere intatto agli occhi dell'Europa l'onore borghese della repubblica.
La repubblica non trovò nessuna resistenza, né all'estero né all'interno. Con ciò essa fu disarmata. Il suo compito non consistette più nella trasformazione rivoluzionarla del mondo, ma soltanto nell'adattarsi alle condizioni della società borghese...".
Che significò questo per il proletariato?
"Per allontanare anche il sospetto che non volesse o non potesse adempiere agli obblighi ereditati dalla monarchia, per dar credito alla morale e alla solvibilità borghesi della repubblica, il governo prima del termine legale di pagamento sborsò al creditori dello Stato gli interessi del 5 per cento, del 4 e mezzo e del 4 per cento... Naturalmente le difficoltà pecuniarie del governo provvisorio non furono per nulla diminuite da un colpo di scena che gli sottraeva il denaro contante disponibile. Il disagio finanziario non poté più a lungo essere dissimulato, e piccoli borghesi, domestici, operai, dovettero pagare la gradita sorpresa offerta ai creditori dello Stato...
...il governo provvisorio si piegava sotto l'incubo di un crescente disavanzo. Invano andava mendicando sacrifici patriottici. Solo gli operai gli gettavano la loro elemosina. Si dovette ricorrere ad un mezzo eroico, all'introduzione di una nuova imposta. Ma su chi farla cadere?... Chi venne sacrificato al credito borghese? la classe dei contadini... cioè la grande maggioranza del popolo francese. Essi dovettero pagare le spese della rivoluzione di febbraio e da essi la controrivoluzione trasse le sue forze principali".
"...le concessioni al proletariato, e le promesse fattegli, diventarono altrettante catene che dovevano essere spezzate. L'emancipazione degli operai - anche solo come frase - divenne per la nuova repubblica un pericolo insopportabile perché era una protesta permanente contro la restaurazione del credito, la quale poggia sul riconoscimento indisturbato e incontestato dei rapporti economici di classe esistenti. Si doveva dunque farla finita con gli operai.
Come, con quali forze? E qui entra anche in gioco il sottoproletariato, che come nella nostra storia moderna - pensate al nazismo - è servito per schiacciare le forze del proletariato, per farne un cancro interno.
"La rivoluzione di febbraio - scrive Marx - aveva cacciato l'esercito da Parigi. La guardia nazionale, cioè la borghesia nelle sue diverse gradazioni, era l'unica forza armata. Essa non si sentiva però abbastanza forte per misurarsi da sola col proletariato. Inoltre era stata costretta... ad aprire a poco a poco e in parte le sue file, e a lasciarvi entrare dei proletari armati. Non rimaneva dunque che una via d'uscita: opporre una parte dei proletari all'altra. A questo scopo il governo provvisorio formò 24 battaglioni di guardie mobili, ciascuno di 1.000 uomini dai 15 ai 20 anni. Essi appartenevano per la maggior parte al sottoproletariato... In questo modo il proletariato di Parigi trovò davanti a sé un esercito, tratto dal suo seno, di 24.000 giovani forti, audaci, e prepotenti. Quando la guardia mobile sfilò per Parigi, l'accolse con degli evviva. In essa riconosceva i suoi combattenti d'avanguardia sulle barricate, e la considerava come la guardia proletaria in opposizione alla guardia nazionale borghese. Il suo errore era perdonabile..."
La Repubblica imposta dalla lotta del proletariato, doveva ora schiacciare le illusioni del proletariato
"Dal 4 maggio, non dal 25 febbraio, data la repubblica, vale a dire la repubblica riconosciuta dal popolo francese; non era più la repubblica che il proletariato parigino aveva imposto al governo provvisorio, non era più la repubblica accompagnata da istituzioni sociali; non era più l'immagine di sogno balenata davanti agli occhi dei combattenti delle barricate. La repubblica proclamata dall'Assemblea nazionale, la sola legittima, non era un'arma rivoluzionaria contro l'ordine borghese, ma piuttosto la ricostruzione politica di questo, la restaurazione politica della società borghese, in una parola, era la repubblica borghese".
"...noi abbiamo veduto come la repubblica di febbraio in realtà non fosse e non potesse esser altro che una repubblica borghese; ma come il governo provvisorio, sotto la pressione diretta del proletariato, fosse stato costretto ad annunciarla come una repubblica accompagnata da istituzioni sociali; come il proletariato fosse ancora incapace di superare la repubblica borghese altrimenti che nell'idea, nell'immaginazione... come le promesse fattegli diventassero per la nuova repubblica un pericolo insopportabile; come tutto il processo della vita del governo provvisorio si riassumesse in una lotta continua contro le rivendicazioni del proletariato.
Nell'Assemblea nazionale, tutta la Francia sedette a giudice del proletariato parigino. L'Assemblea ruppe subito con le illusioni sociali della rivoluzione di febbraio; essa proclamò chiaro e tondo la repubblica borghese, niente altro che la repubblica borghese, escluse immediatamente dalla commissione esecutiva da lei nominata i rappresentanti del proletariato, Louis Blanc e Albert; respinse la proposta di uno speciale ministero del lavoro, accolse con applausi rumorosi la dichiarazione del ministro Trélat: "Ormai si tratta soltanto di ricondurre il lavoro alle sue condizioni di prima"... La borghesia doveva respingere le rivendicazioni del proletariato con le armi alla mano. E la vera culla della repubblica borghese non è la vittoria di febbraio ma la disfatta di giugno...
Agli operai non rimase altra alternativa - dice Marx - o morir di fame o scendere in campo.
"...Essi risposero il 22 giugno con la terribile insurrezione in cui venne combattuta la prima grande battaglia tra le due classi in cui è divisa la società moderna. Fu una lotta per la conservazione o per la distruzione dell'ordine borghese. Il velo che avvolgeva la repubblica fu lacerato.
È noto con che valore e genialità senza esempio gli operai, senza capi, senza un piano comune, senza mezzi, per la maggior parte senza armi, tennero in scacco per cinque giorni l'esercito, la guardia mobile, la guardia nazionale di Parigi e la guardia nazionale accorsa dalle province. È noto come la borghesia si rifacesse con brutalità inaudita del pericolo corso, massacrando più di tremila prigionieri...
L'impressione immediata che fece su di noi la notizia della sconfitta di giugno, ci permetta il lettore di riferirla con le parole della "Neue Rheinische Zeitung":
"L'ultimo residuo ufficiale della rivoluzione di febbraio, la commissione esecutiva, è svanito davanti alla gravità degli avvenimenti come un fantasma di nebbia. I fuochi artificiali di Lamartine si sono trasformati nelle bombe incendiarie di Cavaignac. La fraternité, la fratellanza delle classi opposte, di cui l'una sfrutta l'altra, questa fraternité, proclamata in febbraio, scritta a grosse lettere sulla fronte di Parigi, su ogni carcere, su ogni caserma, ha la sua espressione vera, genuina, prosaica, nella guerra civile: nella guerra civile nel suo aspetto più terribile, nella guerra tra il lavoro e il capitale. Questa fratellanza fiammeggiava da tutte le finestre di Parigi la sera del 25 giugno, quando la Parigi della borghesia si illuminava, mentre la Parigi del proletariato era in fiamme, grondava sangue e gemeva. La fratellanza era durata precisamente fino a tanto che l'interesse della borghesia era affratellato all'interesse del proletariato. Pedanti della vecchia tradizione rivoluzionaria del 1793; dottrinari socialisti che chiedevano alla borghesia l'elemosina per il popolo e a cui era stato permesso di tenere lunghe prediche e di compromettersi fino a tanto che era stato necessario venisse addormentato il leone proletario; repubblicani che volevano tutto il vecchio ordine borghese, ad eccezione della sola testa del re; oppositori dinastici ai quali il caso aveva messo tra i piedi la caduta di una dinastia invece di un cambiamento di ministero; legittimisti che non intendevano gettare la livrea, ma modificarne il taglio: questi erano gli alleati coi quali il popolo aveva fatto il suo febbraio... La rivoluzione di febbraio era stata la bella rivoluzione, la rivoluzione della simpatia generale, perché gli antagonismi che erano scoppiati in essa contro la monarchia, sonnecchiavano tranquilli l'uno accanto all'altro, non ancora sviluppati; perché la lotta sociale che formava il loro sostrato aveva soltanto raggiunto una esistenza vaporosa, l'esistenza della frase, della parola. La rivoluzione di giugno è la rivoluzione brutta, la rivoluzione repugnante, perché al posto della frase è subentrata la cosa, perché la repubblica stessa ha svelato la testa del mostro, abbattendo la corona che la proteggeva e la copriva. Ordine! - era stato il grido di battaglia di Guizot. Ordine! - aveva gridato Sébastiani, il Guizot in sedicesimo, quando Varsavia era diventata russa. Ordine! - gridava Cavaignac, eco brutale dell'Assemblea nazionale francese e della borghesia repubblicana. Ordine! - tuonavano le sue granate, mentre laceravano il corpo del proletariato. Nessuna delle numerose rivoluzioni della borghesia francese a partire dal 1789 era stata un attentato contro l'ordine, perché tutte avevano lasciato sussistere il dominio della classe, la schiavitù degli operai, l'ordine borghese, benché spesso fosse cambiata la forma politica di questo dominio e di questa schiavitù. Giugno ha intaccato questo ordine. Maledetto sia giugno!" ("Neue Rheinische Zeitung", 29 giugno 1848)..."
La tragica ma necessaria lezione per il proletariato, fatta nel suo sangue:
"...solo la sua sconfitta lo convinse della verità che il più insignificante miglioramento della sua situazione è un'utopia dentro la repubblica borghese, un'utopia che diventa delitto non appena vuole attuarsi. Al posto delle sue rivendicazioni, esagerate nella forma, nel contenuto meschine e persino ancora borghesi, e che esso voleva strappare come concessioni alla repubblica di febbraio, subentrò l'ardita parola di lotta rivoluzionaria:
Abbattimento della borghesia! Dittatura della classe operaia!...
Ma, conclude Marx in questo magistrale capitolo: "Solo con la disfatta di giugno dunque sono state create le condizioni entro le quali la Francia può prendere l'iniziativa della rivoluzione europea. Solo immergendosi nel sangue degli insorti di giugno il tricolore è diventato la bandiera della rivoluzione europea: la bandiera rossa!
E il nostro grido è: La rivoluzione è morta! Viva la rivoluzione!"
(CONTINUA)
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