Da queste testimonianze - di cui pubblichiamo stralci - vengono fuori alcune questioni chiare:
- I lavoratori in Ilva non hanno mai cessato di ribellarsi, di denunciare, di lottare quando è stato possibile, sulle condizioni di sicurezza e sulla salute; anzi sono stati i primi a protestare, pagando pesantemente di persona. Questo smentisce le false vulgate diffuse da certi ambientalisti, ma anche cittadini ottusi;
- In Ilva mancava e manca il sindacato, anche una minima attività che si possa chiamare sindacale. I lavoratori che protestano, che rivendicano il diritto alla sicurezza, alla salute, a non essere attaccati, offesi dai capi, dai dirigenti, sono soli. I lavoratori ci mettono la faccia, il sindacato nasconde la sua faccia ed è parte della situazione di costante illegalità che si vive all'Ilva;
- Il sindacato, quindi, è pienamente corresponsabile degli infortuni, della condizione costante di rischio con cui gli operai devono lavorare all'Ilva, delle morti in fabbrica, delle azioni di mobbing che colpiscono i lavoratori.
TESTIMONIANZA del 26 gennaio GIUSEPPE MEO – Tecnico, IMA1 secondo sporgente.
PUBBLICO MINISTERO - A proposito dell’evento della tromba d’aria, lei sa o ricorda quando le gru ripresero l’attività di discarica?
G. MEO - No, perché venni mandato via da quel reparto, dall’oggi al domani, senza nessuna spiegazione da parte dell’Ilva.
P.M. – Lei ha detto che i suoi capi non la volevano più giù a IMA. Perché dava fastidio e a fine novembre aveva detto ai gruisti che non dovevano recarsi sopra le gru.
MEO - Dopo il tornado si dovevano spostare degli scaricatori al secondo sporgente, io mi rifiutai
perché dissi: “No, dopo il tornado sarebbe bene valutare adesso questa situazione”. Ma l’ingegnere Colucci disse: “Se i gruisti adesso cominciano con questa paura di andare sugli scaricatori, sarò costretto a mettere delle ditte esterne e mandarli tutti a casa”. Il lunedì 3 dicembre il dottor Dinoi mi manda un sms dicendomi questo: “Statti a casa perché tu mi crei solo problemi, anziché aiutarmi sei per me una specie di intoppo”... Viene l’ingegner Colucci, mi porta nel suo ufficio, e mi dice: “L’azienda ha paura ancora tu esci documentazione fuori di qua (danni nave, formulario rifiuti, perché io conoscevo tutta la documentazione, tutto l’archivio, tante cose dell’Ilva). E quindi sarai
spostato in un nuovo reparto. Inoltre hai fomentato i gruisti a non salire sulle gru (perché dissi ai gruisti di non salire dopo il tornado) e per produzione non avrai nemmeno il premio di fine anno. Te ne vai a casa e ci sentiamo dopo le feste, così ti dirò il tuo nuovo reparto qual è”. Al rientro sul posto di lavoro dopo le feste non mi fanno accedere nell’ufficio, mi facevano stare giù in mensa ad aspettare nuove disposizioni. Vengo poi collocato all'Ufficio programmazione, dietro ad una scrivania priva di strumenti... Io stavo male, avevo cominciato anche la cura presso il CIM, psicofarmaci, perché ero stato svuotato dalle mie mansioni...
P.M. - qui stiamo parlando di una produzione dell’Ilva S.p.a. portata ai massimi regimi, a discapito dell’aspetto ambientale. Il teste dimostra chiaramente che tutti quanti gli operai o funzionari che erano contrari a questo tipo di attività a favore di aspetti sanitari e ambientali venivano messi da parte.
MEO - Il reparto IMA1, con la venuta del signor Rebaioli e dell’ingegner Andelmi, era diventato un reparto veramente che non si poteva più lavorare, non c’era più serenità. Il caporeparto Manzulli era anche scomodo per il signor Rebaioli, perché Manzulli cercava di far rispettare la discarica nelle norme con l’impatto ambientale, era un problema, tanto è vero che Manzulli, verso settembre del 2010, venne fatto fuori... L’intento del signor Rebaioli e dell’ingegner Andelmi non era mettere una figura di un responsabile che conosceva gli impianti, che doveva far rispettare delle leggi. No, era soltanto una figura che doveva sottostare alle loro regole... Il suo modo di approcciarsi a noi era sempre gridare, addirittura utilizzava termini tipo “Vai a massacrare le persone per farle lavorare”, “dobbiamo marciare, dobbiamo marciare, dobbiamo produrre” perche´ il loro obiettivo era produrre.
Quando c'era vento si doveva rimanere sempre sulla gru, non si doveva scendere, perchè quando il vento poi si abbassava noi gia` dovevamo essere pronti per poter proseguire con la discarica; non si scendeva perche´ salire su una gru alta 40 metri, 50 metri ci vuole anche del tempo, quindi scendere ogni volta e poi risalire erano anche tempi che l’azienda andava a perdere...
Una volta che mi ribellai di far salire operai su gru non collaudate, l’Ingegnere si arrabbio` e disse: “Io a questo punto mando tutti quanti a casa, chiamo le ditte esterne, vediamo questi gruisti che adesso hanno paura di salire sulle macchine che fanno...” ed il lunedi` mattina mi arriva un messaggio sul telefonino che diceva: “Statti a casa, tu mi crei solo problemi, hai fomentato i gruisti a non salire sulle gru, quando avremo bisogno di te ti chiameremo, tu mi crei solo problemi” e mi arriva la lettera di cassa integrazione...
Quel giorno volevo fermare la discarica per motivi di sicurezza – sta scritto anche con tanto di cartelli sugli impianti: “non bisogna bypassare nessun dispositivo di emergenza”, allora io come tecnico responsabile di sicurezza non potevo permettere di far scaricare una nave con le emergenze bypassate, perché se qualcuno si va ad avvicinare ad un nastro con le emergenze bypassate le persone muoiono, vengono trascinate da questi nastri trasportatori.
Ma l'ingegnere mi disse: “ho saputo che tu crei sempre problemi perché non vuoi che queste emergenze siano bypassate”; poi naturalmente io venni proprio non calcolato e proseguirono la discarica.
Le pulizie di via di corse e sottobancali venivano fatte con tutto il nastro in marcia, cosa che era pericolosissima, ciò nonostante la pratica operativa prevedeva che con i nastri in marcia non si potevano effettuare pulizie sottobancali, non si poteva proprio avvicinare con i nastri in marcia l’operatore, figuriamoci con le emergenze bypassate.
Si giustificavano disposizioni di questo tipo perché dovevano scaricare la nave, dovevano produrre, altrimenti si pagavano controstallie, si perdeva la produzione, ed una nave potrebbe costare anche, all’epoca 50-60.000 euro in più al giorno
Il 10 agosto 2012, una benna di fossile perdeva materiale e naturalmente andava sostituita, ma Rebaioli venne giù al porto e disse: “No, non dobbiamo cambiare, continuiamo”...
Le motospazzatrici sono quei macchinari che passavano sulla banchina, raccoglievano tutte le polveri che stavano, quando si riempiva il camion veniva svuotato, faceva un cumulo, arrivava la benna, lo metteva dentro la tramoggia che andava a finire poi sul nastro trasportatore ed andava a finire sopra ai parchi. Veniva chiamato materiale mix, perché là c’era di tutto: fossile, minerale, loppa, tutto quello che raccoglieva per la strada, quando invece doveva essere trasportato su un rifiuto particolare. La procedura da seguire non veniva fatta. C’era nel secondo sporgente una vasca di raccolta acqua nella banchina dove andavano a finire le acque reflue quando pioveva, però molte volte tra minerale e fossile che si formava non riusciva a contenere tutta l’acqua piovana e quindi andava a finire, nelle banchine. Un impianto che veniva chiamato il trattamento acque non è mai stato messo in funzione. Sapevo che venivano fatte di notte queste operazioni, perché nessuno doveva vedere. L'acqua veniva buttata poi al secondo ponente, che non era cementato, c’era terra, terriccio, quindi l’acqua bene o male andava sotto. Veniva anche l’Arpa molte volte, che vedeva quest’acqua che andava a finire nel mare o attraverso le fessure.
Mi ricordo che a ponente c’erano i cumuli di ghisa o di bricchette e l'acqua veniva buttata proprio su questo cumulo di ghisa e bricchette che stavano stoccate a secondo ponente. Si vedeva quando l’autospurgo toglieva il tappo e usciva quest’acqua nera che andava a finire sul cumulo delle bricchette e della ghisa...
Si lavorava sempre con l’ansia, con la paura... era qualcosa veramente di brutto, di brutto proprio...
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