Le "sardine" sono un movimento di un'area vasta e composita della piccola borghesia, con base essenzialmente universitaria, che ha richiamato in piazza, come Roma ha mostrato, anche molte persone di sinistra di media età e anche anzianE.
Le “sardine” sono sorte a Bologna per contrapporsi alla presenza di Salvini, noi abbiamo pensato: bene! Salvini, la Lega non trova più il terreno sgombero... dalla polizia; e questa volta a protestare non ci sono solo i movimenti di lotta, i centri sociali più combattivi, ma la gente, i giovani comuni che con la loro grossa presenza rompono il clima, l’humus di destra alimentato da mass media e polizia secondo cui le proteste anti Salvini dei movimenti erano quasi scontate mentre la popolazione nella sua maggioranza o era con la politica della mano dura (soprattutto contro i migranti) o se ne stava in silenzio, salvo poi dare i voti alla Lega; questa volta invece i mass media a Bologna sono stati costretti a mostrare l’altra faccia della realtà: che anche la gente comune non vuole Salvini. Tutto questo potrebbe influire a mettere uno stop, anche a livello delle elezioni in Emilia Romagna, alle vittorie elettorali della Lega che Salvini usa (e userebbe soprattutto con una vittoria in questa regione) per tornare con forza a pretendere “elezioni subito” - 'pieni poteri' ecc.
La mobilitazione delle "sardine", quindi, è stata controcorrente rispetto al luogo comune di una maggioranza della gente “razzista”. Meglio un clima giovanile e popolare antirazzista, antifascista, di sinistra generica, che il contrario. Che la piccola e media borghesia si schieri sull’antifascismo, antirazzismo, sul no al sovranismo e al populismo, sulla denuncia dell’attacco alla Costituzione, alla democrazia (sia pur borghese) del fascista Salvini, è una contraddizione nella piccola e media borghesia, e ogni contraddizione è sicuramente meglio di una uniformità reazionaria.
Ma la questione resta se questo movimento può diventare favorevole o contrapporsi all'azione dei movimenti antagonisti e alle lotte proletarie.
Il movimento di sardine rapidamente è cominciato ad essere una nuova “modalità di mobilitazione”, che piazza dopo piazza, fino a quella di Roma del 14 dicembre si è esteso in tutto il paese, anche se in diverse piazze e in diverse occasioni ha annacquato gli aspetti di contrapposizione a Salvini facendo prevalere gli aspetti di “proposta” a tutti i partiti e l'intenzione di: “arrivare a superare nelle piazze il
25% di consensi per poi andare a dialogare con chi ora sta al governo” - dichiarazione di uno dei portavoce.
E' decisamente sbagliata la posizione di coloro, nel campo anche della sinistra rivoluzionaria, che vogliono paragonare questo movimento alle grandi lotte, scioperi e manifestazioni in atto, come in America Latina e centrale, nei paesi del Medio Oriente, all'Iran, Iraq, Algeria ecc., in cui la prevalenza della protesta è nettamente delle masse proletarie, giovani, masse povere; così come non è neanche corretto un paragone con le lotte della Francia, dove, a differenza delle “sardine” in Italia, lo scontro è esplicitamente contro il governo, per la caduta di Macron, e in cui si intrecciano rivendicazioni economiche, sociali delle masse popolari con rivendicazioni politiche.
Nel movimento delle sardine attuale, invece, la mobilitazione di piazza (e non lotte, che finora non si intendono fare) non è contro il governo, ma per incitare governo, partiti a fare bene il loro lavoro, a parlare nel rispetto della gente e delle istituzioni che rappresentano “l'obiettivo – dice il rappresentante ufficiale del movimento, Sartori – è essere un corpo intermedio tra la politica e il mondo civico attivo. Noi cerchiamo di presentare alla politica le istanze di questo mondo in maniera aggregata”; come differente è la rivendicazione esplicita e discriminante di un “movimento non violento”.
Le rivendicazioni attuali delle sardine sono più di metodo, di rapporto corretto dei politici con le istituzioni e l'opinione pubblica che di contenuto, a parte la richiesta dell'abrogazione dei decreti sicurezza - peraltro questa non così netta, qualcuno anche degli organizzatori parla casomai di riscriverli..; richieste più frutto di una critica/denuncia “morale” che politica: “Uno: pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare. Due: chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solo nei canali istituzionali. Tre: pretendiamo trasparenza dell'uso che la politica fa dei social network. Quattro: pretendiamo che il mondo dell'informazione traduca questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti. Cinque: che la violenza venga esclusa dai toni della politica. E anzi che la violenza verbale venga equiparata alla violenza fisica. Sei: ripensare, anzi abrogare, il decreto sicurezza”.
Tali “proposte” vengono rivolte di fatto alla stessa 'classe politica' attuale. Di fatto, quindi, per ora questo movimento non ha alcuna intenzione di mettere in discussione queste Istituzioni, ma di migliorarle, di renderle effettivamente “democratiche”; per cui come se niente fosse, si mette insieme “Bella ciao” con l'”Inno di Mameli”. Una concezione di “democrazia” che in alcuni dei rappresentanti principali non si discosta tanto da quella di parte del PD - non è un mistero che il loro portavoce più conosciuto Sartori si è schierato per il sì al referendum costituzionale di Renzi.
Torna chiaramente, poi, la questione “niente bandiere”, per unire tutti coloro che si dichiarino antifascisti, antirazzisti, che vogliono la democrazia, ecc. Questo, però, come si è visto in altri movimenti, serve unicamente a porre tutti sullo stesso piano, a far entrare nel movimento “cani e porci”, i delusi dei partiti al governo di cui sono stati aderenti o corresponsabili fino al giorno prima, mascherati dietro la “non bandiera”, ma chiaramente riconoscibili (vedi esponenti del PD); salvo poi che intervistati sono soprattutto coloro che hanno stampato in faccia la loro “bandiera”; e salvo il fatto che le sardine hanno eccome la loro bandiera, i loro simboli, le loro parole d’ordine, i loro obiettivi, ecc; della serie “la democrazia è quella che decido io”. Come scrive un giornale, che certo rivoluzionario non è: si dissociano con sdegno dalle bandiere rosse e dalle azioni dei centri sociali, ma si compiacciono dei complimenti di Mario Monti e di Romano Prodi…
In generale per capire la natura di ogni tipo di movimento c’è il buon vecchio sistema: vedere chi sono i suoi nemici e chi sono invece gli amici. Il Pd (che sta al governo) lo sostiene, direttamente e indirettamente, certo ai fini della sua campagna elettorale per le regionali; le trasmissioni televisive offrono grandi spazi a un leader come Mattia Sartori (che non spaventa banchieri e industriali) ed è accarezzato da pressoché tutti i partiti in parlamento, tranne Lega e Fdi.
Di Maio dice che sono “bravissimi” e che “sarebbe bello lavorare insieme su ambiente, giustizia, diritti sociali, casa e aiuto alle persone in difficoltà”.
Qualcuno scrive: che questo movimento copre un vuoto. Si tratta però di quegli stessi intellettuali, opinionisti, di giornali di centro sinistra e anche lo stesso Manifesto che sono soliti dedicare al massimo dei brevissimi articoli, non pagine e pagine, alle lotte degli operai, operaie, contro le fabbriche che chiudono, contro gli attacchi al salario, ai diritti, lotte che pur ci sono.
La questione è sempre di classe, se il “vuoto” viene coperto dalla piccola borghesia, purchè, come alcuni suggeriscono sfondando una porta aperta, siano una “forza oppositiva (e propositiva - ndr) ai poteri dominanti e ai loro esponenti politici” e, in questo svolgere un ruolo strategico vitale per la democrazia del nostro Paese” (Bevilacqua su Il Manifesto), questo va bene.
Naturalmente è anche sciagurato fare un assolutamente improprio paragone col 68/69, tra il ruolo del movimento studentesco di allora e il ruolo del movimento delle sardine di oggi, stravolgendo il ruolo del movimento studentesco del 68 di innesco del movimento di scioperi e grandi lotte degli operai con il cuore nell'autunno caldo. Chi lo fa stralcia volutamente il fatto che l'elemento unificante nel 68/69 era il vento e la prospettiva rivoluzionaria e che il movimento studentesco di allora, che attraversava un processo di proletarizzazione, non cercava in maggioranza di egemonizzare il proletariato, di annacquare la lotta di classe, ma si poneva al servizio della classe operaia e delle sue straordinarie lotte. Oggi invece è la piccola borghesia in movimento che, soggettivamente o oggettivamente, vuole essere la classe (anzi, le “persone”) egemone, per un cambiamento/miglioramento all'interno di questo stesso sistema capitalista,e di questo sistema politico attuale e aborra sentir parlare di “classe”, di “rivoluzione”.
Gli esponenti delle sardine alle manifestazioni di piazza incitano il governo e i partiti al governo o in parlamento a fare bene il loro lavoro, parlano di rispetto della gente e delle istituzioni che sono tenute rappresentarle e presentano alla politica le istanze di questo mondo in maniera aggregata. Questo è cosa differente e alternativa ad affermare oggi la necessità di lotte di massa dei proletari e proletarie, delle masse impoverite e oppresse, dei giovani a cui è negato un futuro. Lotte che abbiano un carattere di ribellione. Lotte che esistono anche se sono ancora a “macchia di leopardo” e con discontinuità.
Dietro parole allettanti: libertà, comunicazione, partecipazione, ecc, ecc, in generale si nasconde la realtà del sistema economico e politico capitalista, si nasconde che i governanti, i partiti attuali non sono cattivi o malevoli, ma sono espressione inevitabile di questo sistema; “fare bene le cose” (per chi? Per quale classe?) è più o meno quello che già fanno e che devono e possono fare, e i metodi fascisti, antidemocratici sono conseguenza della esigenza della borghesia di scaricare la crisi sui lavoratori, i giovani, le donne, le masse e di impedire lotte vere che possano minare questo sistema.
MC
proletari comunisti
dicembre 2019
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