lunedì 23 dicembre 2019

La questione ArcelorMittal è di importanza nazionale e va affrontata come questione decisiva per tutta la classe operaia e da un punto di vista di classe

comunicato
diffuso anche all'assemblea di Torino del 6 dicembre.

Noi ci muoviamo da sempre per fare dell'Ilva – oggi ArcelorMittal - una questione nazionale, ci eravamo già mossi negli anni passati. Allora la questione centrale non era ancora il disastro ambientale, ma le morti sul lavoro. Perchè nessuno può dimenticare che l'Ilva prima che diventasse “famosa” per il disastro ambientale, era la fabbrica con il maggior numero di operai morti sul lavoro. Ed era un periodo in cui le morti sul lavoro riguardavano anche altre grandi realtà operaie del nostro paese, in primis la ThyssenKrupp. Per questo a suo tempo mettemmo su la Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro, facemmo una serie di iniziative abbastanza partecipate, facemmo una grossa manifestazione a Torino e poi una grossa manifestazione a Taranto.
Che dire poi del processo ‘ambiente svenduto’ che stiamo vivendo a Taranto, un processo infinito, con interrogatori che sono durati anche 15 udienze. In questo processo siamo organizzati con oltre 100 operai ilva appalto- lavoratori del cimitero e cittadini dei quartieri tamburi paolo sesto
Siamo i soli che lo seguono nonostante le parti civili siano tanti e ci avvaliamo dei 3 compagni
avvocati di torino che hanno seguito i processi eternit/thyssen ecc Bonetto/Vitale/Pellegrin
Alla fine da questo processo, avremo una condanna reale dei padroni assassini, avremo la messa a nudo di tutta la rete di complicità, avremo i risarcimenti per le parti civili, o avremo solo una catena di altri processi, dal primo al secondo grado, Cassazione, prescrizione?
 Nell'autunno caldo 69 e  negli anni 70 gli operai conquistarono l migliori condizioni di salute e sicurezza sul posto di lavoro, che erano anche peggiori di adesso, conquistarono organismi in fabbrica che sembravano un “contropotere” in azione, non accettavano che i padroni potessero fare i padroni in eterno, che nelle fabbriche si moriva e si veniva sfruttati. Quegli anni sono stati anni gloriosi, “celebrati” dall'avversario come anni del “terrorismo”, ma proprio in quegli anni gli operai hanno conquistato diritti e sembrava che potessero cambiare la società. 50 anni fa gli operai si ribellavano allo sfruttamento dei padroni e si ribellavano alle infame condizioni di insicurezza. Alcuni operai e medici costruirono proprio in quegli anni Medicina democratica. Le fabbriche furono radiografate nei minimi particolari e si riusciva ad analizzare tutte le possibilità che c'erano per ridurre i livelli di insicurezza, per tutelare la salute, per bloccare la pericolosità esterna delle fabbriche, perchè per i padroni, i costi per evitare inquinamento vengono considerati solo “costi” da ridurre o eliminare.
Noi non pensiamo che le fabbriche debbano provocare per forza morti, né in fabbrica né fuori, noi pensiamo che è possibile avere fabbriche in costante lotta contro le morti da lavoro e da sfruttamento
Anche a Taranto negli anni 70 fu prodotta una piattaforma dai lavoratori e dai sindacati che allora erano uniti che se la leggiamo oggi vediamo come e perchè si sarebbe potuto evitare che l'Ilva diventasse quel mostro che uccide.
Noi crediamo che dobbiamo rimettere su l'iniziativa della Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori, che dobbiamo costruire delle assemblee ed iniziativa in tutto il territorio nazionale.
A gennaio a partire da una assemblea militante e combattiva che metteremo in campo ulteriori proposte di lotta e di organizzazione per una guerra prolungata su tutti i campi e una struttura organizzativa permanente centralizzata e ramificata
Una rete anticapitalista che riconosca e affermi un concetto base ‘nocivo è il capitale non la fabbrica’, e in distinzione sia dal sindacalismo aziendalista, come da quella parte si sindacalismo di base USB/FMLU e ambientalismo piccolo borghese che sostiene nei fatti il contrario, -nociva è la fabbrica non il capitale !
Noi non siamo per la chiusura e lottiamo perchè gli operai non si arrendano e prendano nelle proprie mani la lotta perche quella fabbrica sia un centro di lotta per l’ambientalizzazione in fabbrica e fuori contro  padroni, governo, stato e istituzioni locali  che non fanno nulla né per ambientalizzare la fabbrica né per bonificare il territorio perchè la logica è difendere la produzione per il profitto dei padroni e un piano di attività esterne all'insegna della speculazione e la tutela della città della borghesia, grande media e piccola e dei commercianti
I posti di lavoro si sono persi, vi è stata già l'espulsione di 2600 operai dalla nuova proprietà ArcelorMittal, con pesanti conseguenze anche nell'indotto, e ora l’accordo governo-ArcelorMittal sta proseguendo lungo la stessa strada con nuovi licenziamenti, cassaintegrazione, sfruttamento e restrizione dei diritti, mentre fuori dalla fabbrica non un nuovo posto di lavoro è stato creato e nulla è cambiato nelle condizioni di proletari, masse popolari, giovani donne della città.
 dicembre 2019

Nessun commento:

Posta un commento