mercoledì 5 marzo 2014

Landini al congresso Fiom di Taranto non dice nulla di nuovo


Il congresso Fiom tenutosi a Taranto ha avuto anche nell'intervento di Maurizio Landini al centro la questione Ilva.

Questo era chiaramente inevitabile, ma non sono state dette cose nuove. Landini ha ripetuto la linea che già la Fiom aveva espresso nei mesi scorsi: "il futuro dell' Ilva è senza la famiglia Riva", "cambio di proprietà con una fase di controllo pubblico ma sin da ora si deve ragionare sugli assetti societari", "recuperare soldi che vadano in quella direzione". fare presto perchè "nel settore della siderurgia sono in atto processi processi di cambiamento e di investimento che potrebbero mettere a rischio la tenuta del sistema industriale del nostro paese".

Cose tutto sommato in sintonia con quanto sta già in corso d'opera: vedi la linea di (apparente) rigidità di Bondi verso i Riva, vedi l'interesse degli indiani, Acelor Mittal, per lo stabilimento di Taranto..., vedi la recente politica governativa che ha portato al 4° decreto che cerca (molto blandamente) di recuperare soldi dai Riva; come sono in sintonia con la preoccupazioni del padronato italiano di vedere la produzione dell'acciaio italiana sopraffatta dalla concorrenza dei capitalisti esteri dell'acciaio.

Si tratta, quindi, di dichiarazioni che trovano il tempo che trovano; che accompagnano senza "colpo ferire" i passi del governo e non hanno alcuna possibilità di porre una rottura con la situazione attuale in Ilva che non vede migliorare in niente la situazione per i lavoratori in termini di salute, sicurezza, lavoro, salario e prospettive e per gli effetti mortiferi della popolazione.
Così come sono "parole al vento" le dichiarazioni dell'"inutile" segretario di Taranto, Stefanelli, che si è soffermato sul tema della sostenibilità: "... la città non può più affidarsi alle multinazionali, bisogna far crescere una consapevolezza, una cultura industriale che le imprese locali non hanno. «La sostenibilità è una sfida. Vuol dire cambiare cultura. Vuol dire cambiare modello di investimenti. Per questo serve una politica industriale del governo... Taranto ha bisogno di riconsiderare un' idea di lavoro industriale che assuma la sostenibilità e la riconversione come questioni di fondo... Taranto ha le premesse per una riconversione ecologica e rinnovabile. Far crescere l' imprenditoria locale sull'ecosostenibile è una delle nostre priorità".

Sembra che Landini e Stefanelli si siano divisi i compiti: Landini, anche interpretando i timori del capitalismo italiano, parla per conto e a nuovi proprietari dell'Ilva che comunque, siano italiani, siano indiani, siano cinesi considerano da capitalisti la salute e la sicurezza un accidente secondario e "fastidioso"; Stefanelli parla per conto e a l'imprenditoria locale a cui chiede la "ecosostenibilità" - che per le imprese o è "sostenibile" con i loro profitti o anche le "produzioni ecologiche" diventano distruzione di ambiente e condizioni di lavoro a livello schiavistico (vedi il settore fotovoltaico proprio in Puglia e le condizioni degli operai immigrati che vi lavorano)

Quindi, anche se una parte dell'intervento di Landini è stato dedicato ad una "riflessione autocritica" rispetto agli esiti della fiom nelle elezioni delle Rsu all'Ilva, da questa non poteva uscire nessun reale bilancio autocritico, ma alla fine solo frasi scontate e generiche che nulla dicono e nulla cambiano: "la Fiom non è stata capace nel rapporto con la città e i lavoratori di far comprendere le scelte che ha fatto, anche quelle che l'avevano portata a distinguersi dagli altri, a non vedere nella magistratura una controparte". Tacendo volutamente su quello che la Fiom in fabbrica per tanti anni e anche recentemente non ha fatto, e sul fatto che mai la sua "distinzione dagli altri" si è caratterizzata da una distinzione sugli accordi infami con l'azienda, sul silenzio sulle condizioni di insicurezza in cui si lavorava (e si lavora), su una distinzione di pratiche concrete, di azione degli stessi Rsu, Rls. Solo una flebile voce di due delegati Francesco Brigati e Claudio Lucaselli ­ha almeno indicato un fatto: "una delle sconfitte della Fiom è rappresentata in una data: il 30 marzo 2012, mentre i periti accertavano il nesso di casualità tra inquinamento e morti, noi non abbiamo avuto la capacità di fermare otto mila lavoratori. Una manifestazione pagata dall'azienda e caratterizzata dalla mancanza di coscienza". Ma troppo poco, evidentemente.

Nessun commento:

Posta un commento