ArcelorMittal entrerà in Ilva dal prossimo 1 novembre, mentre entro il prossimo 31 dicembre si dovrà chiarire la posizione di tutti i dipendenti del gruppo siderurgico italiano. Ma la multinazionale dell’acciaio dovrà anche accellerare per quanto concerne la cessione degli impianti non più strategici, come ad esempio quello di Patrica nel frusinate, o quelli individuati in diversi paesi europei come asset a cui rinunciare dopo il parere della Commissione Europea sulle quote di mercato europeo dei laminati piani. Tra questi l’ex Magona di Piombino.
llva di Patrica: Mittal rinuncia o rilancia? 
La partita che si gioca sull’acciaio italiano è lungi dall’essersi conclusa. Il colosso siderurgico Mittal, nuovo proprietario del gruppo Ilva, potrebbe rinunciare al sito di Patrica. L’indiscrezione arriva da ambienti sindacali e da ex lavoratori della storica fabbrica chiusa oramai da anni e con gli ex dipendenti in mobilità in deroga. Il tutto nonostante ‘esponente del M5S Enrica Segneri nell’ultimo tavolo in Provincia sul lavoro aveva invece ipotizzato l’affitto del sito di Patrica da parte di Mittal dal 1° novembre, data con la quale sarà definitivo l’ingresso di Mittal come proprietario affittuario del gruppo Ilva. Quale sarà il destino ciociaro lo si conoscerà venerdì 12 ottobre quando al Mise a Roma ci sarà un incontro tra tutte le parti interessate. In caso di rinuncia al sito ciociaro, l’Ilva di Patrica tornerebbe sul mercato tramite un bando pubblico, come avvenuto per altri siti e società appartenenti al gruppo siderurgico. 
Ex Magona di Piombino: futuro ucraino o inglese?
Nelle prossime ore o al massimo nei prossimi giorni, si conoscerà il destino del sito di Piombino,
l’ex Magona di proprietà del gruppo ArcelorMittal che ha appena rilevato il gruppo Ilva. 
In corsa per l’acquisizione del sito toscano ci sono l’ucraina Metinvest e gli anglo-indiani di Liberty house. 
Il cronoprogramma relativo alla procedura di cessione avviata da ArcelorMittal prevede che il nome dell’acquirente venisse rivelato entro domenica 7 ottobre, salvo proroghe, agli stakeholder interessati, sindacati compresi.
Il sito di Piombino, specializzato nella lavorazione di coils a freddo, è di proprietà di ArcelorMittal, ma la multinazionale ha deciso di inserirlo nel gruppo di impianti da cedere tra quelli posseduti in Europa, per evitare che l’operazione di acquisizione degli asset Ilva venisse invalidata dall’antitrust europeo a causa del rischio di trovarsi, con il perimetro allargato anche a Taranto, Genova e Novi, in una situazione di eccessiva concentrazione in alcuni segmenti di mercato.
Oltre che in Italia, gli altri impianti che saranno ceduti si trovano in Lussemburgo (Dudelange), Belgio Romania (Galati), Repubblica Ceca (Ostrava), Macedonia (Skopje) e sono stati raggruppati in tre macrocluster. Il sito di Piombino è stato abbinato a quello di Galati, in Romania (storicamente questo sito forniva i coils da lavorare in Toscana). 
Decisione che di fatto ha tagliato fuori dalla corsa il gruppo lombardo Arvedi che, in previsione di una probabile cessione di Piombino, aveva già raggiunto un accordo formale per rilevare, attraverso un veicolo societario, circa 400 dipendenti e tutti gli impianti (tranne sessanta addetti e una linea di verniciatura) per circa 50 milioni. 

Ora al massimo il gruppo Arvedi potrà sperare in una partnership con il futuro proprietario del sito. Ora in pista ci sono Metinvest e Liberty House. Il gruppo ucraino, come riportato dal Sole24Ore, è uno dei più grandi produttori della zona dell’ex Csi, una realtà verticalizzata dalla miniera alla laminazione, con 9 miliardi di dollari di fatturato e 7,6 milioni di tonnellate di acciaio prodotto; in Italia controlla già Trametal, realtà di San Giorgio Nogaro, in provincia di Udine, che produce lamiere da treno. Liberty House, si legge sempre sul quotidiano di Confindustria, è invece un gruppo inglese specializzato in commodities (soprattutto ferrosi e non ferrosi, ma anche carbone e altro) fondato da Sanjeev Gupta negli anni Ottanta, molto attivo recentemente sui dossier internazionali (ha approcciato anche l’ex Lucchini, interessato a verticalizzare il laminatoio rotaie): 630 milioni i soldi spesi solo l’ultimo anno in acquisizioni (tra queste la divisione acciaio speciale di Tata steel, con impianti in Inghilterra, e da Rio Tinto uno smelter scozzese di alluminio).
Importante sarà quanto avverrà nei prossimi giorni: i dettagli sul piano di dismissioni e sugli acquirenti selezionati, dopo la fase di raccolta della manifestazioni di interesse e della due diligence, si dovrebbero conoscere nelle prossime ore, quando è in programma la riunione plenaria tra il ceo di ArcelorMittal flat products Europe, Geert Van Poelvoorde e l’Ewc (lo European works council, l’organismo di rappresentanza dei lavoratori delle multinazionali sul suolo europeo). 
La Commissione europea ha sottolineato che «è responsabilità delle aziende coinvolte nella fusione, vale a dire ArcelorMittal e Ilva, avviare un dialogo con i suoi lavoratori e tenerli informati del processo» di vendita. È compito della Commissione, invece, valutare se il compratore ha le capacità e le risorse finanziare per portare avanti l’operazione e sostenere l’operatività e lo sviluppo della produzione con lo scopo di continuare a essere un competitor attivo di ArcelorMittal e Ilva. In altre parole, la vendita dell’impianto che prefiguri una chiusura non è una soluzione accettabile e ipotizzabile.