Processo Ilva-1: slaicobasta@gmail.com |
A quasi 7 anni di distanza, nello stesso posto, con la stessa gru è precipitato in mare Cosimo Massaro.
In seguito pubblicheremo direttamente i verbali di alcune testimonianze di operai che mostrano come la morte operaia è frutto della logica di sfruttamento, taglio dei costi per la sicurezza, difesa del profitto dei padroni sulla vita dei lavoratori. Ma testimoniano anche altro, la assenza e/o corresponsabilità dei sindacati confederali.
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Dalle testimonianze di consulenti, di compagni di lavoro di Francesco Zaccaria è chiaro che si è trattato di un assassinio! Il tornado di quel giorno maledetto è stata solo la causa esterna che ha precipitato una situazione di mancanza di sicurezza delle gru che comunque poteva portare in ogni momento ad un infortunio mortale.
Ma c'è un altro aspetto emblematico emerso nel processo, che è di fatto un'autoaccusa della direzione Ilva, l’azienda ha tentato di intimidire, mettere a tacere gli altri compagni di lavoro gruisti di Francesco.
L'altro operaio gruista, Morrone, che quel giorno del 28 novembre 2012 ha rischiato anche lui la vita, nell'udienza ha dichiarato che quando è tornato a lavoro è stato demansionato, impiegato alle pulizie civili, dove tuttora lavora, senza che l'azienda abbia fornito alcuna motivazione...
Il consulente della Procura, l'Ing. Orlando ha spiegato che le gru sono attrezzature che operano in ambiente complicato, attaccate da salsedine, corrosione, frequentemente dal vento, perché sono sul fronte mare; macchinari di questo tipo non devono operare per velocità del vento superiore a 72 chilometri all’ora, la procedura operativa prevede addirittura che a 62 chilometri all’ora l’operatore debba cessare le sua attività e portarsi “a passerella” che sarebbe il punto in cui l’operatore eventualmente può uscire dalla cabina e scendere. Nella procedura prima l'Ilva prevedeva che l’operatore rimanesse in cabina, poi un mese prima dell'infortunio aveva fatto un ordine di servizio affisso in bacheca dove invece si diceva agli operatori “scendete dalle cabine” - perché evidentemente c'erano stati reiterati casi di spostamento della cabina dalla posizione di riposo.
Ma questo ordine di servizio non era diventato pratica operativa.
Zaccaria decide di rimanere a passerella. La cabina in quella posizione a passerella è come una vettura parcheggiata in discesa con la marcia del cambio innescata, ma senza il freno a mano bloccato.
L’uragano arriva con una intensità tale da prendere la cabina e farla strisciare sulle vie di corsa su cui insistono i rotabili della cabina; l’impatto è molto forte, la cabina viene trascinata fino a fine corsa e impattando rompe il fine corsa esistente, e non avendo più nulla davanti a sé cade giù a mare.
Ma in quale condizioni stavano le gru? I respingenti non erano quelli a progetto. Le gru sono di tanti anni, e negli anni hanno subìto tante modifiche, una di queste modifiche ha portato a portare più in alto il punto di impatto del fine corsa, per cui la cabina quando arriva non impatta più, passa sotto, quindi è come se si fosse tolto il fine corsa. Allora cosa hanno fatto? Hanno preso altri due pezzettini di carpenteria e li hanno portati un po’ più giù, ma queste due alette non hanno una forza impattante così forte come quella della trave messa di traverso, subiscono un urto così forte per cui si torcono, si aprono e quindi la cabina va giù. In una delle altre gru invece il fine corsa era dove doveva essere a progetto, quindi ha resistito nell’urto dell’impatto.
Ancora prima dagli accertamenti tecnici del consulente della Procura era emerso l’esistenza di un fermo antiuragano che non è stato usato. Ma nessuno lavoratore ne era a conoscenza, nè vi era stata attività formativa su questi dispositivi di sicurezza, i gruisti interpellati non ne conoscevano...
In caso di vento forte ci sono delle ganasce che si possono mettere sui rotabili delle gru, sono come delle staffe fermacarro che bloccano la rotazione delle carrelliere delle gru. Ma queste ganasce sulla gru dove operava Zaccaria non c’erano,
Le norme prevedono che il datore di lavoro effettui delle verifiche periodiche. Quindi, una gru costruita nel 1974 deve essere assoggettata a queste verifiche. Ma abbiamo verificato che non vi erano state quelle previste dal costruttore. Le gru DM5 e DM6 erano messe un po’ male, senza un’evidente piano di manutenzione; c’erano evidenti segni di ammaloramento sulle strutture in generale, ossidazione. Anche i corrimano erano molto ammalorati, in alcuni punti addirittura così deteriorati da essere venuti meno, grigliati aperti, situazioni di manutenzione lasciate ferme, perché sulla DM5 proprio in testa alla gru, sono stati trovati ponteggi montati da molto tempo e attività manutentive sospese. Vi era poi mancanza di estintori in alcuni punti, o estintori presenti, ma scaduti.
Ancora. La posizione di sicurezza della cabina è a passerella, quindi il lavoratore che esce dalla cabina esce su un grigliato con dei corrimano lateralmente. Stiamo parlando di un pianerottolo di 90 centimetri, un metro, attraverso il quale mi porto dall’interno cabina sul punto sicuro di evacuazione dalla gru. Per accedere a questo pianerottolo c’è un cancelletto con un microinterruttore di sicurezza. Per cui, se la cabina non è nella posizione di sicurezza, quel microswitch non ci dovrebbe dare il consenso all’apertura del cancello. Ma quel microswitch non funzionava, cioè il cancello si apriva e si chiudeva liberamente. In alcuni punti mancavano alcune bullonature.
Nelle gru dovrebbe esserci un dispositivo di blocco antiuragano, fermo-antiuragano, ma nel caso della gru di Zaccaria non si è trovata traccia dello spinotto di ancoraggio e relativa maniglia di innesto. Non è possibile che l’uragano tiri via una saldatura.
Da un punto di vista economico l’entità delle opere che erano necessarie per ripristinare le condizioni di sicurezza e operatività della gru DM5, era intorno a 406 mila euro.
Per 406 mila euro si fa morire un giovane operaio...
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