“L’incontro di oggi al Mise fra sindacati, governo e ArcelorMittal si è svolto per la verifica del piano industriale, ambientale e occupazionale così come previsto dall’accordo di settembre. L’andamento del confronto ha reso evidente che la questione dell’immunità penale, pur non facendo parte dell’accordo sindacale, assume un rilievo preliminare per il proseguimento del tavolo di monitoraggio” ha dichiarato in una nota Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil. “Se non si risolve la questione della certezza del quadro legislativo, tra governo e azienda, non si avvia una concreta verifica degli impegni assunti. L’azienda non ha dato nessuna disponibilità a rivedere la decisione della cassa integrazione ordinaria a Taranto, nè ha fornito risposte sulle altre questioni sollevate con un atteggiamento di semplice comunicazione delle decisioni assunte, che riteniamo inaccettabile. Il tavolo di oggi è stato riaggiornato ai prossimi giorni. Auspichiamo che in tale sede ci siano le condizioni per affrontare un confronto di merito“, ha concluso la segretaria generale.
“È stato un incontro deludente perché il governo non ha risolto la partita dello scudo penale nè Arcelor ha espresso alcuna volontà a ritirare la cassa integrazione per fronteggiare il calo del 40% delle importazioni in Europa di coils nè ha chiarito se al termine delle 13 settimane di cigo i lavoratori potranno rientrare in azienda” ha detto il leader Fim Cisl Marco Bentivogli al termine dell’incontro. “Una situazione di stallo grave“, denuncia ancora. Il governo ha dunque aggiornato alla prossima settimana l’incontro ma ad oggi “nessun passo avanti si è registrato: Arcelor chiede una soluzione sull’immunità che le consenta di applicare le indicazioni Aia, Di Maio dice che si sta lavorando“, ha affermato Bentivogli. L’incontro al Mise sul futuro di ArcelorMittal “si è aperto con una preoccupante novità che riguarda l’atto della Procura di Taranto che decreta lo spegnimento dell’Altoforno 2“. Proprio sul rischio spegnimento dell’altoforno, “il ministro Di Maio ha comunicato durante l’incontro che il Governo sta interloquendo con la Procura e hanno chiesto di sospendere il provvedimento di spegnimento“, ha aggiunto Bentivogli, ribadendo la preoccupazione rispetto a quello che sta accadendo. La notizia del possibile spegnimento di Afo2 “si somma agli altri problemi riguardanti la cassa e lo scudo penale, complicando non solo la gestione dell’accordo ma soprattutto il rilancio industriale e l’ambientalizzazione“, ha concluso.
“Un incontro più che deludente che ha fatto emergere anche grandi contrasti sulla continuità produttiva: ArcelorMittal non ha voluto ritirare la cassa integrazione nè dare assicurazioni sull’eventuale rientro dei 1400 lavoratori al termine delle 13 settimane di cassa” ha invece dichiarato il leader Uilm Rocco Palombella. Un incontro che per la Uilm non ha risolto neppure il nodo relativo all’immunità penale a cui Mittal ha subordinato la chiusura dello stabilimento di Taranto il 6 settembre prossimo. E questo nonostante il vicepremier Luigi Di Maio, presente all’incontro, si sia assunto la responsabilità “di risolvere il problema per togliere da tavolo la data indicata dalla multinazionale per chiusura“, dice ancora Palombella. “DI Maio ha assunto impegni precisi per scongiurare la fermata dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, ha ribadito la inderogabile validità del Dpcm di settembre 2017 (piano ambientale) e si è impegnato nei prossimi giorni a intervenire, se necessario, con strumenti legislativi per garantire il rispetto del piano stesso” ha riibadito Palombella. “Sul tavolo – continua il leader della Uilm – c’era anche un altro argomento su cui purtroppo non ci sono stati passi in avanti, ovvero la cassa integrazione ordinaria per circa 1.400 lavoratori. Senza contare – aggiunge – che ci sono ancora 1.700 lavoratori in amministrazione straordinaria legati alla ripresa dell’attività produttiva, al piano di bonifiche e ai corsi di riqualificazione organizzati dalla Regione tuttora fermi. Ancora una volta – continua Palombella – il peso della crisi dell’acciaio sta per ricadere esclusivamente sulle spalle dell’Italia e dei lavoratori dell’ex Ilva“.
È “inaccettabile la cigo per 1395 lavoratori richiesta a soli 6 mesi dall’acquisto e giustificata dall’azienda con una perdita economica che, secondo i sindacati, è da attribuire alla decisione unilaterale di Arcelor Mittal di abbassare la produzione sul sito di Taranto, decisione peraltro non in linea con quanto previsto dal medesimo accordo“. Lo dichiara il segretario generale Ugl Metalmeccanici, Antonio Spera, dopo aver partecipato al vertice Mise insieme al segretario provinciale Ugl Metalmeccanici, Domenico Gigante, il segretario dell’Ugl Taranto, Alessandro Calabrese, e alla Rsu, Alessandro Dipino. “L’accordo, sottoscritto anche a salvaguardia anche dell’occupazione della città di Taranto, continua a non trovare una giusta applicazione nel rispetto delle norme ambientali prioritarie per l’Ugl. La terziarizzazione ha danneggiato i dipendenti diretti, incidendo negativamente sui lavoratori posti in cigs, circa 1675, i quali a seguito della richiesta della nuova cig vedono allontanarsi il periodo di rientro al lavoro. Inoltre, le bonifiche previste dall’amministrazione straordinaria non hanno dato alcun contributo lavorativo per il rientro dei lavoratori posti in cigs“. “Non si può eludere – conclude Spera – un percorso collaborativo tra azienda a sindacati che porti alla tutela ambientale ed al rispetto della sicurezza sul lavoro, ove la manutenzione al momento non è prevista per gli interventi ordinari e straordinari“.
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