Nella Formazione Operaia del 27 febbraio, in cui abbiamo riportato ampi stralci della prefazione di Engels del 1892 al libro “La situazione della classe operaia in Inghilterra”, abbiamo detto che successivamente avremmo fatto un commento a questi brani.
Nella FO di oggi facciamo appunto questo. Non si tratta di un semplice commento, ma insieme di una critica ad odierne posizioni che, al di là di come si auto-definiscano, non sono di classe, non sono marxiste.
Engels scrive: “...Più grande era uno stabilimento industriale e più numerosi i suoi operai, tanto maggiore è il danno agli affari che arreca ogni conflitto coi lavoratori...”
Engels nelle prime due righe di questa prefazione, afferma, e ci insegna, un concetto di fondo che deve essere alla base di chiunque si dica marxista, comunista o dalla parte della classe operaia e dei lavoratori: la grande fabbrica industriale è l'”arma” principale del proletariato e della classe operaia, e il cuore effettivo della lotta di classe.
Su scala internazionale, nazionale e locale se non si parte da questo non si ha nessuna possibilità scientifica e fondata, materialistico dialettica per analizzare la classe e i rapporti di forza tra borghesia e proletariato.
Sappiamo benissimo che il capitale nel suo movimento frammenta e decentra per il profitto
e per la scomposizione della classe e della sua forza e che, quindi, su scala internazionale, nazionale e locale, muta la geografia industriale. Realtà che prima avevano la grande fabbrica diventano zone di piccole e media fabbriche o del terziario, mentre la grande fabbrica si concentra altrove. Ma nell'analisi di classe dei rapporti di forza, è sempre la grande fabbrica, ovunque essa collocata, il centro della lotta di classe.
Per questo la difesa della grande fabbrica e quindi della forza collettiva della classe operaia è alla base di ogni progetto e prassi che si possano definire di classe, comunista, marxista.
Tutta la genia di falsi comunisti e di falsi classisti, in teoria e in pratica nega questo assunto. E di conseguenza, più o meno consapevolmente, è parte di un'altra classe, in generale l'intellettualità piccolo e medio borghese, di un'altra teoria e di un'altra analisi che, oltre che impotente al di là dei movimenti che riesce a mettere in moto nella lotta contro il capitale, è realmente attiva nel contrastare la classe, la sua autonomia teorico-politica-organizzativa, la sua lotta e il suo movimento.
Un esempio tra tutti sono le posizioni intorno all'Ilva di Taranto.
Continua Engels: “Onde un nuovo spirito penetrò i fabbricanti, specie più grossi, col tempo: evitare i conflitti non necessari; rassegnarsi all'esistenza e alla forza delle Trades Unions; scoprire negli scioperi (se proclamati al tempo giusto) un mezzo efficace per attuare i loro stessi scopi. Così i maggiori fabbricanti, già in testa alla lotta contro la classe operaia, poi furono i primi ad esortare alla pace ed all'armonia...”
Le Trades Unions, i sindacati non sono quindi mai strumenti neutrali. O sono utilizzati, nonostante gli scioperi che essi attuano, dai padroni per realizzare “la pace e l'armonia”, o sono gli strumenti iniziali della lotta della classe operaia per rompere questa pace ed armonia e sviluppare un'autentica lotta di classe.
Chiunque teorizza l'autonomia dei sindacati o l'auto-organizzazione degli operai, nonostante le sue intenzioni e anche le lotte che anima, elude il problema chiave che è quello dell'impossibilità della neutralità del sindacato.
Scrive Engels: “...emerge sempre più il fatto cruciale che la causa della miseria della classe operaia è nell'essenza del sistema capitalistico, non nei suoi accidenti...”
E' questo il cuore del lavoro per elevare la coscienza di classe dei lavoratori. Perchè quello che è oggettivo diventi una coscienza soggettiva degli operai e guidi l'azione della loro lotta, mentre resiste agli effetti, per attaccare la causa e l'essenza del sistema capitalista.
La maggiorparte dei falsi comunisti e dei riformisti è esattamente questo che non fa, e quindi il loro ruolo è quello di aiutare e/o conciliare con il dominio del capitale e della borghesia - riprendiamo qui le parole del testo: “...predicano agli operai un socialismo al di sopra di tutti gli antagonismi e le lotte di classe. Ma tali individui, o sono novizi che hanno da imparare molto, o sono i peggiori nemici degli operai (lupi in pelle di pecora)...”.
Illuminanti sono le successive parole di Engels nella descrizione della condizione della classe operaia: sul fatto che ogni miglioramento che essa ha è temporaneo e risente del peso della pressione delle masse di riserva dei disoccupati; sul fatto che il capitale utilizza le nuove macchine e i progressi tecnologici e scientifici per ridurre il numero dei lavoratori; sul fatto che l'immigrazione, proveniente un tempo dall'agricoltura e ora dall'intero sistema mondiale, venga anch'essa usata per ridurre i salari e peggiorare la condizione dei lavoratori; sul fatto che il capitale usa costantemente la concorrenza nelle fila operaie per spezzarne la forza; sul fatto che continuamente il capitale genera nelle fila operaie un'aristocrazia della classe operaia che qui è descritta come “operai contenti dei loro padroni" e che sono giunti ad ottenere e ad accettare come definitiva una condizione relativamente buona, mentre la grande massa degli operai vede crescere costantemente, oltre che il livello di sfruttamento, il livello di miseria e di insicurezza, di avvilimento fisico e morale e che se il valore della forza lavoro è limitato dal prezzo dei mezzi necessari alla vita, la tendenza del capitale è a ridurre il prezzo medio al minimo dei mezzi di sussistenza.
Sono tutti questi elementi fondamentali della condizione operaia, della sua dinamica interna, la situazione oggettiva dentro cui si svolge la lotta.
Continua Engels: "...La produzione capitalistica non può divenir stabile: essa deve o crescere ed estendersi, o morire... ma tale continua espansione ora è impossibile...". Di qui la stagnazione e la crisi che porta costantemente ciclicamente "la produzione capitalista in un vicolo cieco".
Questo si riflette nella vita e nella condizione degli operai, per i quali il miglioramento è sempre passeggero e sempre prima o poi si traduce in nuovi e più profondi peggioramenti.
Ma tutto questo ha un effetto positivo, perchè produce la costante rinascita dell'organizzazione della grande massa operaia, il “nuovo Unionismo”, che in termini attuali diremmo il nuovo sindacalismo operaio.
Come dice Engels: “...Tale organizzazione è diversa dalle vecchie unioni di operai skilled (qualificati), pur avendone per certi versi la forma...” La differenza di fondo sta che “le vecchie Unioni... considerano il sistema salariale come definitivo”, mentre le nuove Unioni – il sindacalismo operaio e classista, diciamo noi – si fondano sul fatto che “la fede dell'eternità del sistema salariale è fortemente scossa”.
Questa differenza evidenzia come le vecchie Unioni (i nostri sindacati confederali) siano nella sostanza il sindacalismo dell'aristocrazia operaia, anche quando pezzi di esse si dichiarano socialiste per coscienza o per sentimento e sembra che le masse che affluiscano nelle nuove siano rozze.
Il sindacalismo operaio e classista è alla base della messa in discussione del sistema salariale come definitivo, vale a dire del sistema del capitale.
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