Non è cambiato nulla dopo la protesta esplosa lo scorso 11 marzo nel CPR (Centro per il Rimpatrio) di Palazzo San Gervasio (Potenza).
Nel centro continuano a essere detenute tra 50 a 70 persone, senza alcun tipo di protezione. Dopo l'inizio della protesta, il personale di polizia aggiuntivo proveniente da altre regioni ha rafforzato la sorveglianza. Ma non sono arrivati i dispositivi di protezione individuali né sono migliorate le condizioni di igiene e di vita all'interno.
A piccoli numeri, i migranti continuano a essere allontanati dal centro, chi perchè gli è stato notificato il decreto di espulsione, chi per decorrenza dei termini, ma vengono gettati in strada senza alcun tipo di accesso a servizi o reddito, ad ingrossare il numero dei senza dimora e senza reddito. Addirittura, l'Osservatorio Migranti Basilicata ha dennciato che spesso gli allontanamaenti avvengono di sabato, quando non ci sono pullmann per raggiungere Potenza, dove i migranti devono necessariamente recarsi per il disbrigo delle pratiche, e questi sono costretti ad accamparsi in paese per un paio di giorni.
Nel frattempo, terminati i raccolti, solo poche decine dei braccianti che lavoravano nel metapontino, quelli che avevano animato le lotte dopo l'incendio della Felandina conclusesi purtroppo con la loro dispersione senza soluzioni, sono rimasti nel circondario. Si sono sistemati alla meglio a piccoli gruppi in qualche casolare, continuano più o meno saltuariamente o regolarmente a lavorare e, grazie alla solidarietà delle associazioni locali che si sono mobilitate per sostenerli, resistono.
Stanno comunque meglio della maggior parte di loro, che si sono spostati dove ora c'è lavoro - nella piana di Gioia Tauro o in Capitanata - nei cosiddetti "insediamenti informali", stipati in ghetti sovraffollati senza acqua corrente, né mascherine o igienizzanti, segnalati dalle associazioni di solidarietà come "la situazione di maggiore criticità" ma ignorati dalla serie dei decreti di emergenza, che anzi impediscono alla maggior parte di loro, senza contratto, di lavorare o ricevere alcun sostegno.
La soluzione non può che essere misure di emergenza che assicurino a TUTTI permesso di soggiorno, case, reddito e la via per ottenerle non può che essere la lotta autorganizzata dei migranti stessi. Per questo lo Slaicobas per il Sindacato di Classe è pronto a mobilitarsi al fianco di chi denuncia e si ribella, come sempre abbiamo fatto.
Nel centro continuano a essere detenute tra 50 a 70 persone, senza alcun tipo di protezione. Dopo l'inizio della protesta, il personale di polizia aggiuntivo proveniente da altre regioni ha rafforzato la sorveglianza. Ma non sono arrivati i dispositivi di protezione individuali né sono migliorate le condizioni di igiene e di vita all'interno.
A piccoli numeri, i migranti continuano a essere allontanati dal centro, chi perchè gli è stato notificato il decreto di espulsione, chi per decorrenza dei termini, ma vengono gettati in strada senza alcun tipo di accesso a servizi o reddito, ad ingrossare il numero dei senza dimora e senza reddito. Addirittura, l'Osservatorio Migranti Basilicata ha dennciato che spesso gli allontanamaenti avvengono di sabato, quando non ci sono pullmann per raggiungere Potenza, dove i migranti devono necessariamente recarsi per il disbrigo delle pratiche, e questi sono costretti ad accamparsi in paese per un paio di giorni.
Nel frattempo, terminati i raccolti, solo poche decine dei braccianti che lavoravano nel metapontino, quelli che avevano animato le lotte dopo l'incendio della Felandina conclusesi purtroppo con la loro dispersione senza soluzioni, sono rimasti nel circondario. Si sono sistemati alla meglio a piccoli gruppi in qualche casolare, continuano più o meno saltuariamente o regolarmente a lavorare e, grazie alla solidarietà delle associazioni locali che si sono mobilitate per sostenerli, resistono.
Stanno comunque meglio della maggior parte di loro, che si sono spostati dove ora c'è lavoro - nella piana di Gioia Tauro o in Capitanata - nei cosiddetti "insediamenti informali", stipati in ghetti sovraffollati senza acqua corrente, né mascherine o igienizzanti, segnalati dalle associazioni di solidarietà come "la situazione di maggiore criticità" ma ignorati dalla serie dei decreti di emergenza, che anzi impediscono alla maggior parte di loro, senza contratto, di lavorare o ricevere alcun sostegno.
La soluzione non può che essere misure di emergenza che assicurino a TUTTI permesso di soggiorno, case, reddito e la via per ottenerle non può che essere la lotta autorganizzata dei migranti stessi. Per questo lo Slaicobas per il Sindacato di Classe è pronto a mobilitarsi al fianco di chi denuncia e si ribella, come sempre abbiamo fatto.
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