venerdì 6 novembre 2015

Da Taranto alla Fiat Sata di Melfi - il volantino diffuso alla fabbrica

Una battaglia comune tra operai di Taranto e operai di Melfi, che deve vedere anche iniziative comuni
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Contratto metalmeccanici – una battaglia sindacale e politica

I padroni, forti del governo Renzi, il governo più padronale del dopoguerra, si sentono sufficientemente forti per un'ulteriore offensiva antioperaia, antisindacale.
Per questo i toni del presidente della Confindustria, Squinzi, negli ultimi tempi sono sempre più simili a quelli di Marchionne.
In materia di rinnovi dei contratti si vuole dare un colpo finale al contratto nazionale. Da un lato dietro l'affermazione di rito “il contratto collettivo nazionale di lavoro mantiene la sua centralità e la sua funzione”, si procede invece con una sua sostanziale cancellazione, rimandando le materie della trattativa su salario, condizioni di lavoro, mansioni alla cosiddetta “contrattazione aziendale” che è stata da sempre la fregatura per imporre, azienda per azienda e poi in generale, taglio dei salari, più sfruttamento, con allungamento orario di lavoro, ecc.
Sugli aumenti salariali si vuole sostanzialmente cancellare ogni riferimento all'inflazione programmata e lasciare in campo solo il legame tra salario e produttività, dove però la stessa produttività è ormai intesa come mercato.

Ma questo sarebbe ancora nell'ordine delle cose, queste richieste padronali non sono nuove e sono una costante negli ultimi decenni, prima della crisi, durante la crisi, con il sostegno di tutti i governi che si sono succeduti.
Il salto di qualità della richieste della Confindustria è contenuto nella prima regola delle linee guida che la Confindustria ha appena diffuso alle categorie impegnate nella prossima tornata contrattuale: “Non si deve assolutamente rinunciare ad applicare le novità del jobs act”.
Questo pone la Confindustria tutta sulle linee contenute sostenute da Marchionne per il gruppo Fiat, oggi Fca che era stato uno dei motivi dell'uscita della Fiat dalla Confindustria. E' il punto che sancisce il legame ferreo tra padroni e governo Renzi che si pone a diktat nel rinnovo dei contratti nazionali e inserisce i nuovi contratti nella cornice dell'assetto neocorporativo di stampo moderno fascista.
Mettere a premessa dei contratti il jobs act, vuol dire mettere a premessa la libertà di licenziamento, la flessibilità e precarietà selvaggia e l'azzeramento dei diritti dei lavoratori nel loro complesso, sia pure sotto la veste “valido per i nuovi assunti”.

Se non si comprende questo è evidente che non si coglie il nodo politico che è al centro del rinnovo contrattuale, che non è tanto le piattaforme, su cui si assiste al solito gioco delle parti.
Gioco delle parti, tanto per cominciare, che non esiste nella maggiorparte delle categorie che rinnovano i contratti. I chimici, ad esempio, hanno presentato pressoché sempre piattaforme unitarie e hanno firmato accordi spesso senza scioperi, sempre non rispondenti alle esigenze dei lavoratori e peggiorativi nelle normative sulle condizioni di lavoro, secondo una linea collaborazionista neocorporativa che è storica di questi sindacati di categoria dal finire degli anni '70 in poi.
Quindi prendiamo in considerazione i metalmeccanici che sono il cuore, come sempre, del rinnovo dei contratti nazionali. Qui il gioco delle parti vede Fim e Uilm che hanno già presentato la loro piattaforma, i cui dettagli analizzeremo in seguito, e la Fiom che ne presenta un'altra tutta di bandiera, ben sapendo che non conterà nulla ai tavoli della trattativa reale e serve solo al gruppo dirigente per animare il falso movimento che non ha portato alcun risultato agli operai, almeno nelle ultime tre tornate contrattuali.
Ma il punto vero su cui occorre battersi perchè ci sia comprensione tra gli operai, è che le piattaforme non contano davvero nulla. Lo scontro sui contratti è uno scontro sindacale nella forma, tutto politico nella sostanza.
La classe operaia e i lavoratori hanno necessità di contestare la gabbia neocorporativa padroni e governo, trasformando la vicenda contrattuale in guerra di classe, il che significa agire dentro le fabbriche e le assemblee operaie, fuori e contro tutte le direzioni sindacali, imponendo rivendicazioni salariali, tutele del lavoro e delle condizioni di lavoro sulla base di nuove forme di lotta che non riconoscano nessuna legittimità alle normative vigenti e alla ritualità che sono solo una camicia di forza per imporre la cancellazione del contratto nazionale e non la sua ripresa, le norme della subordinazione assoluta agli interessi dei padroni e la riduzione della classe operaia a senza diritti e in regime di schiavismo.
Dal giornale proletari comunisti pcro.red@gmail.com
lo trovi integrale sul blog

5.11.15
Alcuni operai Fiom dicono no alla piattaforma Fiom all'assemblea nazionale

Sono critiche condivisibili, ma bisogna costruire insieme in fabbrica la lotta e una rete sindacale di classe tra le fabbriche in grado di contestare nelle assemblee conquistando il consenso dei lavoratori alla lotta autonoma e alle rivendicazioni autonome dei lavoratori

info slai cobas per il sindacato di classe taranto slaicobasta@gmail,com 3475301704

NO alla piattaforma FIOM

perchè: – Acconsente alla richiesta dei padroni di prevedere nel CCNL il rinvio di intere materie alla contrattazione territoriale, di filiera, aziendale. – Prevede la attivazione, nelle relazioni con le aziende, di procedure di confronto che includono il blocco preventivo degli scioperi, senza neppure chiarezza su chi e con quali modalità abbia titolo a stabilirle. – Sui contratti atipici si chiede solo la riduzione a 24 mesi per la stabilizzazione e una indennità alla fine del rapporto di lavoro, pari a tre volte il TFR.– Le richieste salariali, 206 euro lordi in tre anni (pari a 68 lordi l’anno, cioè 45 netti) non superano l’inflazione attuale; al Governo verrà richiesto, in concerto con i padroni, di ridurre le tasse sugli aumenti salariali ma anche i relativi contributi a carico delle aziende, con la diminuzione perciò delle entrate INPS che incideranno sulle pensioni. – Si prevede il Referendum per l’approvazione degli accordi, nazionali e aziendali, ma solo su richiesta di una OS o su raccolta delle firme del 5 per cento dei lavoratori interessati (quota ben difficile da raggiungere per i contratti nazionali). – Si prevede il rinnovo generalizzato delle RSU, finalizzato però anche a definire rappresentatività e certificazione degli iscritti, previsti dall’intesa del 28 Giugno per dare legittimità ad accordi separati. – Si chiede alle Aziende un aumento del loro contributo per la previdenza integrativa, che non spetterà ai lavoratori che non hanno aderito.
Infine non contiene: – Nessun elenco di materie NON RINVIABILI alla contrattazione territoriale e aziendale. – Nessun limite alle QUOTE DI LAVORO ATIPICO. – Nessun vincolo su FLESSIBILITA’ E STRAORDINARI. – Nessuna iniziativa seria sulla sicurezza, solo il rinvio alla legge, ignorando che la sua applicazione richiede precisi diritti di intervento delle RLS e adeguate sanzioni. – Nessun riferimento al recupero salariale rispetto all’accordo separato del 2009.

Sono soprattutto preoccupanti per: L’ASSENZA DI IMPEGNI ESPLICITI CONTRO L’INSERIMENTO NEL CONTRATTO DEI CONTENUTI DELL’ACCORDO DEL 28 GIUGNO E, AL CONTRARIO, L’ACCETTAZIONE DEI RINVII AI CONTRATTI AZIENDALI; L’ACCETTAZIONE DELLA POSSIBILITA’ DI PORRE VINCOLI ALLO SCIOPERO E L’AMBIGUITA’ SU CHI LI DECIDE, CHE RAPPRESENTA UN VERO CEDIMENTO AI PADRONI SUL DIRITTO DI SCIOPERO; L’ACCETTAZIONE DELLA VALIDITA’ TRIENNALE DEL CCNL E DEI LIVELLI SALARIALI PREVISTI DALL’ULTIMO CONTRATTO SEPARATO.

Per questo motivi riteniamo questa piattaforma insoddisfacente negli obiettivi, del tutto inadeguata rispetto alla offensiva padronale in corso e alla pratica ricorrente degli accordi separati, e inaccettabile nella sua apertura al compromesso sui diritti fondamentali dei lavoratori.

ALCUNI OPERAI FIOM.

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