L’area del «San Brunone», infatti, adiacente all’Ilva, risulta fortemente compromessa dalla presenza di pcb, diossina e polveri minerali che mettono a serio rischio la salute del personale addetto alla tumulazione, attività per la quale si movimenta il terreno.
Con lo sblocco delle sepolture, la cooperativa sociale “L’Ancora”, che attualmente si occupa dei servizi cimiteriali di Taranto, ha dotato i propri lavoratori di un adeguato abbigliamento che impedisca il contatto con il terreno inquinato.
E ha distribuito mascherine con appositi filtri per evitare l’inalazione tossiche.
Ma ciò non basta a tranquillizzare i lavoratori che, nonostante questi accorgimenti, non si sentono protetti e temono di ammalarsi come già è successo in passato a molti loro colleghi, spiegano.
Tantomeno trova d’accordo i visitatori, che non possono avvicinarsi ai campi inagibili perché esposti ad un elevata concentrazione di diossina, dannosa per la salute tant’è vero che tecnicamente anche loro dovrebbero essere attrezzati ed indossare una mascherina per proteggersi dall’inalazione di sostanze nocive.
«Vogliamo mettere in luce il fatto che nel cimitero i lavoratori stanno facendo di tutto per mantenere una normalità che in realtà non c’è – rileva Ernesto Palatrasio, coordinatore provinciale Slai Cobas – lavorare su terreni inquinati con delle mascherine non è la soluzione al problema».
L’amministrazione comunale si affidò all’Asl per monitorare l’osservanza delle procedure anti-contaminazione al di fuori dei campi già inquinati.
L’Asl, a detta dei dipendenti de “L’Ancora” «propose di installare delle docce all’interno del cimitero e il più vicino possibile alle zone di inumazione. Ciò, per consentire ai necrofori di disfarsi immediatamente degli indumenti da lavoro e ripulirsi dalle sostanze inquinanti , prima di lasciare il posto di lavoro. Promesse disattese – denunciano i lavoratori – queste strutture ancora non sono state realizzate. Eppure, si continua a lavorare con sempre maggiori disagi – commenta Palatrasio – Sappiamo anche che il cimitero è stato inserito tra le priorità degli interventi di bonifica, però ancora non capiamo in cosa consista questa “priorità” in termini pratici. Vogliamo che ci sia un’attività effettiva. In questo senso abbiamo chiesto di incontrare il commissario delle bonifiche, Alfio Pini».
Più in generale, i Cobas chiedono anche misure di sostegno nei confronti del personale «vittima dell’inquinamento industriale. Ci sono problemi relativi alla presenza sul luogo di lavoro. Questa attività non può esser svolta per sei ore al giorno e si può ben capire che serve una riduzione dell’orario – argomenta infine il coordinatore Cobas mostrando le cartelle cliniche dei cinquantadue dipendenti – I lavoratori sono tutti a rischio, non possono più essere soltanto vittime di questa situazione. Troppo spesso le uniche notizie che abbiamo sono quelle di operai colpiti da malattie. È inaccettabile» chiude Palatrasio.
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