Il tribunale del riesame di Taranto ha motivato la decisione con cui ha respinto il ricorso contro il sequestro dei beni disposto dal gip Todisco
Un governo "occulto" gestiva l'Ilva: è quanto scrive il tribunale del Riesame di Taranto motivando la decisione di rigettare i ricorsi di Riva Fire e Riva Forni Elettrici contro il sequestro di beni per 8,1 miliardi di euro disposto dal gip Patrizia Todisco. Dalle indagini sull'Ilva è emersa "l'esistenza di una sorta di governo aziendale occulto (non ufficiale) operante all'interno dello stabilimento di Taranto, una struttura ombra costituita da soggetti denominati 'fiduciari', che di fatto governavano il siderurgico".Parole pesanti per i vertici del siderurgico, contro cui si abbatte anche la richiesta di rinvio a giudizio che arriva dalla Procura di Milano per il patron del gruppo siderurgico e per tre manager, responsabili dei conti. L'accusa: false rappresentazioni delle scritture contabili al fine di evadere le imposte sui redditi.
Secondo i giudici tarantini, i fiduciari sono soggetti "non inquadrati nell'organico di Ilva spa ma riconducibili direttamente alla proprietà e alla famiglia Riva. Alcuni di essi, funzionalmente dipendenti di altre società del gruppo Riva, sono ufficialmente distaccati all'interno dello stabilimento, con deleghe di funzioni; altri,
I 'fiduciari', secondo quanto risultato dagli accertamenti della Guardia di finanza, governavano il siderurgico "impartendo le necessarie disposizioni, occupando alloggi nella provincia di Taranto che risultavano essere formalmente 'uffici in attivita della Riva Fire spa". Erano cioè "lo strumento di controllo della proprietà sulla vita dello stabilimento (avendo il compito effettivo di verificare l'operato dei dipendenti assicurandosi che fossero rispettate le logiche aziendali)". Per il Tribunale si tratta, in definitiva, di soggetti che "hanno esercitato un penetrante dominio su Ilva spa, pur avendo cessato dalla cariche rivestite in seno a tale compagine societaria, dettando dall'esterno le linee della politica aziendale" e concorrendo quindi alla commissione dei reati contestati dalla Procura.
Reati ricordati nel dispositivo sul sequestro dei beni: i Riva si sarebbero arricchiti 'risparmiando' sulle opere e gli interventi di natura ambientale. "Appare evidente - scrivono i giudici del Riesame - che la produzione degli eventi delittuosi, le deficienze impiantistiche mantenute dai vertici aziendali e non adeguatamente eliminate e le violazioni di legge sono sicuramente in rapporto di immediata derivazione causale con il vantaggio patrimoniale conseguito dall'azienda per effetto degli ingenti risparmi economici realizzati".
Così facendo, proseguono i giudici, l'Ilva ha omesso "i doverosi interventi necessari per ridurre drasticamente ed efficacemente (se non proprio eliminare) il pesantissimo impatto ambientale, sull'ambiente-aria e sul sistema acqua-suolo, di un'attività industriale condotta con impianti vetusti e dalle gravissime criticità strutturali e funzionali, e con strategiche modalità gestionali dall'evidente rilevanza penale".
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