venerdì 26 luglio 2013

Il 26 luglio dei lavoratori ILVA - Chi e perchè vuole calare il silenzio?

Tutti i mass media locali, e anche nazionali, parlano oggi, 26 luglio, della libertà, per scadenza termini, dei Riva e di Capogrosso, e dell'anno trascorso scandito dall'azione della magistratura (a cui comunque si dà poco spazio) e del governo (a cui si dà invece molto spazio).

Nessuno riporta il 26 luglio 2012 dalla parte dei lavoratori Ilva. 
Oggi iniziarono 2 lunghe giornate di rivolta.
Anche sul "fronte operaio" è come si volesse calare un silenzio su questo "anniversario" - pure da parte del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti che oggi fa una ciclopasseggiata, dedicata soprattutto ai bambini... (in cui sembrano lontani mille miglia anche i fatti di pochi giorni dopo, del 2 agosto)
Noi invece vogliamo ricordare quei giorni, perchè nel bene e nel male sono parte della storia recente dei lavoratori dell'Ilva ed è bene tornarci per vedere anche ciò che è stato giusto e ciò che era sbagliato e inutile e a volte controproducente per una vera lotta di classe degli operai, contro padron Riva, governo e Stato dei padroni.

Per questo oggi riportiamo la cronaca diretta che facemmo all'epoca del primo giorno della rivolta che bloccò la città
Domani pubblicheremo la cronaca del secondo giorno.

Taranto: lunga giornata di rabbia operaia


Un lungo pomeriggio di lotta e rabbia operaia oggi a Taranto, con blocchi del ponte girevole e della statale 106 che proseguono ancora e per tutta la notte, mentre i sindacati hanno proclamato lo sciopero a oltranza.
Già ieri gli operai avevano bloccato per un paio d’ore le statali di accesso alla città, al termine dell’assemblea indetta dai sindacati.
Oggi alle 14.00 le agenzie hanno rilanciano la notizia che il G.I.P. Todisco,al termine dell’inchiesta per disastro ambientale, ha disposto il sequestro, senza facoltà di continuità d’uso, dell’area a caldo dello stabilimento Ilva e gli arresti domiciliari per 8 tra proprietari, dirigenti ed ex dirigenti.
Immediatamente l’azienda ha messo in libertà i lavoratori e i sindacati hanno chiamato alla mobilitazione. Un imponente corteo di 8mila parte dallo stabilimento e marcia verso la città.
Hanno bloccato ancora le statali, attraversato la città vecchia, bloccato per oltre un’ora il ponte, e infine raggiunto la Prefettura, dove era in programma un incontro tra prefetto e segreterie sindacali per “ottenere chiarimenti sul contenuto e le conseguenze immediate del provvedimento della Magistratura”.
Al ponte e poi sotto la prefettura si è unita alla folla di operai una delegazione dello Slai Cobas per il sindacato di classe che partecipa alla lotta e sostiene gli operai, ma con parole d’ordine differenti da quelle dei sindacati confederali.
Il coro “il lavoro non si tocca” è rimbombo a lungo per tutto il pomeriggio, ma a parte la feroce determinazione a difendere il proprio lavoro, tra gli operai abbiamo ascoltato anche tanta confusione e poca fiducia in chi li rappresenta.
Molti hanno ripetuto il ritornello azienda e sindacati “perché tanto accanimento contro l’ILVA, mentre nulla si dice dell’Eni, della Marina e delle altre industrie inquinati nel territorio?”.
Ma da tanti abbiamo anche sentito discorsi più simili ai nostri: “l'Ilva non deve chiudere, ma di Riva, e dei politici che hanno gestito l’Italsider quando era pubblica, non ce ne frega niente, devono pagare loro, noi abbiamo già pagato, anche con i nostri morti, loro se ne possono andare, la fabbrica, e il nostro lavoro, devono rimanere”; “se siamo arrivati a questo punto la colpa è di Riva e dei sindacati, che per anni si sono coperti a vicenda, se ci fossero stati prima i cobas, se ora fossimo tutti dei cobas, le cose non starebbero così”.
Dopo un paio d’ore di attesa, escono dal portone i segretari, gli operai si accalcano per ascoltare, c’è frastuono ressa, vola anche qualche spintone. Appena c’è un po’ di silenzio, col filo di voce di un megafono afono il segretario Uilm Talò esordisce con enfasi “oggi , con questa nostra manifestazione abbiamo voluto affermare che è un grave lutto quello che abbiamo subito in questa città…”. Gli sguardi si incrociano mentre tutti ci chiediamo “ma che ha detto? Che vuol dire? Niente!” e giù  altri spintoni e il coro “te ne vai si o no?”.
Alla fine un gruppetto si schiera a protezione del sindacalista, lo circonda e scorta di peso fuori del porticato, lo fa arrampicare sul basamento dei pilastri da dove, sempre con lo stesso megafono da camera, cerca di riferire il contenuto della discussione appena conclusa, in pochi riescono a sentirla.
Abbiamo poi ricostruito che si è trattato di un nulla di fatto: il governo prende posizione contro la chiusura, c’è in corso una procedura d’urgenza per l’immediato riesame del provvedimento di sequestro e l'impugnativa, sono già stati stanziati 336 milioni per gli interventi di bonifica. Tutte cose che la stampa aveva riferito già in mattinata, al termine del tavolo tra regione Puglia, enti locali e ministeri competenti tenutosi a Roma oggi stesso. Tutto buono per Riva, poco o niente per gli operai.
Su come continuare la mobilitazione, la proposta è, più o meno: non ce ne andiamo, ho detto al prefetto restiamo qui fino a quando non riceviamo una risposta soddisfacente. Di nuovo gli sguardi si incrociano perplessi, tutti dicono la loro ma nessuno, proprio nessuno, è disposto a rimanere lì in attesa: c’è chi propone di andare a bloccare la raffineria Eni, chi di riprendere i blocchi di ponte e statali, chi di rientrare nel palazzo. Nel frattempo il numero dei presenti si è ridotto a meno della metà. Alla fine si gruppi di operai riprendono il blocco del ponte girevole e della statale 106, quella per Reggio Calabria, con l’intenzione di portarli avanti per tutta la notte. Domattina assemblea generale fuori della portineria D della fabbrica.

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