(Gianmario Leone)
"Tra
inquinamento e licenziamenti, rischi di svendita e cassa
integrazione, i grandi gruppi industriali sono sempre più in
affanno. Resiste solo la «grande opera» Tav.
Il
decreto legge 61, «Nuove disposizioni urgenti a tutela
dell'ambiente, della salute e del lavoro in imprese di carattere
strategico nazionale», che arriverà in Aula al Senato martedì per
l'approvazione, è un lontano parente di quello approvato dal
Consiglio dei ministri lo scorso 4 giugno. Il provvedimento, nato per
commissariare l'Ilva dopo il disimpegno del gruppo Riva, si è
trasformato in un abito cucito su misura per garantire l'attività
produttiva del siderurgico e limitare al minimo gli interventi di
risanamento sugli impianti previsti dall'Autorizzazione integrata
ambientale (Aia).
Le
prime, fondamentali modifiche al testo, sono state apportate nelle
commissioni della Camera e in Aula, che lo approvò l'11 luglio: 299
i sì, 112 i contrari (M5S e Lega), 34 gli astenuti (Sel). È stato
deciso che il decreto sarà applicato all'Ilva di Taranto ed esteso
anche agli altri stabilimenti del gruppo: Genova, Novi Ligure,
Racconigi, Marghera e Patrica, oltre che ai complessi industriali con
non meno di 1000 dipendenti. Introdotta anche la possibilità che il
commissariamento riguardi il solo ramo d'azienda che non abbia
rispettato l'Aia e non tutta l'impresa, e soltanto «in caso di
reiterai pericoli gravi e rilevanti».
Ed è
proprio sull'applicazione dell'Aia che la politica è intervenuta a
favore dell'Ilva. Innanzitutto prevedendo la sua applicazione entro
tre anni: vuol dire che, visti i ritardi accumulati dall'azienda sino
a fine maggio come certificato dall'Ispra, si sforerà il limite
imposto dal provvedimento licenziato dall'ex ministro dell'Ambiente
Corrado Clini lo scorso ottobre (dicembre 2015). Inoltre, sono stati
concessi 150 giorni di tempo al sub commissario Edo Ronchi e ai tre
esperti nominati dal ministero dell'Ambiente, per redigere il piano
di lavoro che prevede la possibilità di rimodulare la tempistica
delle prescrizioni. Gli interventi, peraltro, si basano solo sui
tempi di attuazione e non sui criteri di rispetto di adeguamento
tecnologico e di azioni di risanamento che se non rispettati
dovrebbero permettere la riapertura della stessa Aia.
Chi vigilerà
su tempi e modalità?
Non
certo il Garante Vitaliano Esposito, silurato da un sub emendamento
dei relatori Raffaele Fitto (Pdl) e Enrico Borghi (Pd). Provvedimento
che una sua logica ce l'ha, visto che il Garante fu istituito dalla
legge 231/2012 del governo Monti, in quanto figura terza atta a
controllare che l'Ilva all'epoca gestita dai Riva applicasse
rigorosamente l'Aia rilasciata dal ministero dell'Ambiente. Ora che
l'azienda non è più privata perché commissariata dallo Stato, una
figura terza non serve più.
Il
problema è che al posto del Garante, i controlli sono stati affidati
al comissario Bondi, alla Regione e agli enti locali: che dovranno
fornire ai cittadini «dettagliatissime» e «continue» informazioni
sul reale andamento delle operazioni di risanamento. Inoltre, la
relazione redatta nell'ambito della Valutazione del Danno Sanitario,
non potrà modificare in alcun modo le prescrizioni Aia. Al massimo,
la Regione potrà chiederne il riesame (l'ennesimo). E non viene
previsto il riesame neppure a fronte di dati epidemiologici e
sanitari che risultassero allarmanti, per cui se anche la Regione ne
chiedesse il riesame, in linea con quanto permesso dal decreto (art.
1, comma 7), il governo potrebbe opporsi.
Il
testo originale prevedeva che i proventi derivanti dall'attività
dell'impresa commissariata restino nella disponibilità del
commissario nella misura necessaria all'attuazione dell'Aia ed alla
gestione dell'impresa. Ma sia Bondi che Ronchi hanno già parlato di
un prestito finanziario dell'importo di 1,8 miliardi di euro che
arriverà da un gruppo di banche e dalla Bei, che servirà alle
attività di risanamento: non è un caso se è stato pensato di
riservare alle banche il 60% delle risorse per i creditori in caso di
fallimento dell'azienda.
Dunque,
siamo molto lontani dai 3,5 miliardi previsti da Clini, dai 2,5
dell'ex presidente Ilva Ferrante, dagli 8 indicati dalla Procura di
Taranto e dai 10 suggeriti dai custodi giudiziari. E chi sperava
nell'aiuto del Senato per migliorare il testo, è rimasto deluso. Le
commissioni Industria e Ambiente di Palazzo Madama infatti,
accogliendo una richiesta del governo, hanno deciso di non modificare
il testo. Alla base della decisione i tempi stretti per
l'approvazione del decreto, che andrà convertito in legge entro il 4
agosto".
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