lunedì 7 aprile 2014

Per gli industriali l'Ilva è un grosso affare e quindi banche e governo devono sostenerla, ma intanto il piano industriale comprensivo del risanamento che (forse) eliminerebbe le cokerie si allunga fino al 2020. Quanti altri morti e malati? Purtroppo le marce ambientaliste non scalfiscono di un millimetro Bondi, governo. Occorre ben altra lotta e questa è responsabilità degli operai prima di tutti.

"I banchieri fanno bene a gestire con prudenza i soldi raccolti dai risparmiatori. Fanno bene anche a invocare, nei conciliaboli privati, l'intervento dell'azionista: "li vada a chiedere ai Riva, Bondi, i soldi". Perfetto. Nessuno ha mai pensato che l'Ilva dovesse essere scaricata sul sistema del credito. I banchieri non fanno bene, invece, a trascurare il profilo strategico che l'Ilva ha per l'economia italiana. E, soprattutto, fanno male a sottovalutare la caratura sociale e giudiziaria che ha questo caso.
Non si tratta mica di un grande gruppo industriale che ha sbagliato una diversificazione o di una piccola impresa finita in asfissia. L'Ilva è il più grosso affaire – fra capitale e lavoro, diritto e impresa – che si sia verificato nella nostra storia. I banchieri italiani hanno, negli ultimi quindici anni, mostrato una abilità particolare nel finanziare gli imprenditori senza troppe garanzie. E potrebbe essere stato anche il caso dei Riva. Ora, però, le cose sono diverse. La ritrosia a sostenere adeguatamente anche la finanza di impresa dell'Ilva – nell'epoca del commissariamento – sembra non tenere conto di due cose: non solo il suo carattere strategico, ma anche il quadro di "tutela" statale in cui essa è inserita. Ognuno ha le sue idee sui magistrati di Taranto. Sui Riva. Su Bondi. Tutti ricordino però che l'Ilva, nel suo complesso, è una impresa commissariata dallo Stato italiano. Che non sarà un granché. Ma è pur sempre il nostro Stato". (Paolo Bricco - da Sole24Ore)

"E domani lo staff che sta affiancando il commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, nella predisposizione del piano industriale incontrerà i rappresentanti delle tre banche che stanno discutendo con l'azienda i temi della finanziabilità del piano e dell'aumento di capitale. Si tratta di Unicredit, Intesa San Paolo e Banco Popolare. Un incontro non risolutivo, nè definitivo, ma che dovrebbe servire ad entrare un po' più nel merito".
Aria pulita hanno chiesto quanti oggi hanno attraversato in corteo, per un tragitto di circa 4 chilometri, la strada provinciale che collega Statte, comune vicino al capoluogo, a Taranto. Un'area simbolo se si considera che corre parallela agli impianti dell'Ilva, alle discariche dei rifiuti, al deposito di fusti tossici come l'ex Cemerad di Statte. Ma anche una data simbolo se si tiene conto che un anno fa, il 7 aprile del 2013, Taranto era di nuovo in piazza alla vigilia di due appuntamenti importanti: la decisione della Corte Costituzionale sulla prima legge sull'Ilva, la 231 del 2012, e il referendum consultivo cittadino sulla chiusura parziale (la sola area a caldo) o totale dell'acciaieria. Di lì a qualche giorno finì che la Consulta (il 9 aprile) bocciò le eccezioni di incostituzionalità sollevate dalla magistratura di Taranto e dichiarò costituzionale la legge mentre il referendum sulle sorti della fabbrica (13 aprile) nemmeno si avvicinò al quorum richiesto per la sua legittimazione.
Un anno dopo, le leggi sull'Ilva sono diventate tre - che salgono a quattro se si aggiunge quella sulla pubblica amministrazione che contiene anche un capitolo Ilva - e l'azienda è stata commissariata per 36 mesi. Inoltre, sta per partire il processo (il 19 giugno con l'udienza preliminare) a seguito dell'inchiesta giudiziaria. Gli inquinanti più pericolosi (benzoapirene e diossina) sono infatti registrati dall'Arpa Puglia in netto calo. Ma solo perchè lo stabilimento sta producendo molto meno rispetto al suo standard. I nodi più intricati, tuttavia, devono essere ancora sciolti. Perchè gli interventi di risanamento non sono ancora entrati nel vivo e perchè il piano industriale deve ancora "decollare". Su entrambi i fronti servono molte risorse se si considera che l'ultima previsione porterebbe i costi complessivi da 3 a 4 miliardi e 300 milioni di euro, sia pur spostando l'orizzonte temporale del piano industriale dal 2016 al 2020. Sarà quindi importante capire domani quali segnali verranno dalle banche. Eppoi in che tempi si dispiegherà la manovra dell'aumento di capitale dell'Ilva che l'ultima legge ha finalizzato al risanamento. Ai cittadini che oggi hanno manifestato per l'ambiente, il piano dell'Ilva gestione Bondi una risposta sembra darla: il progressivo consolidamento della produzione di acciaio fatta col preridotto di ferro e col gas anzichè con l'agglomerato di minerali e il carbon coke. Un sistema che consente di abbattere ulteriormente le emissioni di due aree critiche come l'agglomerato e le cokerie.

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