(Dal Corriere del Mezzogiorno) - "A tre settimane di distanza, la «chiamata alle armi » del gruppo
Marcegaglia per salvare l’acciaio italiano dell’Ilva non ha ricevuto
risposte....Insomma, ulteriori «chiamate
alle armi» a cui, però, non corrispondono risposte e capitali...
Per proseguire nel tentativo di rilancio e di
risanamento ambientale dell’Ilva di Taranto occorrono all’incirca 4,5
miliardi... Chi metterà i soldi, visto che agli azionisti — la famiglia
Riva — è stata tolta la gestione? Allo stato attuale l’ipotesi più
probabile è che i 4,5 miliardi necessari possano essere così reperiti:
un terzo attraverso un aumento di capitale; un terzo dalle banche
creditrici; l’ulteriore terzo generato dalla stessa Ilva.
Il punto chiave è il primo: le banche creditrici (da Intesa
Sanpaolo a UniCredit fino a Banco Popolare), per finanziare l’operazione chiedono chiarezza su chi
parteciperà all’aumento di capitale.,,,
Marcegaglia compra
da Ilva quasi 1,5 milioni di tonnellate di coils all’anno su un
fabbisogno di 4,5 milioni e l’anno scorso, a causa delle difficoltà
dello stabilimento tarantino, ha dovuto rinunciare a circa 500 mila
tonnellate, acquistate poi da altri partner esteri. Temendo che la
situazione possa ripetersi anche nel 2014, a inizio aprile il presidente
e ad Antonio Marcegaglia—di concerto con la sorella e vicepresidente
Emma, oggi anche numero uno dell’Eni — lanciò dalle colonne del Sole 24
Ore la «chiamata alle armi» per salvare l’acciaio italiano dell’Ilva..."
Nessun commento:
Posta un commento