giovedì 27 giugno 2013

ILVA: perchè "20 anni bastano" e come conquistarlo

In questi giorni lo Slai cobas Ilva sta facendo iniziative alle portinerie dell'Ilva con al centro una questione precisa: per difendere il lavoro e la salute degli operai e della popolazione, dopo i vari decreti tutti pro-Riva, dobbiamo imporre con la lotta un "decreto per gli operai".
Sui vari punti che poniamo si ciò che dovrebbe stabilire un tale decreto, sta suscitando dibattito il punto in cui si dice: 
"in una fabbrica insalubre e nociva come l'Ilva non si può lavorare per tanti anni, ma 20 anni bastano, con ripristino eventuale del CONTRATTO SIDERURGICO, ed estensione, quindi, a tutti dei benefici pensionistici", con l'intera copertura assicurativa, come se si fosse lavorato 40 anni.
In generale, questo punto incontra tra gli operai condivisione, ma anche scetticismo.

Allora facciamo un pò di chiarezza.
Primo. Già anni fa il contratto della siderurgia - che i sindacati hanno cancellato, per fare un CCNL unico metalmeccanico senza però mantenere tutte le specificità, i diritti, gli aspetti migliorativi legati alla particolarità, pesantezza della produzione, al rischio, che erano previsti dal contratto siderurgico - diceva che erano possibile andare in pensione dopo 25 anni di lavoro.
All'Ilva ci troviamo non solo in una fabbrica prettamente siderurgica ma in più in una fabbrica fortemente insalubre, nociva e mortale. Quindi perchè all'Ilva non dovrebbe essere possibile andare via dopo 20 o anche 25 anni di lavoro?
Secondo. Nell'ottobre del 2012, il Consiglio comunale di Taranto, in seduta specifica, e all'unanimità, approvò un Ordine del Giorno, in cui, tenendo conto della situazione grave dell'Ilva diceva che gli operai dovevano poter andare in pensionamento anticipato dopo 20 anni di lavoro. Non l'ha quindi affermato un "cittadino al bar", ma un organo istituzionale. Sappiamo fin troppo bene come, soprattutto con questo Sindaco e questa amministrazione comunale, le parole difficilmente corrispondono ai fatti e quell'OdG sembra più un lavarsi la coscienza sporca (sporchissima soprattutto del sindaco, finito sotto indagine), in una situazione calda di allarme sociale; ma nessun partito, nessun assessore o consigliere oggi può dire "io non ho votato nulla".
Terzo. Non dimentichiamo che anni fa proprio nei settori statali, del Pubblico Impiego, anche nei lavori impiegatizi, proprio lo Stato permetteva che i suoi lavoratori andassero in pensione a 19 anni 6 mesi e un giorno, con importo di pensione pieno - le lavoratrici poi addirittura a 15 anni e mezzo. 
E la maggiorparte di questi settori lavorativi non era assolutamente a rischio, l'Ilva invece, sì!
Quarto. Già a Taranto vi sono state leggi particolari, nuove, partorite proprio dalla situazione lavorativa di Taranto e poi estese a livello nazionale. Come gli stessi prepensionamenti all'Ilva, o la cassa integrazione in deroga, che prima non esistevano e che le hanno "inventate" per "tamponare" la situazione a Taranto. Queste sono state sempre risposte parziali a problemi reali, ma anche risposte ad una situazione d'emergenza, o di ordine pubblico, come è stata la cig in deroga a seguito della rivolta di mesi a Taranto nel 2007 delle lavoratrici e lavoratori delle pulizie. 
Ora, questa all'Ilva è sicuramente una situazione d'emergenza in tutti i sensi, sia di salute, di sicurezza, che di lavoro. Quindi, perchè mai non dovremmo pretendere una normativa d'emergenza!?
Tutti dicono che c'è un'emergenza a Taranto, ma tutti usano questo per accorrere a difesa di Riva o dei padroni che andrebbero in crisi con la chiusura dell'Ilva. Noi dobbiamo pretendere che invece parlino dell'emergenza del lavoro e della salute e della vita degli operai!

MA DETTO QUESTO, IL PROBLEMA E' COME CONQUISTARLO.
Noi stiamo dicendo che ci vuole un "decreto" per gli operai. 
Ma nello stesso tempo stiamo anche dicendo che senza che il governo e lo Stato si trovino costretti a farlo perchè devono rispondere a un problema reale di "emergenza di lotta", di "ordine pubblico", non lo faranno.
Quindi "20 anni bastano", 20 anni sono possibili, ma nessuno li regala. 
Gli operai devono creare con la lotta le condizioni, con una lotta che abbia il carattere della rivolta, che non si spegne in un solo giorno, che blocchi la fabbrica, che si estenda in città chiamando alla lotta e all'unità tutti i settori popolari colpiti sull'intera piattaforma che riguarda anche le bonifiche, l'emergenza sanitaria; una lotta che non si fermi fino a risultati.

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