giovedì 19 maggio 2016

"GIOVEDI' ROSSI" - STRALCI DI UNA RELAZIONE DEL PROF. DI MARCO: IMPERIALISMO/GUERRA/CONTRO LE ILLUSIONI PACIFISTE

Come abbiamo annunciato giovedì scorso pubblichiamo stralci di una prima parte di una lunga relazione del Prof. Giuseppe Di Marco dell'Università 'Federico II" di Napoli, tenuta ad un seminario con studenti, compagni dell'Università. 
Essa trattando soprattutto del rapporto: imperialismo/guerra, anticipa e prepara in un certo senso la seconda parte de "L'imperialismo" di Lenin che affronteremo più avanti, e che tratta della spartizione del mondo.

Nello stesso tempo, la relazione del Prof. Di Marco, pone una serie di questioni, di giudizi, anche problematici, che secondo noi possono stimolare interventi, domande da parte degli operai, giovani, lavoratrici, ecc. che seguono questa Formazione Operaia. 


(Dalla prima parte della relazione del Prof. Di Marco) 
"...Parto dalla prefazione alla edizione francese e tedesca dell'opuscolo “L'Imperialismo fase suprema del capitalismo” che Lenin scrisse nel 6 giugno 1920, dopo che si era conclusa la guerra civile e si stava avviando la Nep. Questa prefazione ci dice le cose essenziali che dovremmo sapere.
Qual'è il problema che Lenin pone? Innanzitutto Lenin vuole fare una ricerca sulle basi economiche dell'imperialismo. Perchè l'imperialismo è un modo con cui si è sviluppato il capitalismo; cioè il capitalismo, secondo Lenin, non è stato sempre imperialista; si era sviluppato in imperialismo a suo tempo. Siccome tutti quanti parlavano di imperialismo. Allora Lenin ha detto: un attimino, facciamo il punto sulle basi economiche dell'imperialismo.
La 1° questione importante è questa. Lenin pensava che la guerra 14-18 di un secolo fa era una guerra classista. Da una parte stava la vecchia alleanza, Germania-Impero asburgico, dall'altra parte c'era l'Intesa, Francia, Inghilterra, Russia.
Lenin diceva: qui non ci sta una parte più progressista e una parte reazionaria, questi sono tutti quanti dei predoni che si stanno spartendo il mondo.
Già questa cosa pone un problema. Perchè nello stesso periodo, Gramsci che era un comunista aveva
già una posizione un po' diversa...
Lui partiva sicuramente dal fatto che bisognava stare neutrali e... faceva questo ragionamento: è chiaro che questa non è una guerra che può interessare il proletariato, però è evidente che se vincono le potenze dell'Intesa, vincendo delle potenze progressiste una situazione di libero scambio è più favorevole per noi. Allora, non è che per questo noi partiamo per il fronte e andiamo ad appoggiare questi. Ma, siamo capaci di avviare un processo rivoluzionario socialista adesso? No, e allora lasciamo che la borghesia vada incontro al suo destino e vada a invischiarsi nelle sue contraddizioni.
Lenin invece fa un altro discorso (ma con questo non voglio dire che ora si tratta di prendere posizione, sarebbe stupido, Lenin e Gramsci sono tutte e due comunisti): guardate che per quello che è l'imperialismo, non si può fare distinzione, questa è una guerra per spartirsi il mondo da tutte e due le parti, per ripartirsi le colonie e per ripartirsi le sfere di influenza del capitale che diventa capitale finanziario. Quindi bisogna capire la situazione obiettiva, le basi economiche dei due Stati belligeranti, se non non ne usciamo.
Gramsci teneva più presente l'impostazione ideologica degli Stati, Lenin dice andiamo a studiare più da vicino la situazione economica...

Voglio far notare però un punto comune tra Lenin e Gramsci. Tutte e due si pongono il problema delle condizioni in cui sta il soggetto rivoluzionario. Il comunista ha sempre in testa il “soggetto rivoluzionario”; da quello li distinguete se sono amici nostri oppure se stanno barando...
Quindi Lenin dice: andiamo ad analizzare la situazione economica, quindi la situazione delle classi, come si muovono le classi in questa guerra. Visto che sembra una guerra tra Stati, ma in realtà sotto ci stanno dei rapporti di classe che dobbiamo andare ad individuare.

E Lenin la prima cosa da cui parte è l'analisi di quello che stava succedendo nei rapporti materiali dello sviluppo capitalistico, dove un elemento decisivo di tutto quanto lo sviluppo capitalistico era stato il grande sviluppo delle ferrovie. E quando parla di ferrovie non si parla della ferrovia in Germania o in Italia, si parla delle transiberiane, si parla di ferrovie che arrivavano in Africa, fino alla Turchia, ecc. Quindi, stiamo parlando nientemeno delle basi economiche delle colonie. Senza le ferrovie non vi erano i processi di colonizzazione e quindi Lenin individua subito il nesso tra le ferrovie e la grande industria capitalistica.
Perchè, com'è che tenete la ferrovie? Con la fabbrichetta? No. E' di tutta evidenza che ci vuole una bella fabbrica monopolista, perchè altrimenti, come costruite le infrastrutture? Con tutto il nesso essenziale di ruberie, ladrocini, sprechi, ecc. Quindi il nesso tra ferrovie, formazione di grandi concentrazioni capitalistiche, cartelli, monopoli, trust e la democrazia borghese. Perchè, dov'è il problema? Le ferrovie sembrano a prima vista portatrici di civiltà e democrazia. E, che caspita... avvicina i popoli! 
Ma il problema dove sta? Nessuno dice: smantella le ferrovie. Il problema sta nel loro collegamento con la proprietà privata dei mezzi di produzione. Perchè se le ferrovie sono controllate dai privati, sì uniscono i popoli, ma perchè il più forte opprima i più deboli. E quindi le ferrovie costituiscono la base materiale per unificare il mondo nel segno di un sistema di oppressione coloniale e di soggiogamento finanziario della schiacciante maggioranza della popolazione dei paesi progrediti. Vedete subito il carattere globale dell'imperialismo e quindi il carattere globale del sistema coloniale, dei trust, dei monopoli.
Allora questo smaschera, dice Lenin, tutte le posizioni pacifiste, tipo quella del presidente americano Wilson, che prometteva dopo la guerra una società delle nazioni che avrebbe portato la pace nel mondo: adesso appacifichiamo e creiamo un'unità nel mondo sotto il segno del libero mercato, “la società delle nazioni”, cioè, la prima organizzazione internazionale che unisse le nazioni.  
Lenin dice, molto seccamente: guardate che sotto il dominio della borghesia non sono possibili pace e riforme. Le paci preparano guerre, le guerre preparano le paci, e c'è questo tipo di alternanza.

Quindi la guerra del 14-18 è una guerra tra due banditi della finanza: inglese da una parte e tedesca dall'altra per decidere chi doveva avere la parte da leone nella spartizione del mondo. Non c'è uno Stato più avanzato e uno più arretrato. 
Lenin diceva: qual'è stato il risultato di questa guerra tra due banditi? Decine di cadaveri, di mutilati, la pace di Brest Litovsk che però era stata fatta unilateralmente dai bolscevichi, la pace di Versailles che fu infame per le condizioni idiote e durissime imposte dalla Germania, che tanta parte ebbe poi sulla formazione del nazismo più tardi.

Però dov'è il problema. Che sulla rovina portata dalla guerra si è sviluppata una crisi rivoluzionaria, una rivoluzione proletaria. Attenzione. Una rivoluzione proletaria mondiale, perchè fino al 1926 in Inghilterra c'è un ciclo di lotte formidabili, un tentavo di fare la rivoluzione in Inghilterra, e la stessa cosa succedeva in America. Quindi, fino alla repressione in Inghilterra dello sciopero dei minatori e fino alla depressione americana del 29, la scintilla che era scoppiata in Russia andava ad incendiare i paesi a capitalismo avanzato.
Fissiamo quindi questo primo punto:
guerra tra due banditi per la spartizione del mondo, funzionalità delle ferrovie e dei grandi monopoli a questa operazione, fallimento delle illusioni pacifiste, democratiche di Wilson; di conseguenza, fallimento di una posizione che si era aperta in seno al movimento operaio sulla guerra.
Cioè si era sviluppata in una parte del movimento operaio l'idea che una serie di riforme del sistema capitalistico e assecondando lo sviluppo capitalistico, si sarebbe arrivati spontaneamente ad un epoca di pacificazione, perchè il capitalismo tende alla pace. E quindi, occorreva sviluppare, in questo senso, assecondare questa evoluzione del capitalismo verso il superamento dell'imperialismo per sue interne risorse. Quindi questa gente diceva: guardate che l'imperialismo è una deviazione del capitalismo, un'eccezione politica. Se noi seguiamo l'andamento economico del capitalismo arriveremmo ad una situazione di pace, attraverso lo sviluppo delle dinamiche interne al capitalismo.

Lenin dice: questa non è la verità delle cose perchè l'imperialismo non è una pura deviazione politica ma è strutturale allo sviluppo del capitalismo. Fa parte di questa fase, e siccome il capitalismo è contraddittorio, la pace è un illusione. Il capitalismo tende ad accentuare queste contraddizioni, non ce la fai assecondando uno sviluppo pacifico..."

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