Riprendiamo il testo di Lenin, dal IV capitolo.
"L'eccedenza del capitale non sarà mai impiegata
per elevare il tenore di vita delle masse..."
Il vecchio capitalismo, dice Lenin, era fondato sull'esportazione delle merci, il nuovo capitalismo sotto il dominio dei monopoli è fondato sull'esportazione di capitali.
Conseguenza di questo è la disuguaglianza e discontinuità nello sviluppo sia all'interno dei singoli settori industriali sia all'interno dei singoli paesi, sia a livello internazionale.
Storicamente questo è già avvenuto sin da quando il capitalismo si è sviluppato. L'Inghilterra ne era l'esempio più chiaro. Nel libero commercio, essa veniva a giocare il ruolo di fornitrice di tutti i prodotti manufatti in cambio della fornitura di materie prime. Via via però una serie di paesi cominciavano a svilupparsi e con dazi protettivi divenivano paesi capitalistici indipendenti.
Questo processo nel suo sviluppo ulteriore, sul limitare del secolo XX, va a definire un sistema fondato sulla posizione monopolistica di alcuni paesi ricchi, in cui l'accumulazione del capitale raggiunge una dimensione gigantesca. E questa è l'eccedenza del capitale. Questa eccedenza non ci sarebbe se l'agricoltura non fosse rimasta indietro rispetto all'industria e se si potesse elevare il tenore di vita delle masse.
Questo è l'argomento dei critici piccolo borghesi del capitalismo che non tiene conto che il capitalismo non sarebbe più tale senza la disuguaglianza di sviluppo e lo stato di miseria e povertà,
fino alla fame, delle masse.
L'eccedenza del capitale non sarà impiegata mai per elevare il tenore di vita delle masse, perchè questo porterebbe ad una diminuzione dei profitti dei capitalisti, che invece hanno fortemente interesse ad elevare tali profitti e questo può avvenire appunto con l'esportazione di capitale nei paesi meno progrediti.
In questi ultimi, dice Lenin: “...vi sono pochi capitali, il terreno vi è relativamente a buon mercato, i salari bassi e le materie prime a poco prezzo”. Sono questi i fattori che originano i maggiori profitti e la conseguenza per i capitalisti di esportare il capitale e non di investirlo all'interno per sanare gli squilibri tra agricoltura e industria ed elevare il tenore di vita delle masse.
Vale a dire, il capitale va dove è più redditizio investire e questa è la sola legge guida dell'azione dei capitalisti.
In una nota viene specificato come funziona questa legge, contro eccessive semplificazioni. Quando si parla di eccedenza, si intende sempre un eccedenza relativa e quando si parla di profitti, si intendono sempre rispetto a quelli che verrebbero dagli investimenti interni.
Questo è importante perchè c'è un altro effetto di questo movimento di capitali, vale a dire quello di operare contro la tendenza alla caduta del saggio di profitto che sarebbe la logica conseguenza se questi capitali venissero investiti all'interno.
L'altro elemento, oggi quanto mai importante anche per decifrare alcuni degli aspetti della nuova ondata di immigrazione, è dato dal fatto che l'esportazione di capitale rappresenta un mezzo per creare l'esercito industriale di riserva all'interno dei paesi più sviluppati. Di conseguenza, il capitalismo con l'esportazione del capitale guadagna doppiamente, attraverso il più alto tasso di profitto che ottiene all'estero e il più alto tasso di plusvalore che può conservare all'interno.
Qual'è il movimento di questa esportazione di capitale all'interno dei paesi imperialisti e fuori di essi? Lenin distingue tre tipi di imperialismo, riferendosi a specifici paesi dell'epoca: l'imperialismo inglese, la cui gigantesca esportazione di capitale è direttamente connessa con le immense colonie che possiede; l'imperialismo francese che invece esporta capitale in prestiti statali, tale da caratterizzarsi come “imperialismo degli usurai”; l'imperialismo tedesco, che avendo poche colonie distribuisce il suo capitale di esportazione all'interno degli stessi paesi imperialisti, tra l'Europa e l'America.
L'esportazione di capitale a sua volta influisce sullo sviluppo dei paesi in cui viene esportato, accelerandone lo sviluppo. E se anche in certe fasi l'esportazione di capitale può avere un effetto di stagnazione all'interno dei paesi esportatori, questo è secondario rispetto alla più elevata intensa evoluzione del capitalismo in tutto il mondo, prodotto da questa esportazione.
Un altro effetto molto importante che caratterizza la contesa imperialista nell'esportazione di capitale è causato dalla concorrenza tra di essi che li spinge ad agevolare i prestiti internazionali ai paesi meno progrediti o sottosviluppati, per ottenere dei servizi, per così dire, aggiuntivi, dalla concessione di questi prestiti; vantaggi che possono essere di politica commerciali, di concessioni carbonifere o petrolifere, di costruzione di porti, o, come spesso sempre più avviene, di commissione di armamenti.
Questa eccedenza di capitali, investita nei paesi meno progrediti e in quelli sottosviluppati, dà progressivamente vita ad una rete di relazioni che alimentano la dipendenza dei paesi in cui questa eccedenza di capitali si riversa. In sostanza, il paese imperialista più forte o il paese imperialista in genere nei confronti del paese dipendente, impone che il denaro prestato venga impiegato nell'acquisto di prodotti del paese che concede il prestito, e qui i prodotti principali da acquistare sono generalmente quelli di materiale bellico. In questa maniera l'esportazione di capitale diventa un mezzo per favorire l'esportazione delle merci.
Il sistema, quindi, attraverso cui questo avviene – dice Lenin citando un autore dell'epoca - “rasenta i limiti della corruzione”. Oggi diremmo che questi limiti sono stati superati ampiamente e fanno parte normalmente delle trattative tra paesi, governi e industrie.
I grandi gruppi monopolistici tallonano, per così dire, grandi banche e governi in occasione di questi prestiti proprio nello sforzo di divenire i fornitori privilegiati dei paesi che ricevono il prestito. Questo meccanismo fece sì che all'epoca di cui Lenin parla, la Francia concedendo prestiti alla Russia la strozzò con un trattato commerciale che abbraccia dal 1905 al 1917; un periodo che, come sappiamo bene, è chiave per la situazione che si determinò in Russia.
Ma, in generale, la contesa tra i paesi per dare prestiti e trarne vantaggi è uno dei fattori che produce la guerra tra i paesi stessi.
Questo all'interno dei diversi livelli di sviluppo tra i diversi paesi capitalisti in Europa. Immaginiamo quello che succede in forme centuplicate nel rapporto tra paesi imperialisti e paesi sottosviluppati.
Quale conclusione trae Lenin a questo punto: “Il capitale finanziario stende letteralmente, si può dire, i suoi tentacoli in tutti i paesi del mondo”. E il numero degli sportelli bancari esistenti in questi paesi viene ad essere quasi il criterio di misura di questa spartizione.
Ma, aggiunge Lenin: “I paesi esportatori di capitale si sono spartiti il mondo sulla carta, ma il capitale finanziario ha condotto anche ad una divisione del mondo vera e propria”.
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