Al momento, le cordate in campo paiono essere due: da un lato i turchi di Erdermir, che potrebbero guidare una cordata con il gruppo Arvedi e Luxottica, dall’altro il colosso ArcelorMittal in cordata con il gruppo Margegaglia. Proprio oggi nella commissione Industria della Camera si sarebbe dovuta svolgere l’audizione del gruppo Arvedi, che però è stata rinviata. Nonostante questo intoppo, secondo fonti ben informate proseguono i contatti tra il gruppo Arvedi e Erdemir per trovare un’intesa e chiudere il loro accordo di partnership in vista di un’offerta vincolante per l’acquisto dell’Ilva. A questa seconda cordata, come detto da tempo, potrebbe partecipare anche Leonardo Del Vecchio, proprietario di Luxottica, attraverso la sua holding Delphin (si parla di una partecipazione intorno ai 200 milioni di euro).
Per quanto riguarda invece l’altra cordata, il gruppo Marcegaglia e il gruppo Arcelor-Mittal hanno comunicato ufficialmente la volontà di presentare un’offerta insieme per l’acquisizione dell’Ilva. Secondo fonti molto vicine all’operazione, i due concorrenti hanno formalmente manifestato ai commissari la volontà di costituire una joint venture per presentare un’offerta. La cordata che avrebbe come capofila il gruppo Arcelor potrebbe accogliere anche altri soci (come peraltro previsto dal bando) e allo stesso tempo, secondo quanto si apprende, i due gruppi si sono detti anche pronti a partecipare da soli. Per quanto concerne l’assetto della cordata, già nei giorni scorsi erano circolate alcune cifre sull’operazione. Secondo quanto riportato anche dall’agenza Adnkronos, la quota che farebbe capo al gruppo italiano sarebbe compresa fra il 15 e il 20%. Mentre l’impegno che spetterebbe a Cdp, nel caso in cui accettasse di entrare nella newco che verrebbe costituita, sarebbe compreso tra il 20 e il 30%. ArcerloMittal andrebbe a coprire la restante parte, anche se probabilmente non tutta, perché la volontà del governo resta quella di lasciare la maggioranza delle quote in mano a gruppi italiani. Del resto, è risaputo che il gruppo ArcelorMittal non sia visto di buon occhio dall’esecutivo e dai sindacati. Difficile al momento prevedere cosa accadrà. Visto che non bisogna dimenticare la presenza del fondo di tournaround voluto dal governo.
Sia come sia, come ribadiamo da anni, il futuro dell’Ilva e di Taranto non si deciderà, per fortuna, in un’aula di tribunale (italiano o internazionale che sia), visto che la magistratura indaga ed eventualmente punisce i reati del passato. Stante l’assoluta legittimità di voglia di giustizia (seppur all’interno di un processo storico ed unico in Italia e in Europa come ‘Ambiente Svenduto’, che purtroppo però indaga solo in minima parte le responsabilità politiche e non di quanto avvenuto dal 1995 al 2012) che troppo spesso in questa città finisce per assumere toni da medioevo, la realtà attuale e il futuro restano avvolti in una nebbia alquanto preoccupante. Che, per una volta, non deriva dai fumi della grande fabbrica.
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