Lo Stato italiano formalmente sotto processo di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo: non avrebbe protetto la vita e la salute dei tarantini, dagli effetti negativi delle emissioni dell'Ilva
La Corte di Strasburgo ha ritenuto sufficientemente solide, in via preliminare, le prove presentate, e ha così aperto il procedimento contro lo Stato italiano.
Tutto nasce da un ricorso collettivo
La comunicazione, resa nota oggi, è del 27 aprile e invita l’Italia a predisporre la difesa. Nel dettaglio l’organismo di Strasburgo ha accolto e accorpato le due diverse denunce presentate rispettivamente il 29 luglio 2013 e il 21 ottobre 2015, di cui sono primi firmatari Francesco Cordella e Lina Ambrogi Melle, la prima denuncia contro il governo è firmata da 52 cittadini di Taranto, la seconda da altri 130 cittadini, per un totale di 182 persone contro l’Italia. Nello scorso mese di febbraio la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva accettato la domanda di trattazione prioritaria del ricorso collettivo presentato da un gruppo di residenti di Taranto per denunciare la violazione, dallo Stato italiano, degli obblighi di protezione della vita e della salute in relazione all’inquinamento prodotto dall’Ilva. Nel ricorso sostengono che «lo Stato non ha adottato tutte le misure necessarie a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce dei risultati del rapporto redatto nel quadro della procedura di sequestro conservativo e dei rapporti Sentieri».
Tra le doglianze sollevate figurano, in particolare, la violazione del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica, in quanto le autorità nazionali e locali hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva. Contestata anche la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, anche in conseguenza dei ripetuti decreti “salva Ilva” con cui il governo ha mantenuto in funzione l’impianto sotto la propria gestione. La decisione odierna di comunicare i ricorsi al governo significa, con ogni probabilità, che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti visto che solo l’anno scorso i giudici di Strasburgo hanno dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che sosteneva l’esistenza di un nesso tra la sua malattia e le emissioni dell’Ilva.
Tra le doglianze sollevate figurano, in particolare, la violazione del diritto alla vita e all’integrità psico-fisica, in quanto le autorità nazionali e locali hanno omesso di predisporre un quadro normativo ed amministrativo idoneo a prevenire e ridurre gli effetti gravemente pregiudizievoli derivanti dal grave e persistente inquinamento prodotto dal complesso dell’Ilva. Contestata anche la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, anche in conseguenza dei ripetuti decreti “salva Ilva” con cui il governo ha mantenuto in funzione l’impianto sotto la propria gestione. La decisione odierna di comunicare i ricorsi al governo significa, con ogni probabilità, che le prove presentate dai ricorrenti contro l’operato dello Stato sono molto forti visto che solo l’anno scorso i giudici di Strasburgo hanno dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che sosteneva l’esistenza di un nesso tra la sua malattia e le emissioni dell’Ilva.
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