martedì 15 settembre 2015

Ass. Babele: ai profughi del Bel Sit "la residenza va data, è un diritto" - Avvocato di Torino: Non darla "...sarebbe una grave forma di discriminazione"

Dall'intervista al responsabile dell'Associazione "Babele", Enzò Pilò, apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 14 settembre:

Il Giornalista Fulvio Colucci: "... ci sono 137 profughi all'Hotel Bel Sit. E c'è la richiesta avanzata al Comune della residenza".

Pilò: "Le leggi sono chiare. La residenza a quei profughi va data. Non può essere negata. Le parole della norma non lasciano adito a dubbi: in ogni caso, dice la legge, dopo tre mesi lo straniero ha diritto alla residenza. La Prefettura avrebbe dovuto insistere col Comune: la residenza va data, è un diritto. Quei profughi rischiano di essere definiti dal Comune senza fissa dimora, quando la dimora accertata è all'Hote Bel sit. L'albergo è come la parrocchia: può essere considerato un centro di accoglienza, non si può trattare queste persone come senza fissa dimora. Bisogna garantire i diritti soggettivi. Non può, a mio avviso, essere chi gestisce i centri di accoglienza a stabilire se una persona, un essere umano è un migrante economico o un richiedente asilo. Io potrei venire dal Bangladesh che è un Paese dove non ci sono problemi politici, ma aver subito come lavoratore violenze e discriminazioni"...

Dall'avvocato Gianluca Vitale di Torino

"Quanto al problema della residenza prima del riconoscimento della protezione, non si può dire che non hanno diritto alla residenza i richiedenti perchè la loro presenza è provvisoria: anche, ad esempio, chi entra fuori quota ha, in determinati casi, la certezza di non poter restare oltre un determinato periodo di tempo (qui non è così, visto che la domanda può essere accolta), e tuttavia ha diritto all'iscrizione anagrafica.
Anche la direttiva "accoglienza" (la Direttiva 2013/33/UE) fa riferimento all'art. 7 alla "residenza" dei richiedenti asilo, con ciò confermando che di residenza deve trattarsi.

Ancora, vi sarebbe una grave forma di discriminazione ove il richiedente possa accedere alla residenza anagrafica sulla base di una decisione della Prefettura o del Ministero relativamente al luogo dell'accoglienza: il richiedente nel centro SPRAR o nella comunità di una cooperativa, Sì, invece il richiedente presso un albergo (che però deve garantire condizioni minime di accoglienza prestabilite) No. Tanto più che non è il richiedente a scegliere.
Se si aggiunge che la mancanza di residenza comporta difficoltà nell'inserimento scolastico, ricerca di un lavoro, godimento di diritti, etc, l'obbligo di un trattamento non discriminatorio è ancor più fondato (e a questo, in caso di diniego, corrisponde una violazione dei propri obblighi da parte dell'ente gestore dell'albergo).

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