Il Giornalista Fulvio Colucci: "... ci sono 137 profughi all'Hotel Bel Sit. E c'è la richiesta avanzata al Comune della residenza".
Pilò: "Le leggi sono chiare. La residenza a quei profughi va data. Non può essere negata. Le parole della norma non lasciano adito a dubbi: in ogni caso, dice la legge, dopo tre mesi lo straniero ha diritto alla residenza. La Prefettura avrebbe dovuto insistere col Comune: la residenza va data, è un diritto. Quei profughi rischiano di essere definiti dal Comune senza fissa dimora, quando la dimora accertata è all'Hote Bel sit. L'albergo è come la parrocchia: può essere considerato un centro di accoglienza, non si può trattare queste persone come senza fissa dimora. Bisogna garantire i diritti soggettivi. Non può, a mio avviso, essere chi gestisce i centri di accoglienza a stabilire se una persona, un essere umano è un migrante economico o un richiedente asilo. Io potrei venire dal Bangladesh che è un Paese dove non ci sono problemi politici, ma aver subito come lavoratore violenze e discriminazioni"...
Dall'avvocato Gianluca Vitale di Torino
"Quanto al problema della residenza
prima del riconoscimento della protezione, non si può dire che non
hanno diritto alla residenza i richiedenti perchè la loro presenza è
provvisoria: anche, ad esempio, chi entra fuori quota ha, in
determinati casi, la certezza di non poter restare oltre un
determinato periodo di tempo (qui non è così, visto che la domanda
può essere accolta), e tuttavia ha diritto all'iscrizione
anagrafica.
Anche la direttiva "accoglienza"
(la Direttiva 2013/33/UE) fa riferimento all'art. 7 alla "residenza"
dei richiedenti asilo, con ciò confermando che di residenza deve
trattarsi.
Ancora, vi sarebbe una grave forma di
discriminazione ove il richiedente possa accedere alla residenza
anagrafica sulla base di una decisione della Prefettura o del
Ministero relativamente al luogo dell'accoglienza: il richiedente nel
centro SPRAR o nella comunità di una cooperativa, Sì, invece il richiedente
presso un albergo (che però deve garantire condizioni minime di
accoglienza prestabilite) No. Tanto più che non è il richiedente a
scegliere.
Se si aggiunge che la mancanza di
residenza comporta difficoltà nell'inserimento scolastico, ricerca
di un lavoro, godimento di diritti, etc, l'obbligo di un trattamento
non discriminatorio è ancor più fondato (e a questo, in caso di
diniego, corrisponde una violazione dei propri obblighi da parte
dell'ente gestore dell'albergo).
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