Rifiuta di lavorare in un giorno festivo: la Corte di Cassazione le dà ragione
Accolto il ricorso di una commessa della Loro Piana di Romagnano Sesia che era stata multata per non essersi presentata in negozio il 6 gennaio. Per la Corte il lavoratore non può essere obbligato a prestare servizio nelle festività infrasettimanaliIl datore di lavoro non può costringere un dipendente a lavorare in una giornata festiva infrasettimanale ed è illegittima la sanzione disciplinare che punisce il suo rifiuto. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo il ricorso di un'addetta alle vendite della Loro Piana di Romagnano Sesia, multata nel 2004 per non essersi presentata al lavoro il giorno dell'Epifania. La Corte, confermando peraltro i pronunciamenti del tribunale di Vercelli e della Corte d'appello di Torino, ha stabilito che il lavoratore può prestare servizio durante le festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili soltanto se c'è accordo con il datore di lavoro, e non può essere obbligato. La Loro Piana, invece, aveva chiesto ai dipendenti la disponibilità a lavorare nel punto vendita nelle giornate di Santo Stefano, 8 dicembre, 25 aprile e 1° maggio: nel caso contestato l'azienda aveva unilateralmente trasformato la festività in giornata lavorativa. Nella sua sentenza, emessa lo scorso agosto, la Cassazione sottolinea che solo per il personale dipendente di istituzioni sanitarie pubbliche o private sussiste l’obbligo della prestazione lavorativa durante le festività per esigenze di servizio e su richiesta datoriale. I giudici, in conclusione, hanno anche condannato l'azienda al pagamento delle spese processuali.
«L’importanza di questa sentenza - commenta la responsabile dell'Ufficio vertenze della Cgil di Vercelli, Barbara Grazioli, che ha assistito la lavoratrice - risiede nel principio secondo il quale il lavoro festivo infrasettimanale non può essere imposto dall'azienda senza il consenso del lavoratore e nel riconoscere che il riposo per le festività, così come il riposo domenicale, non hanno una semplice funzione di ristoro bensì di un’importante fruizione di tempo libero qualificato. I tempi di conciliazione tra casa, lavoro e famiglia, che caratterizzano e scandiscono la quotidianità soprattutto delle donne lavoratrici, hanno un valore assoluto che necessariamente deve essere sottratto da quella logica di ‘consumo’ che permea la nostra attuale società».
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