Il governo si è incartato, non sa quale soluzione dare. Ministri, partiti, Vendola, Sindacati confederali, esperti, associazioni industriali tarantine e nazionali, ognuno tira dal cappello una "soluzione".
Uilm, Fiom, parlano di "nazionalizzazione" (e anche l'Usb), al di là che il governo gli ha detto in mille modi che è impossibile, che non ci sono i soldi...
La Fim, fedele al padrone, vuole un ritorno di Bondi, lasciando la situazione della proprietà così com'è.
Vendola parla di commissariamento.
I padroni nazionali e locali, chi più esplicitamente chi meno, dicono datacela a noi (ma i soldi metteteli voi)...
Il governo vuole evitare provvedimenti che abbiamo il sapore di un esproprio, e punta più sull'amministrazione straordinaria e l'ultima trovata è recente e fantasiosa, quanto impossibile: un "blind trust". Vale a dire, "la famiglia Riva (sempre che sia disponibile) potrebbe conferire la maggioranza della holding Riva Fire spa oggetto del maxi sequestro del Gip di Taranto.... consentendo all'eventuale commissario di agire garantendo investimenti e continuità produttiva delle imprese a valle". Ma figurarsi se Riva, che ha depositato al Tribunale del riesame di Taranto richiesta di revoca del sequestro degli 8,1 mld, dovrebbe dire Sì a conferire la maggioranza della Riva Fire!
Cosa ne può uscire da questo guazzabbuglio?
Poi c'è il problema dei tempi. Il prefetto di Taranto oggi ha detto che l'applicazione dell'art. del decreto 231/12 non è affatto semplice e rapida, tra notifiche e tempi da dare a Riva per fare il ricorso passano mesi. Il Pdl, tanto per non essere messo da parte, ha chiesto il dibattito in parlamento e questo avverrà martedì - che è già 4 giugno. Il 5 giugno dovrebbero essere ratificate le dimissioni del CdA dell'Ilva.
Possono, in questa situazione, gli operai dell'Ilva stare semplicemente ad aspettare?
Tutti parlano, gli unici che non si fanno realmente sentire, con i loro strumenti di lotta, sono gli operai.
Che intanto lavorano ad alto rischio, non solo del prossimo futuro, non solo con la spada di Damocle del non pagamento dello stipendio di giugno e di essere messi via via fuori dalla fabbrica - a cominciare dal Treno Natri 1 (per l'ennesima volta), ma a forte rischio sicurezza, visto che oggi la fabbrica è di fatto "abbandonata" da quegli stessi che l'hanno portata a questo punto.
Cosa aspettare? Di cosa preoccuparsi, se non che da un giorno all'altro gli operai si possono trovare senza lavoro e salute?
La magistratura ha fatto il suo ulteriore passo, ma i miliardi in corso di sequestro resteranno congelati fino alla sentenza definitiva, cioè per anni, quindi non verranno utilizzati immediatamente per la messa a norma; d'altra parte finora degli 8,1 mld, è stato recuperato solo 1, e a leggere di dove parte di questo miliardo viene recuperato cadono le braccia: la foresteria dell'Ilva, la sede del Centro studi nella Città vecchia di Taranto, il poligono di tiro... Recuperando le briciole quanti anni ci vorranno? Perchè con lo stesso ragionamento che ha portato la magistratura di Taranto a mettere le mani sulla Rive Fire la cassa dell'Ilva, non si mettono le mani, salendo nella catena di controllo dell'Ilva - che fa capo sempre e solo alla famiglia Riva - anche sulle altre società: a Lussemburgo dove c'è la società Utia che ha il 39,9% di Riva Fire, ad Amsterdam dove c'è la Monamarch Holding che ha il 100% della Utia e a Curacao, dove sta la vera cassaforte di famiglia, la Luxpack, che ha a sua volta il 100% della società di Amsterdam?
In questa situazione, la vera notizia la possono e la devono provocare gli operai. La notizia che tutti temono e vogliono scongiurare: quella della scesa in campo della lotta degli operai, della loro rivolta, per essere realmente loro, il centro delle discussioni.
Nessun commento:
Posta un commento