domenica 2 giugno 2013

L'arte della guerra all'Ilva

All'Ilva si vivono giorni di attesa e preoccupazione tra gli operai e di decisioni di padroni, governo e Istituzioni. Gli operai vogliono garanzie sul lavoro, messa a norma dello stabilimento con i fondi di Riva e dello Stato, bonifiche e risarcimenti sul territorio inquinato; e, finora, non hanno ottenuto nulla di tutto questo. Anzi, le preoccupazioni di questi giorni toccano perfino gli stipendi, mentre la sicurezza sul lavoro è pesantemente peggiorata, le emissioni tossiche, vedi Acciaieria, continuano e vanno dall'interno verso l'esterno colpendo operai e cittadini, e siamo sempre nel regime confuso e truffaldino di contratti dei solidarietà.
Sarebbe naturale in questa situazione che gli operai si ribellassero e lottassero. Facessero pesare la loro forza per ottenere ciò che chiedono e per fermare quello che li colpisce e continuerà a colpire.

I padroni, il governo, le Istituzioni questo lo sanno e si preparano all'unica risposta che sono in realtà in grado di dare: la militarizzazione della fabbrica e del territorio – una sorta di occupazione militare dell'Ilva, già vista in opera nei mesi scorsi – la repressione e l'intimidazione; che più di tante parole annunciano di fatto prossime notizie e soluzioni negative.
La Repubblica di domenica nelle pagine locali con un titolo “Ilva: rischio disordini, Viminale in allerta” parla di note riservate e indirizzate al Viminale: “... dalla questura jonica è partito un avviso a “tenersi pronti”, soprattutto ad inviare rinforzi in caso di necessità... una preoccupazione indispensabile e doverosa perchè quella che bussa alle porte si annuncia come una settimana decisiva per il destino del gigante dell'acciaio, da 11 mesi nel cuore di una tempesta giudiziaria che potrebbe generare uno Tsunami economico e sociale...”.
Stato, padroni e governo contano su fedeli alleati per tenere buoni gli operai e consegnarli come vittime ai loro piani, i sindacati confederali che dicono costantemente ai lavoratori di aspettare il vertice del governo, le decisioni del governo, le decisioni del Consiglio di Amministrazione dell'Ilva, il dibattito parlamentare, il giorno degli stipendi, ecc...

Ma al loro fianco hanno un alleato principale in fabbrica, il 'Comitato Liberi e pensanti' che denuncia – ed è bene – come tutti siano impegnati a salvaguardare essenzialmente gli interessi di Riva e della produzione, denunciano come la città continui a pagare un costo in termini di salute alla continuità di questa situazione, ma a questa denuncia fa corrispondere una pressione ricattatoria, demagogica verso gli operai, che non dovrebbero scendere in lotta perchè sarebbe a difesa di Riva, che (non sia mai!) non devono bloccare la città perchè sarebbe contro i cittadini; e affermando, comunque, che la soluzione migliore è chiudere la fabbrica per metterla a norma, quando qualsiasi operaio sa o dovrebbe sapere che una volta messi fuori i lavoratori non ci sarebbe nessuna messa a norma, nessun controllo da parte degli operai della stessa, ma solo ammortizzatori sociali per un po' e rientro totalmente incerto, in un quadro di desertificazione industriale, disoccupazione di massa, trionfo della speculazione e della malavita – come è stato ed è a Bagnoli e ovunque si segua una strada simile in Italia. Invece che “cozze e calamari”, “cazzi e pallonari” avrebbero gli operai e la stessa città.
Su scala nazionale, si confonde la contestazione operaia del 2 agosto 2012, la mobilitazione cittadina del 15 dicembre e il concerto del 1° maggio – cose giuste e sacrosante – con le idee, i programmi, la cultura, l'ideologia e la demagogia reazionaria e antioperaia, di stampo grillino del gruppo che si definisce Comitato Liberi e pensanti, che sono custodi delle grida sociali sul territorio e della pace sociale in fabbrica.

In questa forbice si trovano le avanguardie operaie e i lavoratori che vogliono lottare.
Gli operai del Mof sono in lotta, altri operai vogliono il cambio di una rappresentanza sindacale per poter lottare e intanto denunciano e si lamentano ogni giorno, ma manca tuttora un'organizzazione operaia in grado di rispondere alla situazione non con proteste e lamenti ma con l'azione e la lotta reale, per rovesciare innanzitutto i Tavoli truccati di padroni, Stato, governo e sindacati confederali e quindi rovesciare la situazione esistente prendendosi nella proprie mani la lotta, la fabbrica, la piattaforma, l'unità con le masse popolari di Taranto, in una battaglia che è decisiva non solo per le sorti dell'Ilva e di Taranto ma dell'intero movimento operaio del nostro paese.

Gli operai dello Slai cobas per il sindacato di classe, minoranza assediata, e proletari comunisti, riferimento politico organizzato, stanno combattendo una dura battaglia nella guerra di posizione per trasformarla in guerra di movimento, che deve allargarsi tra gli operai ed essere sostenuta a livello nazionale.

Proletari comunisti – 2.6.13 – pcro.red@gmail.com

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