TARANTO – È una nuova conferma quella fatta ieri dai medici consulenti del pubblico ministero nel processo per la morte di 28 ex operai dell’Italsider e dell’Ilva deceduti per mesotelioma pleurico causato dall’esposizione alle fibre di amianto. Il collegio di consulenti composto dai medici Chironi, Molinini e Cassano ha confermato anche nel controesame fatto dalla difesa che gli ex dipendenti «sono stati esposti, direttamente o indirettamente, all’amianto della fabbrica». Con la loro deposizione si è chiusa così la fase di ascolto dei consulenti dell’accusa che nel processo che dovrà dimostrare le responsabilità della morte dei dipendenti. Il sostituto procuratore della repubblica, Raffaele Graziano, ha portato a processo i direttori dello stabilimento dal 1978 fino a Luigi Capogrosso, dimessosi nel 2012 dopo l’arresto per l’in – chiesta «Ambiente svenduto».
Per tutti gli imputati, difesi tra gli altri dagli avvocati Egidio Albanese, Ludovica Coda e Rocco Maggi, le ipotesi di reato sono di omicidio colposo, cooperazione in omissione colposa di cautele o difese contro gli infortuni sul lavoro e disastro ambientale.
Prossima udienza fissata per il 10 gennaio portare in aula il proprio consulente e alcuni testimoni per sostenere le accuse mosse dalla procura della Repubblica.
Nell’udienza di ieri i consulenti del pm Graziano hanno risposto alle domande della difesa ribadendo che «l’amianto solido non esiste» e quindi la rimozione dei pannelli di «amianto compatto» oppure la loro perforazione e sistemazione ha causato l’emissione in aria delle fibre di amianto che vengono inalate da quanti si trovano nelle vicinanze. Eventi che possono essere avvenuti spesso nella fabbrica siderurgica dato che «nella fabbrica tutto veniva fatto con l’amianto» come aveva spiegato nelle udienze precedenti anche Gennaro De Pasquale dello Spesal di Taranto che aveva aggiunto che «con il tempo e l’uso i pannelli tendono a deteriorarsi e quindi devono essere sostituiti».
L’amianto, infatti, era presente anche come protezione dell’impianto elettrico, quindi anche operai con mansioni da elettricista sono stati a contatto col materiale cancerogeno. «Anche nei forni con i mattoni refrattari – come avevano già spiegato i consulenti del pm – si trovavano dei fogli in amianto che servivano a impedire che l’acciaio liquido creasse problemi alla struttura dell’impianto»
(dal blog operaicontro)
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