Si ritroveranno questo pomeriggio alle 15 negli uffici della direzione
Ilva, azienda, sindacati ed RSU del siderurgico tarantino, per trovare
un’intesa sui numeri dei lavoratori da collocare in solidarietà in vista
del rinnovo dell’accordo siglato nel marzo dello scorso anno (l’ultimo
incontro del 2 febbraio scorso si concluse con un mancato accordo, con
la Fiom contraria, ed USB, Fim e Uilm più vicine all’intesa con
l’azienda).
Il numero individuato al termine degli incontri delle scorse settimane
fu di 3579 lavoratori, così divisi: 400 nell’area ghisa, 642 nelle
acciaierie 1 e 2, 680 nella laminazione a caldo che comprende i treni
nastri 1 e 2, la finitura nastri e il treno lamiere, 428 nella
laminazione a freddo, 476 nei tubifici 1 e 2 e al tubificio Erw, 428
nelle manutenzioni centrali, 514, infine, quelli distribuiti tra
piazzali, servizi e logistica.
Ma sull'intesa ancora tutta da siglare pesa come un macigno il NO che l'azienda ha pronunciato in merito alla proposta di accollarsi il 10% che la Legge di Stabilità ha detratto dall'integrazione salariale da parte dello Stato sui contratti di solidarietà. I quali prevedono il taglio medio dei salari del 20% con una riduzione media dell'orario di lavoro prossima al 35%. Ai lavoratori in CdS infatti è sempre stata riconosciuta una retribuzione parti al 60% dello stipendio. Grazie all'integrazione statale, fino al 2013 pari al 20%, si riusciva a salvare di fatto l'80% dello stipendio; ora, per effetto del provvedimento governativo, si raggiungerà il 70%. La dirigenza Ilva ha dichiarato di non avere le risorse finanziarie per coprire il 10% mancante. La Fiom preme affinchè sia però proprio l'azienda ad accollarsi l'onere. Mentre la Fim nelle scorse settimane propose che a farsene carico sia la Regione Puglia (eventualità che non sta per nulla in piedi ed alla quale pare che la stessa Fim non abbia dato seguito). Oggi, dunque, dovrebbe essere la riunione decisiva.
(da TarantoOggi).
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