pc 19 febbraio - FLESSIBILITA' IN USCITA: IL PIANO DI RENZI SUL LAVORO
Quello che Matteo Renzi va spacciando
come nuovo piano per il lavoro (dandogli anche un termine inglese,
che fa tanto moderno...: "Jobs Act"), che eliminerebbe il
precariato, altro non è che la riedizione della proposta di Ichino,
fatta a suo tempo per accompagnare l'attacco all'art. 18.
Vale a dire: le ditte non pagherebbero
i contributi nei primi tre anni, che quindi sarebbero a carico dello
Stato, e quindi di tutti i lavoratori, e i neoassunti verrebbero
esclusi dall'applicazione dell'articolo 18 per i primi tre anni,
durante i quali i padroni possono tranquillamente e in ogni momento
licenziarli senza rischio di ricorsi legali. Si sta discutendo sul
campo di applicazione. “se restringerlo al primo contratto della
vita lavorativa o agli under 35, oppure per qualsiasi assunzione
senza limiti di età e di numero di rapporti di lavoro dipendenti”.
Se passa quest'ultima soluzione, tra vari contratti di durata massima
tre anni e nessun limite di età, i lavoratori sarebbero a vita
sempre e in ogni momento licenziabili!!
Per questo Renzi nelle interviste sta
dicendo che non vuole parlare sull'art. 18, o di modifiche della
riforma Fornero (che continua pietosamente a chiedergli Maurizio
Landini); infatti di cosa dovrebbe parlare se con questo piano
l'art.18 è bello che sparito, almeno per i primi tre anni, poi...
La flessibilità “in entrata”, come
dice Renzi, è in realtà tutta in “uscita”; “l'appetibilità”
per i padroni per le assunzioni con questo contratto di inserimento
ci potrebbe essere proprio perchè garantisce la “flessibilità in
uscita”, che non verrebbe certo scoraggiata a causa dell'“indennità
risarcitoria” che si vuole introdurre nella prima fase dato che già
Renzi sta pensando di renderla poco onerosa per le aziende.
La proposta del piano Renzi, con il suo
effettivo mentore, Ichino, di un contratto unico, per - si dice -
eliminare i contratti a termine che si susseguono, quelli interinali,
ecc., in realtà è l'unificazione al livello più basso (anche a
livello di inquadramento contrattuale e quindi retributivo), sarebbe
l'unificazione di tutte le forme di precarietà in una sola, senza
più limiti e rischio di vertenze per i padroni.
Stessa unificazione al ribasso riguarderebbe la introduzione di una retribuzione minima oraria garantita per tutti i lavoratori, e in particolare per precari, immigrati, donne che rientrano dalla maternità... Al di là che in questo modo si vuole rendere legale l'illegalità (già in essere), vale a dire la non applicazione dei contratti a questa settori di lavoratori, lavoratrici, questa proposta è davvero oscena anche dal punto di vista della filosofia oggettivamente razzista, sessista che l'accompagna, e che cristallizza, invece di rimuoverla, una condizione di inferiorità.
Stessa unificazione al ribasso riguarderebbe la introduzione di una retribuzione minima oraria garantita per tutti i lavoratori, e in particolare per precari, immigrati, donne che rientrano dalla maternità... Al di là che in questo modo si vuole rendere legale l'illegalità (già in essere), vale a dire la non applicazione dei contratti a questa settori di lavoratori, lavoratrici, questa proposta è davvero oscena anche dal punto di vista della filosofia oggettivamente razzista, sessista che l'accompagna, e che cristallizza, invece di rimuoverla, una condizione di inferiorità.
Altro aspetto del piano riguarda i
contratti flessibili, per cui il progetto prevede l'estensione delle
tutele: dalla maternità alla malattia... Ma questa, che non è
affatto una proposta nuova, lascerebbe sempre intatta tutta
l'illegalità di rapporti di lavoro di fatto dipendenti, come e più
di quelli effettivi, spacciati, anche con Renzi, come rapporti
parasubordinati. Si pensa anche di far tornare i co.co.co
(collaborazioni coordinate e continuative) al posto dei contratti a
progetto per rendere di fatto più larghi, flessibili i tempi e i
modi di utilizzo del lavoratore.
Infine, l'altra "vecchia novità" del sussidio di disoccupazione universale al posto dell'attuale cassa integrazione, che dovrebbe essere uguale per tutti, senza distinzione in base alle dimensioni dell'azienda, all'area geografica, all'età anagrafica. Anche qui ci troviamo all'unificazione delle condizioni di coloro che hanno perso il lavoro, ma al più basso livello. Gli operai attualmente in cassintegrazione ci perderebbero due volte, per l'entità e la durata del sussidio, ma soprattutto perchè verrebbe immediatamente interrotto ogni rapporto con l'azienda, senza alcuna possibilità, come ora, di rientro.
Infine, l'altra "vecchia novità" del sussidio di disoccupazione universale al posto dell'attuale cassa integrazione, che dovrebbe essere uguale per tutti, senza distinzione in base alle dimensioni dell'azienda, all'area geografica, all'età anagrafica. Anche qui ci troviamo all'unificazione delle condizioni di coloro che hanno perso il lavoro, ma al più basso livello. Gli operai attualmente in cassintegrazione ci perderebbero due volte, per l'entità e la durata del sussidio, ma soprattutto perchè verrebbe immediatamente interrotto ogni rapporto con l'azienda, senza alcuna possibilità, come ora, di rientro.
Inoltre questo sussidio di
disoccupazione è condizionato all'obbligo di frequentare un percorso
di formazione - che se fosse legato ad una riqualificazione per un
effettivo sbocco occupazionale potrebbe anche essere utile, ma in
realtà, come alcune esperienze già mostrano, si tratta solo di ore
di tempo sprecate, inutili, senza prospettiva, usate di fatto in
forme ricattatorie.
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