«Entro febbraio atti al gip»
TARANTO
– Si avvicina a grandi passi un’altra tappa fondamentale
dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell’Ilva.
'Entro febbraio trasmetteremo gli atti al gip” ha riferito oggi il
procuratore della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, e quegli atti
saranno accompagnati dalle richieste di rinvio a giudizio, o di
archiviazione, nei confronti dei 53 indagati (50 persone fisiche e tre
società).
'Abbiamo esaminato gli interrogatori resi dagli indagati – ha aggiunto Sebastio – e le memorie difensive presentate. Il lavoro è stato sostanzialmente completato quasi del tutto. Stiamo facendo le valutazioni finali”. Il procuratore ha ricordato che si tratta di “oltre 100 faldoni di carte” e che nel frattempo “ci sono elementi sopravvenuti sui quali sono in corso accertamenti”. L’occasione per riparlare della vicenda Ilva è stata, per il capo della Procura ionica, una conferenza stampa convocata per tracciare il bilancio dell’attività del suo ufficio nel 2013. Il 30 ottobre scorso la Procura ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sull'inquinamento causato dall’Ilva.
Tra i 53 indagati, oltre ai vertici del gruppo Riva, ci sono anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (accusato di concussione), il sindaco e l’ex presidente della Provincia di Taranto, alcuni assessori regionali, parlamentari, funzionari e dirigenti dell’Ilva e della Regione Puglia.
Ma Sebastio non ha mancato di puntualizzare alcuni aspetti della battaglia che la città di Taranto affronta da anni contro l'inquinamento. Il problema dei reati ambientali a Taranto "è più qualitativo che quantitativo", ed è "ingiusto dire che ci siamo improvvisamente svegliati" ha dichiarato il procuratore, ricordando di essere stato più volte ascoltato in questi anni da commissioni parlamentari e di aver consegnato nell’ultima occasione "pacchi di carte". Sebastio ha sottolineato che negli anni "si è saliti di livello" nell’attenzione posta dall’autorità giudiziaria ai reati ambientali, e la spiegazione è che "mano a mano è cambiata la legislazione, sono venuti fuori alcuni fatti, gli organi di controllo si sono perfezionati e sono aumentate le denunce".
Ma rispetto a tutto questo, c'è stata "una escalation di accuse ingiuste, che non significa che siamo stati perfetti. Anche noi avremo commesso errori, ma non si può dire che ci siamo svegliati all’improvviso. E’ ingiusto – ha aggiunto ancora il magistrato – anche nei confronti dei magistrati giudicanti le cui sentenze di condanna per reati ambientali sono passate in giudicato".
'Abbiamo esaminato gli interrogatori resi dagli indagati – ha aggiunto Sebastio – e le memorie difensive presentate. Il lavoro è stato sostanzialmente completato quasi del tutto. Stiamo facendo le valutazioni finali”. Il procuratore ha ricordato che si tratta di “oltre 100 faldoni di carte” e che nel frattempo “ci sono elementi sopravvenuti sui quali sono in corso accertamenti”. L’occasione per riparlare della vicenda Ilva è stata, per il capo della Procura ionica, una conferenza stampa convocata per tracciare il bilancio dell’attività del suo ufficio nel 2013. Il 30 ottobre scorso la Procura ha fatto notificare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari sull'inquinamento causato dall’Ilva.
Tra i 53 indagati, oltre ai vertici del gruppo Riva, ci sono anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (accusato di concussione), il sindaco e l’ex presidente della Provincia di Taranto, alcuni assessori regionali, parlamentari, funzionari e dirigenti dell’Ilva e della Regione Puglia.
Ma Sebastio non ha mancato di puntualizzare alcuni aspetti della battaglia che la città di Taranto affronta da anni contro l'inquinamento. Il problema dei reati ambientali a Taranto "è più qualitativo che quantitativo", ed è "ingiusto dire che ci siamo improvvisamente svegliati" ha dichiarato il procuratore, ricordando di essere stato più volte ascoltato in questi anni da commissioni parlamentari e di aver consegnato nell’ultima occasione "pacchi di carte". Sebastio ha sottolineato che negli anni "si è saliti di livello" nell’attenzione posta dall’autorità giudiziaria ai reati ambientali, e la spiegazione è che "mano a mano è cambiata la legislazione, sono venuti fuori alcuni fatti, gli organi di controllo si sono perfezionati e sono aumentate le denunce".
Ma rispetto a tutto questo, c'è stata "una escalation di accuse ingiuste, che non significa che siamo stati perfetti. Anche noi avremo commesso errori, ma non si può dire che ci siamo svegliati all’improvviso. E’ ingiusto – ha aggiunto ancora il magistrato – anche nei confronti dei magistrati giudicanti le cui sentenze di condanna per reati ambientali sono passate in giudicato".
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