La differenziata non va.
Persi 1,2 miliardi di euro rischio sanzione dall’Ue
REGIONI MALE DA SUD A NORD, VENETO E
TRENTINO LE UNICHE A RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI. E L’EUROPA MINACCIA
MULTE. LONTANO IL TRAGUARDO DA RAGGIUNGERE NEL 2020. COSÌ LA
SOCIETÀ ALTHESYS INCITA AD ALLUNGARE IL PASSO
Sibilla Di Palma
Milano In Italia la raccolta
differenziata ancora non decolla, e non solo al Sud. Lo scorso anno,
Veneto e Trentino sono state infatti le uniche due regioni ad aver
raggiunto gli obiettivi stabiliti. Con costi non da poco: in totale,
nel 2012 sono andati persi per il non corretto riciclo 1,2 miliardi di
euro. A delineare il quadro è Althesys, società specializzata nella
consulenza strategica. «Nel 2012 molte regioni, non soltanto il
Meridione, sono state caratterizzate da livelli di raccolta
differenziata ancora inferiori rispetto agli obiettivi — osserva
Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e capo del team di ricerca — Una
cattiva gestione che costa fino a 43 euro a testa, per ogni cittadino,
nelle regioni con i livelli più bassi di raccolta. Tra tutte, ad
esempio, Puglia e Calabria». Dove le percentuali di raccolta si fermano
rispettivamente al 18,3% e al 13,8%. Ma male fanno anche la Sicilia
con il 13,3% di raccolta (e circa 183 milioni di mancati benefici), la
Lombardia, dove raccolta è al 51,5%, ma con perdite per il non corretto
riciclo che si aggirano attorno ai 101 milioni di euro e la Toscana
(40% per circa 101 milioni di mancati benefici). Nel Lazio il risultato
peggiore: con 187 milioni persi nel 2012 la regione guadagna la maglia
nera, con un basso livello di raccolta differenziata (22,1%) rispetto
ai volumi di rifiuti prodotti (3,2 milioni di tonnellate). La società
sottolinea, inoltre, come il costo del non corretto riciclo potrebbe
sommarsi alle sanzioni che la Commissione europea
ha proposto di
infliggere all’Italia nel mese di giugno per le emergenze rifiuti, con
il deferimento alla Corte Ue di giustizia (28.090 euro da pagare ogni
giorno fino alla sentenza definitiva del 2014, con il rischio di una
ulteriore maxi multa da 256.819 euro per ogni giorno di ritardo che il
nostro paese accumulerà nel mettersi in regola). L’Italia dovrà dunque
accelerare su questo fronte, anche per riuscire a centrare l’obiettivo
indicato dalla Commissione Europea secondo cui entro il 2020 dovrà
essere recuperato il 50% dei rifiuti domestici. Secondo un rapporto
dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), infatti, nella Penisola
attualmente viene riciclato solo il 35% dei rifiuti domestici, una
percentuale ancora lontana dagli altri paesi avanzati del Vecchio
Continente, tra cui Austria (63%), Germania (62%), Belgio (58%), Paesi
Bassi (51%) e Svizzera (51%). «Occorre procedere a passo spedito per
poter centrare l’obiettivo europeo del 2020 — sottolinea Marangoni —
L’Italia con il decreto 152 del 2006 aveva stabilito di raggiungere il
65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012. Ad oggi, però,
solo il Trentino e il Veneto lo hanno raggiunto, mentre il Governo
pensa di posticipare ulteriormente la scadenza ». Il che potrebbe
ritardare ancora la corsa della Penisola per allinearsi agli altri paesi
europei. Ma cosa frena ancora lo sviluppo della differenziata in
Italia? «Le persone hanno difficoltà nel comprendere come dividere
correttamente i rifiuti. I problemi maggiori sono in particolare legati
alla plastica perché ne esistono di diversi tipi», spiega Marangoni. Non
a caso il Gruppo di Prevenzione Conai (Consorzio nazionale imballaggi)
ha pubblicato di recente il vademecum “Etichetta per il Cittadino” per
aiutare i consumatori a riconoscere correttamente i diversi
imballaggi. «Non è una questione di Nord-Sud, ma di efficienza
nell’organizzazione della raccolta. Se ad esempio i cassonetti sono
scarsi all’interno della città non si incentivano le persone», commenta
il ceo di Althesys. Un aiuto potrebbe arrivare dal ritiro porta a porta
«che è più costoso, ma produce una qualità e un livello di raccolta pro
capite superiore. Non bisogna infatti dimenticare che il riciclo
dipende non solo dalla quantità, ma anche dalla qualità della divisione
dei rifiuti». Nel paese resta infine ancora troppo alto il ricorso
alle discariche. «Negli ultimi anni è stato fatto qualche passo in
avanti su questo fronte, portando la percentuale di rifiuti che finisce
in discarica a circa il 40-50%, ma siamo ancora lontani dai paesi
europei avanzati», conclude Marangoni. “Le persone hanno difficoltà nel
comprendere come dividere correttamente i rifiuti” dice Althesys
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